Schematizzare serie e ripetizioni per l'allenamento della forza - parte 1 - Rawtraining
di Mladen Jovanovi?
Obiettivi dell’allenamento -> Parametri dell’allenamento -> Variazioni e progressioni
Indipendentemente dagli obiettivi per i quali vi allenate (incrementare i vostri livelli di forza in alzate specifiche, aumentare la vostra forza generale, mettere su massa, dimagrire, riabilitazione, mantenimento ecc.) i parametri chiave che definiscono le vostre sessioni (intensità, volume, frequenza, densità) potrebbero variare e progredire secondo differenti scale temporali.
Alcune variazioni e progressioni dei parametri dell’allenamento sono più adatte a determinati obiettivi piuttosto che ad altri, ma tra di loro esistono alcuni aspetti comuni su cui ci focalizzeremo in questo articolo.
I parametri dell’allenamento in genere comprendono intensità, volume, frequenza e densità. Tutti questi fattori possono essere analizzati e variati secondo scale temporali diverse e prenderli in considerazione tutti insieme richiederebbe un intero libero. Per questo motivo l’obiettivo di questo articolo è fornire una visione generale delle più comuni variazioni e progressioni di intensità e volume, ottenute solo manipolando gli schemi di serie e ripetizioni su diverse scale temporali (singola sessione, settimana, blocco allenante). So che detto così sembra un po’ complicato, ma nel corso dell’articolo vedrete che tutto diventerà perfettamente chiaro.
Comprendere “l’intensità”
A seconda della persona a cui rivolgete la domanda, otterrete diverse definizioni per quanto riguarda l’intensità relativa all’allenamento. Per farla breve, vi presenterò quello che ritengo essere un buon estratto per comprendere cosa sia l’intensità dell’allenamento e per riconciliare le diverse definizioni e opinioni. Secondo me l’intensità è costituita dalle seguenti tre componenti:
Sono rappresentate le tre componenti correlate dell’intensità dell’allenamento. Mi piace chiamarle la trinità dell’intensità.
Ora avete uno strumento per rispondere a domande tipo “Cos’è più intenso, fare 2 ripetizioni con il 90% o 10 con il 75%?” Un suggerimento: una comporta un carico più alto, mentre l’altra implica un più alto grado di affaticamento.
Comprendere la relazione tra carico e massimo numero di ripetizioni
Chiunque si alleni con i pesi sa che per ogni carico posto sul bilanciere esiste un massimo numero di ripetizioni che si è in grado di eseguire. Se esprimiamo il carico come percentuale rispetto al massimo peso con cui riusciremmo ad eseguire una ripetizione (% 1RM) e ipotizziamo di raggiungere il grado massimo di affaticamento al termine della serie (nessun colpo rimasto nel serbatoio), otteniamo la relazione tra carico e massimo numero di ripetizioni. Esistono numerose tabelle che quantificano questa relazione, ma per questo articolo utilizzerò la tabella di Dan Baker relativa ad atleti avanzati.
Utilizzando questa tabella è possibile non solo calcolare il massimo numero di ripetizioni eseguibili utilizzando un determinato carico (% 1RM), ma anche stimare il massimo carico sollevabile (1RM) conoscendo il massimo numero di ripetizioni eseguite con un certo peso ed il relativo fattore di riconversione.
Ad esempio, se un atleta è in grado di eseguire 10 ripetizioni con 225 libbre, il suo massimale stimato è 225 x 1,33 (fattore di riconversione), cioè intorno alle 300 libbre. Vi prego di notare che questa tabella varia a seconda dell’atleta e dell’esercizio considerati, quindi prendetela come una regola empirica e cercare di crearne una vostra versione personalizzata [1].
[1] La creazione di una vostra tabella carico/massimo numero di ripetizioni comporta la necessità di testare il massimo numero di ripetizioni eseguibile con almeno tre diversi carichi (ad esempio, 3RM, 6RM e 10 RM). Una volta eseguiti i tre test utilizzando una regressione lineare potrete popolare gli spazi vuoti della tabella. Il processo è abbastanza semplice ma richiederebbe un altro articolo e una guida su come utilizzare Excel per il calcolo.
Comprendere la relazione carico/affaticamento
La relazione tra carico e affaticamento è un altro concetto cruciale per comprendere l’allenamento della forza. Dalla tabella che lega il carico al numero di ripetizioni possiamo determinare il massimo numero di colpi che possono essere eseguiti utilizzando diversi carichi. Questo ovviamente rappresenta il massimo grado di affaticamento. Quello che vogliamo adesso è quantificare la relazione tra carico, numero di ripetizioni e livello di affaticamento (espresso in termini di numero di ripetizioni lasciate nel serbatoio).
La seguente tabella esprime proprio questa relazione ed è stata costruita a partire dalla già menzionata tabella di Dan Baker. Io la chiamo semplicemente tabella carico/affaticamento.
Anche se trovate due tabelle differenti in realtà si tratta della stessa organizzata in due modi diversi per facilitarne l’utilizzo. Per esempio, se un atleta prevede di utilizzare il 75% del suo 1RM ma non è certo di quante ripetizioni eseguire per lavorare in corrispondenza di un determinato livello di affaticamento, la prima tabella può dargli una risposta. Al contrario, se un atleta vuole eseguire 5 ripetizioni per serie, ma non è certo di quale percentuale del suo 1RM dovrebbe utilizzare per ottenere un certo livello di affaticamento, la seconda tabella gli potrà fornire una risposta.
La tabella carico/affaticamento rappresenta un elemento fondamentale per comprendere le diverse varianti e progressioni (o schemi serie/ripetizioni) che andremo a trattare.
Comprendere la relazione carico/velocità
Supponete di eseguire singole ripetizioni variando il carico (per esempio partendo dal 30% fino ad arrivare al 100% del 1RM) mantenendo sempre uno sforzo massimale (maximal effort).
Più il carico sarà elevato, minore sarà la velocità che riuscirete ad imprimere al movimento durante la fase concentrica.
Quello che è interessante notare è che la relazione carico/velocità può essere descritta con un semplice modello lineare (per intenderci una retta con una pendenza e un’intercetta sull’asse delle ordinate) e rimane molto stabile nel tempo. In parole povere questo significa che l’80% del 1RM sarà caratterizzato da una velocità che sarà indipendente dai cambiamenti che subirà nel tempo il vostro massimale (incremento o diminuzione). Inoltre, la velocità associata all’1RM (ad esempio 0,15 m/s per la panca piana e 0,3 m/s per lo squat) non solo risulta molto simile se consideriamo soggetti diversi con differenti 1RM, ma anche molto stabile nel tempo (nei casi in cui un soggetto aumenti o diminuisca il suo massimale). Queste osservazioni forniscono agli allenatori un gran numero di opzioni su cui lavorare.
Comprendere la relazione velocità/affaticamento
Supponete di eseguire un numero di ripetizioni che vi porti al cedimento variando il carico (ad esempio utilizzando il 50, il 70 e il 90% del vostro 1RM) mantenendo sempre uno sforzo massimale (maximal effort). Da questo test emergono un paio di concetti MOLTO interessanti.
Innanzi tutto la velocità dell’ultima ripetizione in una serie eseguita fino al cedimento (indipendentemente dal carico utilizzato) è molto simile, se non identica, a quella associata al vostro 1RM. In altre parole, l’ultima ripetizione di una serie con il 10RM sarà caratterizzata una velocità molto simile a quella misurata sul massimale (1RM).
In secondo luogo, la velocità associata alle “ripetizioni rimaste nel serbatoio” (livello di affaticamento) sarà molto simile al variare del carico. In parole povere, la mia 8° ripetizione eseguita con un carico 10RM (2 ripetizioni lasciate nel serbatoio) sarà caratterizzata da una velocità simile a quella della mia 4° ripetizione di una serie eseguita con il mio 6RM (anche in questo caso 2 ripetizioni rimaste nel serbatoio).
Le relazioni carico/velocità e velocità/affaticamento ed i conseguenti profili associati ai singoli atleti rappresentano un concetto nuovo e molto potente che viene utilizzato nell’allenamento della forza basato sulla velocità – un modo per pianificare, monitorare e auto-regolare l’allenamento della forza.
Queste relazioni non ricoprono però un ruolo fondamentale per il presente articolo (dato che tratteremo gli schemi di serie/ripetizioni che caratterizzano l’approccio tradizionale all’allenamento della forza).
Comprendere “l’approccio tradizionale”
L’approccio tradizionale o, come mi piace chiamarlo, l’approccio basato sulle percentuali, descrive l’allenamento della forza utilizzando delle percentuali rapportate al valore noto (o stimato) dell’1RM dell’atleta.
L’intero processo può essere illustrato partendo da un primo assunto: l’atleta conosce il suo 1RM relativo ad un particolare esercizio. Se così non è, lo può testare cercando il massimo peso con cui è in grado di eseguire una ripetizione, o può effettuare un test a cedimento, eseguendo il massimo numero di ripetizioni con un determinato carico e utilizzando poi il fattore di riconversione (si faccia riferimento alla tabella vista prima che esprime la relazione tra carico e massimo numero di ripetizioni). Una volta determinato il massimale, l’atleta utilizza un programma basato sulle percentuali (ad esempio 5×5 con il 75%) e converte i valori in pesi assoluti (esempio 5×5 con 120 Kg). A quel punto si allena per un paio di settimane utilizzando lo schema selezionato. Al termine di questa fase o aumenta il suo 1RM di una piccola quantità (esempio 2,5 Kg) oppure lo testa nuovamente con un test sul massimale o con un open set (in pratica una serie a cedimento eseguita in genere in corrispondenza dell’ultima sessione prevista per il particolare programma o ciclo). Fatto ciò riadatta i pesi e ripete il ciclo (o passa ad un nuovo programma).
Senza scendere troppo nei dettagli, esistono diversi problemi legati a questo approccio. Esistono comunque anche delle soluzioni che permettono in qualche modo di gestirli.
Il problema più grande è la mancanza di un adattamento ai differenti tassi di crescita che caratterizzano i diversi atleti. Un altro problema riguarda la mancaza di un meccanismo che auto-regoli il programma su base giornaliera per tenere conto delle “buone” e delle “cattive” giornate.
Una delle soluzione più semplici è quella di indicare degli intervalli o per i carichi o per il numero di ripetizioni. Per esempio, invece di scrivere 5×5 con il 75%, si potrebbe indicare 5×5 con il 70-80%, oppure 5×4-6 con il 75%. In questo modo è possibile considerare la presenza di giornate più o meno positive riducendo le aspettative e l’ansia degli atleti rispetto all’esigenza di raggiungere necessariamente dei risultati precisi.
Una soluzione un po’ più complessa è quella di utilizzare dei feedback soggettivi per il grado di affaticamento associato ad ogni serie. Ciò implica che sia necessario indicare i livelli di affaticamento omettendo o i carichi o il numero di ripetizioni. Mike Tuchscherer, powerlifter di livello mondiale, ha sviluppato l’intero sistema intorno al RPE (tasso di affaticamento percepito – rating of perceived exertion) che rappresenta un modo semplice per quantificare il livello di affaticamento (RPE10 = non rimangono ripetizioni nel serbatoio, RPE9 = nel serbatoio è rimasta una ripetizione, RPE8 = nel serbatoio sono rimaste due ripetizioni e così via). Quindi, invece di indicare il carico esatto e il numero di ripetizioni, si potrebbe indicare il carico e il livello di affaticamento (3 serie con l’80% @RPE8) o il numero di ripetizioni e il livello di affaticamento (3×5 @RPE8).
Atleti più avanzati, in grado di percepire correttamente i segnali del proprio corpo, possono utilizzare il feedback soggettivo (tasso di affaticamento percepito) per auto-regolarsi in corrispondenza di giornate particolarmente positive o negative e per adattare l’allenamento ai propri tassi individuali di variazione nei livelli di forza. Sviluppare questa capacità richiede tempo e duro lavoro (e molti tentativi ed errori).
Un nuovo metodo sviluppato recentemente prevede la pianificazione e il controllo degli allenamenti della forza basando la programmazione sulla velocità. La descrizione di questo approccio esula dagli obiettivi di questo articolo, ma in poche parole il metodo ruota intorno all’idea di indicare una velocità iniziale di esecuzione e una velocità che sancisce la conclusione della serie, invece di utilizzare la percentuale sul massimale e il numero di ripetizioni.
Perfino con tutti questi difetti, l’approccio tradizionale o “basato sulle percentuali” è ancora il metodo più utilizzato nell’allenamento della forza. La definizione delle relazioni tra load, exerction ed effort, e l’introduzione dei problemi relativi all’approccio a percentuale, rappresentano elementi fondamentali per avere una visione di insieme del problema. Ad ogni modo per la seconda parte di questo articolo ci focalizzeremo sulle più comuni varianti e progressioni (schemi serie-ripetizioni) inclusi nella grande famiglia delle programmazioni basate sulle percentuali.
L’articolo originale è pubblicato sul sito www.elitefts.com a questo indirizzo
Jovanovi?
Coach Mladen Jovanovi?, è un preparatore atletico di Belgrado, Serbia. Dopo essere stato Head Physical Preparation coach per l’FC RAD di Belgrado, ricopre ora lo stesso ruolo per la squadra svedese Hammarby Football Club. Ha lavorato nel campo della preparazione atletica con atleti di tutti i livelli (amatoriali e professionisti) e di tutte le età in diversi sport, tra cui basket, calcio, pallavolo, arti marziali e tennis. Potete contattarlo attraverso il suo blog al link www.complementarytraining.com
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2 commenti
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ARTICOLONE!
ci va a nozze un [i]nerdacchione[/i] come me 🙂
dall’esposizione non si capisce bene se l’autore stia affermando che la rpe scale sia stata inventata da tuchscherer, ma se cosi fosse non sarebbe corretto poichè invece nota come borg scale ed esposta a fine anni ’90
http://en.m.wikipedia.org/wiki/Borg_scale