La qualità degli integratori alimentari esiste davvero? - Rawtraining
di Massimo Pratelli
Si sente spesso parlare di marchi di integratori in termini di qualità e non è raro che le scelte cadano su un prodotto piuttosto che su un altro perchè è considerato “buono”. Scommetto che avete sentito mille volte discorsi da spogliatoio nei quali si fa riferimento alla qualità di un marchio o di un prodotto, spesso decantandone proprietà fantastiche e che vanno al di là delle reali proprietà nutrizionali dei prodotti stessi. Quante volte abbiamo sentito dire “Prendo il tal prodotto perchè è ‘buono'” oppure “Prendo il tal altro perchè ‘mi trovo bene'”? Ma cosa vuol dire veramente? Possiamo davvero parlare di qualità e fino a che punto siamo in grado di stabilire davvero quanto sia qualitativo un prodotto?
Cerchiamo innanzi tutto di definire cosa si intende, nel nostro caso, per qualità.
La qualità viene spesso sbandierata come caratteristica fondamentale da numerose aziende produttrici di integratori alimentari, che fanno leva proprio su questo aspetto per vendere i propri prodotti. Ma possiamo parlare di qualità in senso assoluto oppure no? Vediamo quali aspetti vanno considerati nella valutazione della qualità di un prodotto dietetico e se è sempre possibile valutare questo aspetto, sia da un comune utilizzatore che da un addetto ai lavori o, addirittura, da un laboratorio specializzato.
La qualità di un integratore alimentare riguarda a mio avviso tre caratteristiche ben distinte del prodotto: la formulazione (che deve essere adeguata all’obiettivo nutrizionale del prodotto specifico), le materie prime utilizzate e la rispondenza degli ingredienti a quanto indicato in etichetta.
Il primo aspetto, la qualità della formulazione, è quello più facilmente verificabile dall’utilizzatore esperto perché riguarda la composizione stessa del prodotto. Un utente attento e bene informato conosce le proprietà nutrizionali dei vari ingredienti attivi e sa giudicare da solo l’efficacia di una specifica formulazione. Troviamo in commercio integratori alimentari con formulazioni decisamente povere se non addirittura inadeguate rispetto all’obiettivo nutrizionale dichiarato, a prescindere dalla qualità delle materie prime utilizzate, che possono essere eccellenti. Un esempio per capire meglio: se noi avessimo, per assurdo, un integratore definito come brucia-grassi che contiene solo 20mg di l-carnitina per dose, ci troveremmo davanti ad un prodotto decisamente inefficace anche se la L-carnitina può essere considerata un principio attivo efficace per metabolizzare il grasso e quella utilizzata è di prima scelta. Non importa se le materie prime utilizzate sono di prim’ordine, perché una formulazione povera non consente al prodotto di essere efficace e lo rende perfettamente inutile in rapporto all’obiettivo nutrizionale dichiarato. Abbiamo dunque un prodotto che pur essendo potenzialmente qualitativo dal punto di vista delle materie prime, non lo è in senso assoluto, perché risulta assolutamente inefficace. In questo caso la responsabilità cade in primis sull’utilizzatore che può e dovrebbe scegliere di usare un prodotto che risponda meglio alle sue esigenze.
È dunque necessario un minimo di cultura specifica per poter operare una scelta consapevole, oppure ci si deve affidare ai consigli di qualcuno che possiede gli strumenti per poter valutare in modo corretto quali prodotti sono adeguati alle esigenze specifiche e abbia l’onestà di consigliare in modo corretto.
Il secondo fattore, ovvero la qualità delle materie prime utilizzate per la produzione degli integratori, è il punto cruciale ed è dove comincia a scatenarsi la bagarre. Tutte le aziende dicono di usare le migliori materie prime disponibili sul mercato, tanto nessuno è in grado di dimostrare il contrario. Nessuno. Un sacco di slogan promuovono principi attivi di “qualità farmaceutica”, ingredienti di produzione giapponese, materie prime purissime e così via. La verità è che il mercato delle materie prime è abbastanza globalizzato, con i grossi produttori che immettono sul mercato prodotti che poi vengono gestiti da distributori che le smistano in tutto il mondo. La produzione delle proteine è monopolio di pochissime aziende e le sieroproteine usate negli integratori provengono da aziende che si contano sulle dita di una mano o poco più. Alcuni marchi di integratori scelgono di lavorare con determinati produttori, altri scelgono diversamente, ma oltre ad Arla, Glanbia, Volac, Fonterra, Carbery e pochissimi altri non c’è più nulla. La scelta diventa quindi quasi obbligata e, per esempio, le sieroproteine Volactive 80 instant usate dal marchio tal dei tali, vengono usate da decine di altri marchi per prodotti analoghi. La differenza è solo nell’aromatizzazione, nella confezione, nel marketing. Il discorso è diverso per aminoacidi, vitamine e altri principi attivi dove il grosso della produzione è cinese. Ciò non significa che i prodotti siano pessimi perchè oggi la produzione cinese ha raggiunto standard qualitativi elevati e molti prodotti non vengono nemmeno più prodotti in Europa, in America o in Giappone, per cui non c’è molta scelta. Alcune aziende Europee o Giapponesi (vedi, ad esempio, Kyowa per gli aminoacidi e Alzchem per la creatina Creapure) sono riuscite a convincere il mercato che i loro prodotti siano migliori della concorrenza, creando un’aura di qualità attorno ai loro principi attivi. La realtà è che le differenze sono davvero minime e nel caso di un prodotto alimentare sono assolutamente ininfluenti in termini di efficacia per l’utilizzatore medio. Tutti i produttori sono tenuti a fornire la scheda tecnica delle materie prime e da lì si vede chiaramente come un aminoacido standard (di produzione cinese) sia praticamente identico al suo corrispondente giapponese. Qualche differenza c’è, ma è talmente piccola da non essere assolutamente percepibile. Basta una variazione infinitesimale nel dosaggio degli eccipienti durante la miscelazione degli ingredienti di un integratore di aminoacidi, per esempio, a causare una differenza assai maggiore nella singola compressa rispetto a quella riscontrabile con l’utilizzo di materie prime di origine differente. Come spesso accade è il marketing a fare la differenza, non la sostanza.
Resta l’ultimo aspetto, forse il più importante: la corrispondenza tra quanto dichiarato in etichetta e quanto contenuto nella confezione. Qui le leggende metropolitane si moltiplicano e non è raro sentire persone che raccontano di “amici” che hanno fatto analizzare prodotti per scoprire che non corrispondevano neppure lontanamente a quanto riportato in etichetta. Qui è bene ricordare che la legge ammette delle tolleranze e che se un prodotto esce dai margini di tolleranza consentiti espone l’azienda a conseguenze di carattere penale. Non si scherza, dunque. È anche vero che un controllo è improbabile ma certamente non escluso, dato che le amministrazioni locali sono deputate ai controlli e basta che qualcuno vada dal medico per un banalissimo mal di pancia dicendo di assumere un integratore (che quasi sempre non c’entra nulla), per far scattare i controlli.
La maggior parte dei prodotti sono a norma di legge, ovvero rispettano le tolleranze consentite dalla normativa, ma alcune aziende giocano sulle tolleranze per trarne vantaggio economico. Un esempio: la tolleranza ammessa sulla percentuale proteica indicata in etichetta è del 15%, per cui se viene dichiarata una quota proteica del 90%, è sufficiente che il prodotto contenga il 76,5% (90 meno il 15%) di proteine per essere perfettamente in regola con la normativa. Così abbiamo aziende che giocano su questo fatto per aumentare il margine di guadagno oppure per rendere un prodotto maggiormente appetibile, dichiarando percentuali proteiche fin troppo elevate e, a volte, impossibili da ottenere.
È bene chiarire, però, che i casi di frode in questo senso sono rari, anche se probabilmente non lo sono i casi di “arrotondamento” delle cifre, restando però nei termini di legge.
Cosa possiamo concludere, dopo aver analizzato un po’ più da vicino il concetto di qualità di un integratore alimentare? Possiamo dire semplicemente che ci sono alcuni aspetti per i quali la responsabilità di una scelta corretta in termini qualitativi cade esclusivamente sull’utilizzatore, il quale deve scegliere un prodotto correttamente formulato e adatto alle proprie esigenze. Altri aspetti, invece, sono responsabilità delle aziende produttrici, che devono rispettare le regole e mettere in commercio prodotti che rispettano le aspettative del cliente, il quale non ha la capacità né la possibilità tecnica per determinare quale prodotto sia meglio di altri. È necessario essere informati e critici, ma non fermarsi ad un’analisi superficiale e basata su preconcetti (spesso errati) che ci portano a fare scelte azzardate. È anche molto importante ricordare che la pubblicità viene fatta dalle aziende e non deve essere presa come evidenza scientifica.
Siate attenti, informatevi e cercate di limitare al massimo le variabili sulle quali non avete controllo, in modo da ridurre al minimo il rischio di prendere una fregatura.
maxprat
Massimo Pratelli, classe 1965, ha praticato e pratica diversi sport fin da piccolo. Ha cominciato con il Judo per poi dedicarsi a diverse attività tra cui vari sport da combattimento, bodybuilding, parapendio ed altro. Ha fondato e gestito per vent'anni un'azienda di integratori alimentari, ha fatto da consulente dietetico per diversi atleti (anche di livello olimpico) ed è attualmente un dirigente di una delle maggiori federazioni di bodybuilding a livello internazionale. Appassionato di alimentazione ed integrazione ha formulato diversi prodotti presenti sul mercato ed è un profondo conoscitore del mondo dell'integrazione alimentare.
Backflip15 Luglio 2013
Preparazione atletica per il calcio - parte 2 15 Luglio 2013
2 commenti
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Ciao,
mi sento di aggiungere degli altri aspetti alla tua disamina:
-presenza di fillers,conservanti,ecc ,DA EVITARE;
-lavorazione degli ingredienti.
In natura abbiamo gia’ tutto quello che ci serve,tramite l’alimentazione. In aggiunta abbiamo alcuni “supercibi” che sostituiscono alla grande qualsiasi integratore.
Volendo rimanere sugli integratori (nulla di male),che siano almeno prodotti dal cibo e che non siano sintetici.
Ciao,
@Nemo67: gli integratori sono, per loro definizione, alimenti concentrati che difficilmente possono essere sostituiti dalla normale alimentazione. Ciò non vuol dire che siano indispensabili per ottenere dei risultati, vuol semplicemente dire che non sono la stessa cosa. Un esempio facile facile: la vitamina C è naturalmente presente in diversi alimenti ma in concentrazione esigua e se si desidera un apporto importante l’unica strada è l’integrazione.
Per quanto riguarda, invece, le fonti, i prodotti di sintesi sono l’unica possibilità nella maggior parte dei casi. Se poi consideriamo le contaminazioni che subiscono oggi gli alimenti, i prodotti di sintesi non sono poi così nocivi rispetto alla maggior parte dei cibi, per quanto biologici.
Non sono d’accordo sulle proprietà dei “supercibi” che, a mio parere, promettono molto ma mantengono poco.
Detto questo, io sostengo fermamente che si possano ottenere ottimi risultati in termini di benessere e prestazioni sportive senza l’uso di integratori ma che, come ho già avuto modo di sottolineare, questi possano fare la differenza per uno sportivo di elite.