Realtà Vs Programmazione 2: la migliore soluzione possibile - Rawtraining
di lenny bottai
Dopo aver rilevato un gap culturale e logistico, che pone spesso la programmazione in aperto conflitto con lo svolgimento dell’attività agonistica in molti SDC, andiamo a tracciare delle linee generali dei concetti da seguire per rispondere in maniera cosciente alle nostre esigenze.
Per quanto riguarda l’aspetto culturale mi viene da dire che la prima cosa da fare, per chi intende allenare e traghettare ragazzi sul ring, è passare dalla libreria.
Ciò che apprendiamo in palestra, sul ring o a bordo ring, riempie il nostro “zaino” di esperienza diretta, nessuno ce la toglierà mai, se sapremo modularla, adattarla e analizzarla, sarà decisiva in molte situazioni.
Ma non tutto si impara in palestra e sul ring, alcune cose necessitano dei libri, dei banchi sui quali fare i corsi per aggiornarsi, degli stage, dalla rete, che oggi garantisce un accesso diretto, anche se un po’ limitato, alla cultura dell’allenamento come terreno di crescita e confronto.
Quindi, approcciarsi allo scambio con altri allenatori ed atleti, è fondamentale per crescere, senza mai avere paura di essere contaminati ma semmai arricchiti da altre idee ed esperienze.
Ciò può essere importante anche per ogni aspetto tecnico-tattico, per avere una varietà che da un solo punto di vista non potrebbe esistere, ma è sicuramente fondamentale per quello della preparazione atletica. La tecnica è valutazione sempre soggettiva, opinioni e spesso indimostrabili, mentre la teoria e la metodologia dell’allenamento non lo sono.
La palestra negli SDC quindi non deve essere (quello che delle volte purtroppo è…) il manicomio sportivo dove “si è sempre fatto così… quindi perché non continuare a fare così”?
Un suicidio culturale dal gusto retrò, che tuttavia non si consuma mai…
Proviamo allora ad illustrare le linee guida da scegliere, a seconda della disponibilità logistica che abbiamo, con un manuale pratico da discutere ed applicare, tenendo sempre conto come punto di partenza della qualità dei soggetti e del tempo che abbiamo a disposizione, in base all’obbiettivo che ci siamo preposti, nel dato periodo da organizzare. Perché non mettere a fuoco questi parametri, prima di ogni scelta, potrebbe a prescindere portare in un vicolo cieco.
Lo dico subito, non darò nessuna ricetta, non sono forse in grado, non avendo nessuna formazione accademica, ma anche perché diffiderei dal credere che si possa in ogni caso, in una discussione così complicata ed ampia, delegare alla pagina di un sito la soluzione per chiunque legga questo articolo.
Personalmente sono un po’ refrattario alle scorciatoie, ai siti dove si danno i compitini da ricopiare, dove si minimizza e banalizza il tutto fornendo programmi che i più, alla fine, comprendono ben poco e provano solo a ripetere a pappagallo con uno spirito che non lascia niente come esperienza cosciente.
Così facendo, a mio avviso non si eleva quello che conta: i concetti! (…e si vende molto fumo per qualche click!)
Ciò che compone le strategie delle scelte da intraprendere nella programmazione deve essere ben ragionato, monitorato, sperimentato e adattato, come ogni allenamento. Fosse così semplice, tradurre in una pagina anni di ricerche illustri, alle quale si accede con tomi di centinaia di pagine, spesso anche difficilmente reperibili e costosi, un’intera bibliografia sportiva sarebbe andata in fallimento e sarebbe scomparsa a discapito dei www.bignamisportivi.it.
Quindi, almeno per me, mentre si può illustrare un tipo di lavoro specifico e discuterlo, irradiarlo attraverso la rete, come stimolo per conoscere nuovi metodi allenanti (molti li ho appresi e testati io stesso da qui…) risulterebbe disonesto dare un programma perfetto da copiare. Perché quello che ci serve è il nostro programma e non “il programma di” (chiunque esso sia…).
So bene che questa risposta/non risposta spesso delude alcune aspettative a prima lettura, invece, se vista nell’ottica giusta, deve aprire la visuale per andare oltre alla semplice lettura.
Avere soluzioni a portata di click è impossibile, ma farlo credere attira nel marketing della rete. Discutere sulle soluzioni possibili, nei concetti da usare, è cosa ben più utile ed efficace. Vi rimarrà nel database per sempre, mentre i programmini copia e incolla si dimenticano presto.
Condividere concetti è evolversi, contagiarsi, mentre usare questo mezzo comunicativo per produrre scorciatoie e non pensare, non lavorare mentalmente, è involvere.
Step uno, cambiare approccio
Partiamo di qui. Chi non è pronto ad aggiornarsi e vuole avvolgersi nella malinconia del bianco e nero, dove il vecchio maestro tuttologo rispondeva ad ogni esigenza con efficaci consigli di cacare “fulmini e saette”, ha una lista infinita di splendidi film da guardare ogni sera, dalla saga di Rocky a quelle di Van Damme e Bruce Lee. Se quel magico impatto spettacolarizzato e narrativo ci ha fatto innamorare delle nostre discipline, magari da adolescenti, le competizioni ai massimi livelli oggi richiedono ben altro, e dal momento che lo sport è scienza, come tale avanza senza troppi romanticismi. Chi non si adatta soccombe e si estingue.
Quindi, se c’è chi intende curare solo l’aspetto tecnico, faccia il tecnico, e si faccia affiancare da un preparatore o un collega che invece vuole apprendere e aggiornarsi continuamente sul tema della preparazione atletica annessa agli SDC.
Siamo logori e saturi di maestri, talvolta anche illustri, che si negano e negano ai loro atleti almeno 50 anni di avanzamento nel campo della scienza sportiva, limitando con questo arcaico approccio, quanto ancora potrebbero dare con la loro grande esperienza di situazione.
Serve aggiornarsi, confrontarsi ed apprendere. Aumentare il database personale che non ha limiti di immagazzinamento dati come una chiavetta USB.
Step due, individuare il tempo a disposizione ed il target quindi la metodologia da utilizzare
Analizziamo la situazione nella quale andiamo ad operare.
Mediamente un atleta di pugilato (e credo anche di molti altri SDC) deve rispondere a due distinti tipi di esigenza.
- Un evento di medio/alto livello e importanza (titolo, torneo, campionato o evento importante).
- Attività ordinaria per accumulare esperienza e punteggio.
Queste due diverse necessità, debbono imporre distinti metodi di applicazione nella stesura dei programmi di allenamento, in quanto necessitano di concetti di applicazione assai diversi.
Nel primo caso, si attuerà una programmazione per raggiungere un picco di prestazione in uno specifico periodo (giorno se titolo o evento, più giorni se torneo) mentre nel secondo serve invece raggiungere e mantenere una condizione ottimale per rispondere ad un periodo competitivo più o meno lungo.
Risulta ovvio dedurre che nella seconda opzione non si potrà mai ottenere quella qualità della condizione che invece, quando eseguita a regola d’arte, è possibile ottenere nella prima ipotesi. Tuttavia, il famoso picco, o la condizione definibile “top” di un atleta/combattente, non può durare troppo a lungo e prima o poi scema, inoltre può essere ottenuta non troppe volte in un anno sportivo. Da qui la necessità di effettuare scelte distinte in base all’obiettivo da centrare.
Programmare per un evento
In questo caso, si ha un lasso di tempo decente per programmare un calendario, anche se mai ai limiti di quanto richiesto dalla teoria della metodologia dell’allenamento. Infatti, due mesi o poco più di preparazione per un evento, spesso sono considerabili grasso che cola. Solamente alcuni titoli importanti nel professionismo e per i maggiori eventi dell’elite dilettantistica si hanno date approssimative tre, quattro mesi prima, ma mai con precisione esatta. In altre discipline spesso oggetto dei testi più importanti, per capirsi, invece ci si prepara 6/8 mesi, a dir poco, per una determinata competizione che ha una cadenza con precisione svizzera.
Tuttavia possiamo realmente operare utilizzando metodologie che possono garantire, se ben assemblate, prestazioni di livello, ottenute elevando tutte le qualità richieste nel complicato puzzle da comporre per raggiungerla in sport che necessitano di diverse importanti qualità.
Eventuali competizioni di avvicinamento all’obiettivo (test match) possono anche essere programmate, a patto che si comprenda che in questa occasione non si è mai al 100%, quindi la prestazione del caso, non la si può mai valutare se non solo sotto il profilo tecnico-tattico, dal momento che questo picco sarà raggiunto solo alla fine del programma intrapreso e mai durante.
La scelta della metodologia da effettuare per la stesura del programma in vista di un torneo, titolo o evento, quindi ben mirata, non può essere mai banalizzata o sperimentata, essendo l’esito della prestazione di primaria importanza. Ma deve essere prodotto di esperienze dirette e conoscenza della soggettività degli individui in questione.
Diverse scuole di pensiero nel corso degli anni hanno prodotto illustri pubblicazioni in tema, talvolta entrando anche in aperto contrasto, in quanto basate su principi diversi. Tuttavia hanno portato risultati in fatti concreti, essendo la soggettività un elemento basilare dal quale partire.
Questi studi ci hanno donato un database da utilizzare e sperimentare, che non può essere illustrato a pieno ma semmai riassunto per fornire uno stimolo nel ricercarne testi.
In questo articolo di Stefano Morini vi è una cronistoria interessante dalla quale possiamo prendere spunto ed appunti attraverso i quali effettuare delle ricerche mirate.
Inciso doveroso sui feedback di un programma
Ogni scelta, deve avere dei riscontri traducibili in numeri da annotare, per non costituire perdita di tempo, è necessario quindi sviluppare e ricorrere a dei test che segnano l’inizio e la fine di un blocco, un programma o di un ciclo. Quasi sempre, parlando di condizione atletica, parleremo di test aspecifici o semi-specifici che prescindono dalla gara (per specificità pura intendo solo la gara, che non può costituire test in quanto situazione variabile). Ad esempio, al termine di un blocco della forza, il risultato viene confermato da un’osservazione dei progressi col bilanciere e non dall’effetto di un pugno in una sessione di sparring (sembra scontato ma ho anche sentito dire questo…). Quindi per la potenza, misure sui balzi, lanci delle palle mediche, oppure test semispecifici al sacco o ai colpitori, i quali possono indicare dei miglioramenti che sono necessari come feedback per comprendere se quanto fatto produce o meno.
Quando vi è la possibilità di utilizzare strumenti come lattacidometri, cardiofrequenzimetri, accelerometri, sistemi di valutazione come ergopower ed ergo jump ed altri affini, allora la questione diventa veramente eccellente. Ma con una piccola ricerca anche in rete ed un po’ di ingegno, cronometro, carta e penna, si possono sviluppare test eccellenti per avere dei riscontri oggettivi di quanto costruito.
Lavori ai colpitori oppure al sacco, anziché affidati a ripetute arcaiche che determinano ben poco, possono ad esempio essere affidati ad un monitoraggio del numero delle serie o dei colpi, rapportati al tempo di lavoro, alle frequenze cardiache, al lattato, al rapporto tra lavoro e recupero, con innumerevoli varianti.
Il tutto necessita ovviamente di essere annotato, i diari di allenamento sono la pietra miliare sulla quale si costruisce tutto per un allenatore serio. Senza, torniamo nel regno delle cose fatte a caso, ma per la tombola c’è il cenone di capodanno.
Programmare per un periodo competitivo
Nel caso dell’attività ordinaria parliamo invece di una vera e propria giungla. Cioè di chiamate che spesso e volentieri arrivano a giorni o settimane dagli incontri, che tuttavia sono necessari per un accumulo di esperienza e punteggio per accedere alle competizioni più importanti.
Quindi, in questo caso, meglio partire da una condizione fisica ottimale per farsi trovare il più pronti possibile alle chiamate o ai match che un allenatore riesce a procurarsi.
In questa situazione, premessa una adeguata costruzione tecnico-tattica senza la quale si sta bene in palestra, si deve in ogni caso partire da una condizione di base che il combattente deve avere alle spalle per rispondere a lavori di qualità e/o richiami più mirati, altrimenti anche due o tre settimane di preavviso possono avere dal punto di vista qualitativo ben poco risultato.
Ciò è quanto in pratica avviene anche negli sport di di squadra, i quali hanno periodi competitivi lunghi nei quali sfruttano condizioni di base e richiami infra-stagionali.
Buona scelta, in questa situazione, è nei periodi a ridosso delle cosiddette interruzioni per le festività estive ed invernali, nelle quali spesso le competizioni di routine si riducono, ricorrere a dei cicli generali che mirano a creare un serbatoio quantitativo.
Intendiamo ovviamente lavori di volume e capacità aerobica generali, quindi di muscolazione attraverso sovraccarichi come adattamento anatomico o entry level per i più principianti, per creare una base su cui lavorare in seguito.
In merito al lavoro aerobico, non entro nell’annosa questione che divide il mondo dello sport da combattimento tra “corsa si” e “corsa no”, per anni non si è fatto altro che correre, indubbiamente è stato sbagliato. Quanto è sbagliato oggi a mio avviso pensare che un gesto nel DNA dell’uomo sin dalla sua creazione, oggi lo possa danneggiare per una semplice seduta di jogging. Ciò può essere fuorviante quanto credere che correre per KM ogni mattina sia fondamentale per avere “fiato”.
Personalmente, non riesco ad immaginare un atleta di alto livello che nella sua storia sportiva non ha mai corso per preservare il suo sistema neuromuscolare… magari che abbia coscienza di ciò che gli serve e cosa no a ridosso di una competizione indubbiamente sì. Una buona base aerobica serve ed è indubbio, per diversi ed importanti aspetti fisiologici, e se non proprio attraverso la corsa vi sono altre metodologie per svilupparla e testarla.
Per quanto riguarda invece i lavori con i sovraccarichi, parto dal presupposto che nel 2013 si sia sconfitta definitivamente la patologia del negare questo allenamento ai propri atleti per non correre il rischio di vederli diventare gonfi, goffi e lenti. La malattia, insieme alla peste bubbonica, dovrebbe essere abbastanza debellata in una società civile (se così non è chiudete immediatamente questa pagina per non rischiare di prendere almeno 3kg di massa all’istante).
Creata questa condizione di base necessaria, non rimane che effettuare una programmazione il più ottimale possibile tentando di modulare e ruotare i carichi ed i cicli allenanti, in base ad una condizione se non massimale pur sempre ottimale, da mantenere per un dato periodo.
Prendendo spunto anche da alcuni modelli come quello del tedesco dell’est P. Tshiene, illustrato anche nell’articolo già citato, si possono ruotare cicli incentrati su diversi aspetti, in maniera da mantenere nel periodo interessato tutte le qualità richieste ad un buon livello.
Per semplificare e adattare ancora di più questo tipo di modello ad una situazione di gruppo negli SDC, si potrebbe anche suddividere due mesocicli base da ruotare nel tempo, incentrati sui due aspetti che si contrastano nelle scelte dei lavori da eseguire: qualità e quantità.
In un ciclo di quantità si possono eseguire in maniera più ripetitiva lavori di condizionamento generali o specifici per alzare la condizione del gruppo o dell’atleta, sul fronte lattacido, della potenza aerobica, della costruzione di forza o resistenza alla forza. Quindi quello di qualità si può incentrare in lavori di rapidità, anaerobico alattacidi, di richiamo, stimolo e trasformazione della forza in potenza (anche con lavori come il bulgaro misto o il coniugato) mentre il condizionamento è meglio affidarlo alla specificità della situazione di gara con lo sparring, necessario anche per la cura della tecnica e della tattica.
Appare ovvio, in questa situazione non troppo definita, tenere sempre conto dei diversi sistemi energetici che vengono sollecitati, quindi di garantire con la ciclicità degli allenamenti stimoli che non sovraccarichino troppo gli atleti.
Con questo modello da definirsi più cosciente possibile, nella situazione che rende impossibile una preparazione puntigliosa per la quale si debbono scomodare i “sacri testi” della metodologia dell’allenamento, possiamo garantire al singolo, ma più che altro ai gruppi, anche quando disomogenei, una crescita continua da monitorare e modellare nel corso del periodo sportivo nel quale intendiamo fare esperienza di gara.
Nell’allenamento dei gruppi infatti, anche se non troppo omogenei, può essere una soluzione utile attuare dei cicli di accrescimento o richiamo di una specifica qualità, qualora si riveli un deficit diffuso o una necessità. Quindi, destinare un periodo incentrandolo su lavori ripetuti che stimolano una data specificità (resistenza, forza, rapidità, condizionamento…).
Anche in questo caso, per ricevere un feedback dal lavoro intrapreso, che non darà mai gli stessi risultati su atleti diversi, non è male monitorare con dei test il blocco ed annotare ogni risultato negativo e positivo. Questo approccio può costituire, per un futuro nel quale si deve cucire un programma più dettagliato ad un atleta in particolare, la base su cui costruire un programma partendo dall’esigenza della soggettività.
Ogni grande successo, a qualsiasi età, è basato su programmi dettati da concetti analizzati e adattati da grandi preparatori per atleti che poi, sono artefici di prestazioni che hanno cullato per mesi. Niente viene per caso…
Con queste indicazioni base, partendo dalla conoscenza generale delle teorie della metodologia dell’allenamento e dalla realtà logistica che abbiamo, a mio avviso, possiamo costruire un punto di partenza importante attraverso il quale allontanare la triste ombra del relegare al senso, oppure peggio al caso, l’annosa questione della scelta della preparazione da intraprendere in molti SDC.
Da qui, come detto, scansata l’ipotesi del bignami o del guru tuttologo, parte la discussione che ci vede tutti, nessuno escluso, protagonisti della crescita della nostra disciplina.

mangusta77
Lenny Bottai - Livorno 1977.
Pugile professionista in attività.
Camp. Internazionale IBO 2009
Camp. italiano 2010
Camp. Internazionale IBF 2011
Camp. Del mediterraneo Wbc 2012
Camp. intercontinentale IBF 2014
Semifinalista mondiale pesi superwelter professionisti 2014
Campione d'Italia 2016
Tecnico Fpi di pugilato. Preparatore atletico per SDC
Collaboratore gruppo docenti Uipasc (unione italiani preparatori sport da combattimento).

Realtà VS programmazione9 Dicembre 2013
Oltre i DOMS 9 Dicembre 2013

6 commenti
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I miei complimenti, sono felice di vedere come un pensiero moderno ed aggiornato prende vita e si concretizza nientemeno che in un professionista di un grande sport come il pugilato!tti
Un incoraggiamento validissimo che ci aiuta aricordare che è sempre possibile crescere ed evolversi e che anzi è fondamentale,
grazie!
Alcune frasi sarebbero da incorniciare e scrivere in gigantografie su ogni muro della palestra.
[quote]se c’è chi intende curare solo l’aspetto tecnico, faccia il tecnico, e si faccia affiancare da un preparatore o un collega che invece vuole apprendere e aggiornarsi continuamente sul tema della preparazione atletica annessa agli SDC [/quote]
[quote]Siamo logori e saturi di maestri, talvolta anche illustri, che si negano e negano ai loro atleti almeno 50 anni di avanzamento nel campo della scienza sportiva, limitando con questo arcaico approccio, quanto ancora potrebbero dare con la loro grande esperienza di situazione[/quote]
Per il resto non posso che concordare in pieno con l’autore.
Si tutto molto bello, scritto bene, comprensibile , ben vengano le novità, ben venga la preparazione atletica nello specifico, ben vengano i pesi, ben accolti i
vari testi e tutto il resto .
Tuttavia non fatevi troppe illusioni, che se diventate eccellenti atleti, potete anche essere dei grandi pugili, non è cosi che funziona, potete essere eccellenti pugili e di conseguenza sarete degli ottimi atleti, ma non viceversa. Potete elevare le vostre qualità atletiche al massimo livello non per questo sarete dei grandi pugili . Il pugilato ha delle componenti caratteriali, aggressività, cattiveria, determinazione, coraggio, che sul quadrato sono quelle che fanno da ” padrona ” potete anche correre i diecimila metri in poco più di trentacinque-minuti, ma correre a perdifiato per poco più di mezzora in una pista di atletica e cosa ben diversa che respirare sotto i colpi dell’avversario, quando il sangue dal naso vi scende in gola e vi soffoca il respiro, o il sudore salato va negli occhi e vi appanna la vista, o un colpo al fegato vi smorza il fiato.
Nessuno dice il contrario, a metterla così potrebbe essere fuorviante, l’importanza di una buona preparazione, ma più che altro di un approccio cosciente alla programmazione, è per sfruttare al massimo le proprie potenzialità.
Nonè che ben preparandosi o correndo i diecimilametri in trentacinque minuti si diventa Roy Jones, ma nemmeno si raggiunge il massimo delle proprie potenzialità a consumarsi ogni giorno in sacchi, corde e vuoti, oppure in ripetute a ridosso delle sessioni di sparring come ho visto troppo spesso fare.
In ogni caso, vi sono elementi e situazioni che testimoniano come l’atleta magari con meno possibilità tecniche (non volitive o caratteriali) sopperisca a questo deficit con una preparazione ottimale, l’inverso è molto più raro. Escluso il dilettantismo dove in 9 minuti di gara, il più furbo e scaltro (sportivamente) delle volte la scampa quasi sempre.
Che poi questo non sia tutto, nessuno lo dice, ma senza la capacità volitiva, e quella caratteriale, il tutto viene ovviamente meno a prescindere.
[quote]Tuttavia non fatevi troppe illusioni, che se diventate eccellenti atleti, potete anche essere dei grandi pugili, non è cosi che funziona, potete essere eccellenti pugili e di conseguenza sarete degli ottimi atleti, ma non viceversa. Potete elevare le vostre qualità atletiche al massimo livello non per questo sarete dei grandi pugili.[/quote]
Nessuno ha mai sostenuto il contrario. La questione è sempre la stessa: essere un atleta è condizione necessaria ma non sufficiente per essere un grande pugile.
Tuttavia se operassimo un ragionamento inverso, un grande combattente non può prescindere da una conoscenza e messa in pratica approfondita delle metodologie e dei protocolli migliori nel campo della preparazione atletica.
[quote]Il pugilato ha delle componenti caratteriali, aggressività, cattiveria, determinazione, coraggio, che sul quadrato sono quelle che fanno da ” padrona ” [/quote]
Nessuno mette in dubbio che la componente cognitivo-spirituale sia in assoluto la predominante negli sport da combattimento, anche perché l’autore dell’articolo in questione qualche esperienza sul ring credo se la sia fatta, e un po’ di esperienza appartiene anche al sottoscritto.
Tuttavia pensare che basti solo avere essere aggressivi e determinati, potrebbe addirittura far sembrare quasi inutile non solo la componente atletica, ma anche quella tecnica. Quindi basterebbe prendere un tipo aggressivo e determinato e farlo salire sul ring con l’unica raccomandazione di “tira cazzotti (e calci e gomitate e ginocchiate)!”, che tanto sopperirebbe comunque con le proprie componenti “caratteriali”.
La preparazione atletica bisogna vederla come un aspetto fondante e aggiuntivo a tutto il resto, non come un aspetto esclusivo ed escludente del resto.
Se immaginassimo, ad esempio, un Primo Carnera, con tutte le sue qualità psicospirituali, allenato con le migliori metodologie di preparazione fisica e non invece asservito a leggende del tipo “non si scopa per due mesi prima di ogni match per preservare la propria forza e virilità”, non potremo non convenire che avrebbe potuto essere un campione ancora più grande.
Aspetta un attimo, non ho detto che bastano le doti psico-fisiche per emergere, è sottinteso che a quelle va aggiunto l’allenamento .
Essere un atleta è condizione necessaria ma non sufficiente per essere un grande pugile.
E su questo “non ci piove” siamo daccordissimo .