Training + Recovery = Progress - Rawtraining
di Tim Piper
Reprinted with permission from MILO: A Journal for Serious Strength Athletes, December 2013 issue, volume 21, number 3 page 8, www.ironmind.com. For more information about MILO and subscriptions, please visit www.ironmind.com.
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Riuscire a massimizzare la potenza muscolare non dipende solo da che tipo di sovraccarico ponete sul corpo, ma anche dal recupero. Molti coach e molti atleti seguono ancora i principi secondo cui “più fai e meglio è” e “stringi i denti e vai avanti”. Sfortunatamente c’è un limite al grado di stress che il corpo può sopportare prima che si manifestino i sintomi dell’overtraining. Fanno parte di questi sintomi i problemi legati al sonno, le alterazioni dell’umore, i grossi cambiamenti della composizione corporea (perdita di massa muscolare o aumento del grasso corporeo), l’aumento eccessivo del cortisolo o la diminuzione del testosterone. Tutti questi problemi possono portare ad una diminuzione della potenza muscolare e della forza contrattile.
Macintosh e Rassier definiscono “fatica” la circostanza in cui si ottiene una risposta contrattile inferiore a quanto si era atteso (2). L’affaticamento può essere periferico (muscoli scheletrici) o centrale (cervello e sistema nervoso centrale), considerando però che con ogni probabilità i due aspetti si influenzano vicendevolmente. Per esempio, azioni muscolari ripetitive condotte su un carico sub-massimale (8-12 RM) incrementeranno il livello di lattato e l’accumulo di ioni idrogeno, causando una sensazione di “bruciore” nei muscoli scheletrici. Questa sensazione è avvertita come un dolore e se l’azione muscolare non viene interrotta, l’accumulo diventerà troppo grande per essere smaltito dal sistema vascolare. L’azione muscolare di conseguenza cesserà indipendentemente dal fatto che la mente sia disposta a continuare il movimento.
Il fattore che può essere utilizzato per ritardare l’insorgere della fatica è l’adozione di opportuni metodi di recupero. Alcuni dei metodi più comuni comprendono l’alimentazione, il rilassamento, il sonno, i massaggi e una programmazione corretta degli stimoli allenanti.
Alimentazione
I principi base dell’alimentazione prevedono il consumo di una quota calorica tale da ripristinare i livelli di carburante. Se il corpo consuma 3000 kcal durante una giornata in cui si svolge un’attività allenante, questo quantitativo dovrà essere reintrodotto per poter preservare la massa corporea attuale e per reintegrare i livelli di glucosio nel sangue e le eventuali riserve di glicogeno. Senza entrare nel dettaglio degli aspetti positivi e negativi degli alimenti utilizzabili per ripristinare le sostanze consumate, è fondamentale almeno essere consapevoli di quanto sia importante seguire una buona dieta. Immediatamente dopo aver svolto un allenamento in cui sono state consumate grandi quantità di calorie e di liquidi, un atleta ha la necessità di reintegrare quanto perso, bevendo acqua e consumando un alimento che contenga degli zuccheri facilmente digeribili (ad esempio una mela) o bevendo una bevanda isotonica nel corso dei 30 minuti successivi al termine della sessione, in modo da dare il via al processo di recupero. È importante ricordere che il corpo attraverso i suoi sistemi energetici perde parte del suo quantitativo d’acqua e tale perdita può essere amplificata in condizioni di alte temperature o di elevate altitudini.
La rottura delle fibre muscolari conseguente l’attività fisica è maggiore quando l’allenamento è focalizzato su movimenti di tipo eccentrico, come ad esempio la corsa in discesa, l’esecuzione di ripetizioni negative o l’utilizzo di weight releasers. Nei casi in cui l’allenamento produca danni muscolari rilevanti, un consumo di alimenti proteici dopo l’attività fisica (esempio: latte, proteine in polvere, uova sode) può favorire la sintesi proteica ripristinando le proteine dei muscoli. Il tipo di dieta che dovrebbe seguire un atleta è in ogni caso dipendente dal tipo di allenamento che svolge ed è fondamentale investire del tempo per capire quali macro e micronutrienti sia opportuno consumare.
Rilassamento e sonno
Per consentire il recupero, oltre a curare la qualità dell’alimentazione, è importante adottare delle tecniche di rilassamento e un quantitativo adeguato di ore di sonno. Il rilassamento può assumere diverse forme, quali ad esempio possono essere una sessione di stretching di 15 minuti, 30-60 minuti di Yoga o di meditazione, o semplicemente è possibile restare sdraiati ad ascoltare musica rilassante (sulla base dei gusti individuali). Il rilassamento non deve avvenire necessariamente subito dopo la sessione di allenamento, ma dovrebbe comunque essere inserito all’interno delle giornate in cui avviene l’attività fisica. Nella maggior parte dei casi è meglio evitare di riposarsi subito prima dell’allenamento, a meno che le attività pianificate per la giornata non siano influenzate più dalla concentrazione che dallo sforzo fisico. In ogni caso, l’obiettivo è quello di ridurre la frequenza cardiaca, minimizzare il rilascio di cortisolo e ridurre la tensione muscolare e gli spasmi indesiderati, ripristinando il normale stato della circolazione.
Alcune persone considerano il sonno una tecnica di rilassamento, anche se in realtà quest’elemento è un fattore di per se fondamentale per il processo di recupero. Quante ore dovreste dormire? La risposta varia da persona a persona e, anche se non siamo esperti in materia, un ottimo modo per ottenere delle indicazioni utili consiste nel registrare nel corso della settimana il numero di ore di sonno dormite ricercando degli schemi fissi. I teenager hanno in genere bisogno di un numero maggiore di ore dato che stanno attraversando un processo di maturazione e le ore extra favoriscono la crescita dell’organismo. Lo stesso concetto può essere applicato anche all’allenamento, dato che il processo di riparazione delle fibre (guarigione) durante il sonno viene stimolato dal rilascio di ormoni e dall’opera di alcuni enzimi che contribuiscono alla riparazione dei tessuti danneggiati. Questo processo porta anche ad un incremento delle componenti contrattili (actina e miosina) e ad un adattamento indotto nelle unità motorie che sono responsabili dell’incremento della potenza muscolare. Oltre a questi effetti (a seconda del tipo di allenamento), curando questo aspetto è possibile anche stimolare l’ipertrofia miofibrillare o sarcoplasmatica, che può essere un elemento positivo se si punta ad un aumento della massa magra.
Massaggio
Il massaggio è un metodo di recupero molto popolare. Alcuni atleti ottengono dai massaggi grandissimi benefici in termini di recupero fisico, mentale o entrambi. Esistono innumerevoli tipologie di massaggi, ma per lo sport spesso è consigliabile effettuare un lavoro sui tessuti profondi con l’obiettivo di stimolare il rilascio dei trigger point e dei punti delicati dei muscoli e della fascia. Alcune forme di massaggio per favorire il recupero possono comportare un po’ di dolore, avvertito durante la manipolazione dei tessuti profondi, ma le sensazioni correlate ai DOMS (delayed onset muscle soreness) possono essere alleviate consentendo un recupero più rapido. Con la diffusione dei foam roll e di attrezzi analoghi, l’auto-massaggio al giorno d’oggi è alla portata di tutti. Questa forma di massaggio ha gli stessi obiettivi di quello sportivo, ma è completamente sotto il controllo dell’individuo che può decidere quanta pressione applicare, riuscendo quindi ad ottenere un rilascio della tensione muscolare senza superare un livello di dolore sopportabile.
Alcuni potrebbero optare per un massaggio più rilassante e leggero, eseguito con ampi movimenti che seguano tutta la lunghezza dei muscoli interessati dall’allenamento svolto durante la giornata. Questo tipo di sessioni sono solitamente utilizzate per diminuire la ritenzione idrica e la tensione muscolare, favorendo al tempo stesso la circolazione sanguigna e consentendo quindi uno smaltimento più veloce degli squilibri chimici – tutti elementi che aiutano a ristabilire più rapidamente lo stato di omeostasi. Una sessione più ritmata può favorire anche il rilassamento mentale, portando al raggiungimento di uno stato di serenità. Indipendentemente dalla particolare forma di massaggio, i soggetti che includono regolarmente questo elemento nel loro processo di recupero hanno sperimentato livelli di performance maggiori rispetto a quelli che ottenevano quando non utilizzavano questa pratica.
Alcune persone trovano molto difficile liberare la propria mente o restare sdraiati senza muoversi per un lungo periodo di tempo. Alcuni atleti sentono l’esigenza di restare sempre attivi fisicamente. In questi casi per trovare la tecnica migliore di rilassamento può essere necessario un po’ di tempo e di pazienza per sperimentare i diversi metodi alla ricerca del più adatto per il particolare soggetto. Molti atleti al momento non utilizzano il rilassamento ed il massaggio come metodi per il recupero, ma l’importanza di questi fattori è critica. Perfino con la migliore alimentazione e la migliore programmazione, lo stato mentale dell’atleta deve ricoprire un ruolo di primaria importanza nelle strategie di recupero. Il corpo e la mente sono collegati da un legame più forte di quanto in genere si riesca a realizzare. Se avvertite rabbia, frustrazione, paura, gioia – o ogni altro stato connesso ad una sensibilità amplificata – la vostra faccia, il collo, le spalle e la schiena tradurranno tutte le emozioni che provate sotto una qualche forma di tensione muscolare. È importante imparare ad alleviare le ansie mentali in modo da evitare che si sviluppino tensioni muscolari non necessarie e indesiderate. Tali tensioni non previste richiedono infatti molta energia, che va a quindi a discapito di quella che servirebbe per recuperare dall’allenamento. Quando la mente è serena, è anche in grado di concentrarsi meglio. Quando la mente è piena di tensioni anche il corpo riflette questa condizione. Possiamo recuperare più velocemente se conserviamo la nostra energia per il processo di recupero stesso evitando inutili dispersioni.
Sessioni di scarico
Un’adeguata alimentazione, le tecniche di rilassamento, il riposo e i massaggi possano essere molto utili, ma i benefici ottenibili attreverso questi accorgimenti possono essere vanificati se la programmazione seguita per lo sviluppo muscolare non prevede alcuna sessione di scarico. Esistono innumerevoli programmazioni che possono essere utilizzate per lo sviluppo della potenza muscolare, ma tutte in generale seguono uno schema che prevede un elevato volume load (serie x ripetizioni x carico = volume load). Quando sia neccessario inserire le sessioni di scarico nella pianificazione settimanale (Figura 1) può dipendere dalla particolare programmazione dell’atleta e dalle sue esigenze di recupero. Per quanto riguarda una prospettiva mensile, ogni 4 o 5 settimane è in genere necessario inserire una settimana di scarico seguita da un’altra in cui si aumenta il volume load (3)
Credere che le persone possano allenarsi al loro massimo ogni giorno senza incorrere in infortuni dovuti all’allenamento eccessivo è pura fantasia. Alcuni sostengono che un atleta abbia bisogno solo di forza di volontà per riuscire a dare il massimo; questo però è vero solo fino ad un certo punto, superato il quale, senza un adeguato recupero neuromuscolare, la capacità di genere la massima potenza è destinata inevitabilmente a diminuire. Lo scarico avviene anche all’interno delle sessioni giornaliere, anche se potrebbe sembrare meno evidente. Durante una sessione giornaliera, il primo esercizio sarà sempre quello più direttamente correlato all’obiettivo principale della programmazione (ad esempio supponiamo che l’obiettivo principale sia quello di aumentare la forza esplosiva) e allo stesso tempo sarà anche quello che comporterà il maggiore affaticamento neuromuscolare (ad esempio il primo esercizio potrebbe essere lo snatch). Man mano che la sessione procede, gli esercizi diventeranno sempre meno tassanti per il sistema neuromuscolare, fino a spostarsi eventualmente su movimenti più focalizzati sulla resistenza anerobica (Figura 2). Il riposo tra le serie e tra gli esercizi dovrebbe essere basato sul tempo necessario all’atleta per “sentire” di aver recuperato, assumendo che quest’ultimo sia concentrato e fortemente motivato ad allenarsi. In altre parole, non stiamo parlando di soggetti che tendono a procrastinare lo sforzo e che in generale vogliono evitare gli esercizi ad alta intensità.
Se state cercando di aumentare la vostra resistenza anaerobica, riducete il riposo a meno di 2 minuti, dato che dovete migliorare le capacità di recupero del vostro corpo. Se quello non è il vostro obiettivo, Willardson e Burkett hanno mostrato che un recupero di 5 minuti tra le serie consentiva a soggetti maschili in età da college di allenarsi ad un volume più elevato (più ripetizioni completate) nello squat e nella panca piana, rispetto a quello che potevano raggiungere con tempi di recupero pari a 1 o 2 minuti (4). Quindi, se l’obiettivo dello squat e della panca piana è quello di sviluppare la forza massimale, allora è consigliabile adottare tempi di recupero più lunghi. Se invece questi esercizi vengono utilizzati per migliorare la resistenza anaerobica, allora sarebbero più adatti recuperi da 1-2 minuti.
Quando state creando una programmazione, tenete in considerazione sia il recupero acuto (che avviene nel corso delle sessioni e delle giornate di allenamento), sia il recupero cronico e il riposo (che avvengono nel corso delle settimane e dei mesi). In Figura 3 sono presentati due esempi, il primo relativo ad un volume load e un recupero corretti per una sessione di allenamento di 90 minuti finalizzata all’aumento della potenza muscolare; il secondo mostra invece un allenamento caratterizzato da un volume load e un recupero inappropriati. In questo secondo caso la routine prevede tempi di recupero molto brevi e un ordine degli esercizi che non consentirà di sviluppare al meglio la tecnica e la potenza.
La routine con i parametri inappropriati potrebbe essere accettabile per il conditioning generale o per un allenamento di resistenza alla potenza ma, considerata la mancanza di un tempo sufficiente per il recupero nel sistema neurale e dei sistemi energetici, l’espressione della potenza risulta necessariamente limitata. Questo tipo di allenamento finalizzato alla potenza resistente richiede dei carichi considerevolmente ridotti per riuscire a mantenere un’esecuzione corretta. Questo è infatti il problema che spesso si verifica con routine di questo tipo: non vengono eseguite in genere con carichi che consentano di mantenere una buona tecnica esecutiva – questo è vero soprattutto quando questi allenamenti si inseriscono in un contesto dettato dalla mentalità “più fai e meglio è” e “stringi i denti e vai avanti”. Detto in parole povere, un incremento incontrollato dell’affaticamento aumenta la probabilità di infortunio e promuove l’adozione di una tecnica scorretta. Gli allenatori esperti rabbrividiscono alla sola vista di programmazioni sviluppate così malamente sia dal punto di vista dell’allenamento che da quello del recupero.
Gli allenatori dovrebbero essere attenti ai cambiamenti che intervengono nei loro atleti relativamente all’esecuzione degli esercizi, alla diminuzione dei carichi e del numero delle ripetizioni e allo stato emotivo generale durante l’allenamento. La valutazione delle emozioni è soggettiva e quindi potrebbe essere difficile determinare se l’atleta non è sufficientemente concentrato, se è apatico durante la sessione o se ha un atteggiamento mentale che va a discapito dell’allenamento. Tuttavia, per ottenere da un atleta il massimo in termini di risultati sarà necessario considerare sia il recupero fisico che quello mentale. Un buon rapporto tra atleta e allenatore è di primaria importanza perché quest’ultimo sia in grado di cogliere le alterazioni nell’umore del soggetto allenato. Il compito principale del lavoro di un coach è progettare il programma di allenamento, ma i migliori allenatori sviluppano al tempo stesso anche un programma per il recupero.
Riferimenti
- LaStayo, P. C., et al. “Eccentric Muscle Contractions: Their Contribution to Injury, Prevention, Rehabilitation, and Sport.” J Orthop Sports Phys Ther 33 (2003): 557-571.
- MacIntosh, B. R., and D. E. Rassier. “What is fatigue?” Can J Appl Physiol 27 (2002): 42-55.
- Plisk, S. S. e M. H. Stone. “Periodization strategies.” Strength Cond J 25 (2003): 19-37.
- Willardson, J. M., e L. N. Burkett. “A comparison of 3 different rest intervals on the exercise volume completed during a workout.” J Strength Cond Res 19 (2005): 23-26.
Reprinted with permission from MILO: A Journal for Serious Strength Athletes, December 2013 issue, volume 21, number 3 page 8, www.ironmind.com. For more information about MILO and subscriptions, please visit www.ironmind.com.

user_2971
Tim Piper ha studiato presso la Western Illinois University dove ha ottenuto il "M.S. Physical Education" specializzandosi in "Exercise Science", il "B.S. Physical Education" specializzandosi in "Corporate Fitness" e "Associate of Science" presso Black Hawk East.
Specializzato in Strength and conditioning ha all'attivo numerose pubblicazioni e ha conseguito durante la sua carriera numerosi riconoscimenti e premi per il lavoro svolto. Potete trovare il suo curriculum dettagliato al seguente indirizzo http://www.wiu.edu/users/tjp104/author.htm.
Kentucky Strong - il Circus Dumbbell: tecnica e programmazione 17 Febbraio 2014
