Allenarsi in funzione di un obiettivo: correlazione e causalità - Rawtraining
di Gabriel Naspinski
Introduzione
Il problema relativo alla correlazione e alla causalità deriva dal fatto che questi due aspetti sono apparentemente simili, ma in realtà sono due entità differenti. Ho in parte toccato questo tema in un post del mio blog intitolato “A does not equal B…” (N.d.T.: “A non è uguale a B…”) Tuttavia si trattava più di una discussione polemica e non sono entrato in profondità nella descrizione di questi fattori. L’obiettivo di questo articolo è quello di estendere la discussione trattando le variabili che possono realmente essere correlate o causare determinati effetti. Attraverso la comprensione di queste dinamiche, vorrei fornirvi una nuova prospettiva sull’allenamento e la programmazione.
Definiamo la correlazione e la causalità
La correlazione è una relazione statistica tra due variabili che mostrano un grado di mutua dipendenza. Questo significa che esiste una relazione statistica misurabile tra le due variabili e tra due set di misurazioni ad esse relative. La correlazione tra due variabili può essere positiva (quando una variabile aumenta, aumenta anche l’altra) o negativa (quando una variabile aumenta l’altra diminuisce). Nel mondo del powerlifting, una correlazione positiva potrebbe verificarsi in corrispondenza di un aumento di massimale nella panca ottenuto grazie ad un aumento del volume eseguito su un determinato esercizio, tipo il close-grip bench. In uno sport come l’atletica, un centometrista potrebbe aver conseguito un primato personale migliorando la sua tecnica di partenza, il che significherebbe che una routine finalizzata a migliorare la partenza dai blocchi mostrerebbe una correlazione positiva.
La causalità implica che un evento sia causa diretta di un altro. Il prodotto finale, detto anche effetto, è una diretta conseguenza della prima variabile, la causa. In un certo senso questa relazione può sembrare applicabile in diversi contesti. In un senso molto generale, se vi allenate otterrete un effetto allenante di qualche tipo. Notate che non ho utilizzato le espressioni “più forti”, “più veloci” o altri termini generali di questo tipo, dato che tutto dipende veramente da quello che fate esattamente e da quale sia l’effetto desiderato. Ogni effetto ha una causa, ma il problema con il principio di causa-effetto è che quest’ultimo è applicabile facilmente solo a situazioni in cui la relazione diretta è lampante. Esempio: effetto = ti bruci la mano. Causa = metti la mano su una fiamma viva. Sfortunatamente questo tipo di situazioni non esistono nel mondo dell’allenamento.
Prendiamo ad esempio due variabili: A e B. Una possibile relazione, se prendiamo in considerazione la causalità, è che A sia la causa di B. Un’altra relazione di causalità possibile tra le due potrebbe essere quella opposta, cioè B è la causa di A. Certamente potremmo anche supporre che A e B siano effetti di una causa comune (una terza variabile: C), e che quindi non siano direttamente uno causa dell’altro. A complicare ulteriormente il quadro delle possibilità esiste anche l’eventualità che A sia causa di B e allo stesso tempo B sia causa di A, portando quindi ad una dipendenza ciclica in cui un’affermazione contraddice l’altra. Un’ultima possibilità è che si tratti di una mera coincidenza, o meglio che le correlazioni in gioco siano così complesse o prive di una conclusione chiara che è più facile etichettare la relazione come una coincidenza. Come vedete esistono diverse ragioni per le quali non è così facile affermare che A sia causa di B.
Photo: © Igorabond | Dreamstime Stock Photos & Stock Free Images
In che modo questi concetti hanno a che fare con l’allenamento…
Arrivati a questo punto molti di voi potrebbero essere un po’ confusi e qualcuno forse anche un po’ infastidito, ma se siete arrivati fin qui, ora finalmente arriverò al punto di questa lunga introduzione. Molta gente sembra convinta che A sia la causa di B. Per questo quando invece si allude al fatto che B potrebbe causare A molti potrebbero negare questa possibilità. Questo è un esempio classico non connesso all’allenamento:
- Quando scoppia un incendio molto vasto sopraggiungono moltissimi pompieri che cercano di spegnerlo
- Una causalità inversa in questo caso comporterebbe che al sopraggiungere di numerosi pompieri per spegnere un incendio, quest’ultimo di conseguenza aumenterebbe la sua grandezza (B è causa di A)
Ovviamente noi sappiamo che questo non è assolutamente vero. Nel campo dell’allenamento però molti non la pensano necessariamente in questo modo. Giusto per divertirci, applichiamo questo stesso procedimento ad una falsa credenza comune nel campo dell’allenamento e vediamo cosa succede:
- Gli atleti del sollevamento pesi in molti test hanno mostrato un altissimo livello di forza esplosiva. Il loro allenamento include clean, snatch e le loro varianti.
- Includendo più clean, snatch e le loro varianti nell’allenamento, i soggetti potranno raggiungere lo stesso quantitativo di forza esplosiva evidenziato nei test dagli atleti del sollevamento pesi.
Osservando questo esempio, dobbiamo ricercare l’elemento mancante dell’equazione. L’affermazione di cui stiamo parlando è che gli atleti del sollevamento pesi sono esplosivi e nei loro allenamenti eseguono numerose olympic lifts e le loro varianti. Quindi, usando la regola della causalità inversa, è sufficiente includere queste alzate nell’allenamento di chiunque per portarlo ad alti livelli di forza esplosiva. Questa conclusione tuttavia non è necessariamente vera. Dal punto di vista esclusivamente teorico, supponiamo di andare in giro ad insegnare ad un po’ di persone comuni le alzate olimpiche fino a quando non raggiungono una tecnica di esecuzione accettabile. A questo punto lasciamo che eseguano clean, snatch e jerk per un lungo periodo di tempo. Dopo questo periodo, misuriamo il loro livello di forza esplosiva con una serie di test e paragoniamo i risultati a quelli ottenuti dagli atleti del sollevamento pesi. Quanta gente ritiene che il lavoro fatto li porterebbe effettivamente sullo stesso livello?
La risposta dovrebbe essere ovvia — non sarebbe sicuramente così. È mai passato per la mente di allenatori e coach che i livelli di forza esplosiva evidenziati da questi atleti siano il motivo per il quale riescano ad ottenere grandi risultati sulle alzate olimpiche, ma che quest’ultime non siano state il fattore primario nel generare tali livelli? In genere gli atleti gravitano intorno agli sport nei quali ottengono più risultati e questo potrebbe sicuramente essere un esempio di questa propensione.
Se paragoniamo questo esempio al precedente riguardante il fuoco, la quantità di forza esplosiva è rappresentata dal fuoco, mentre le varianti delle olympic lifts sono i pompieri. Proprio come succede nel primo caso, l’aumento del numero di clean, snatch e jerk eseguiti, non porterà necessariamente ad un aumento della forza esplosiva.
Un altro esempio di falsa credenza è relativo ad una causalità bidirezionale, cioè a un caso in cui A è causa di B e B è causa di A. Questo significa che un aumento di A causa un aumento di B; quindi un aumento di B dovrebbe causare un aumento di A. Diamo un’occhiata al seguente esempio:
- Un atleta che detiene il record del mondo utilizza una programmazione ad alto volume e alta frequenza.
- Programmazioni caratterizzate da alto volume e alta frequenza sono la strada che porta ai record mondiali.
La situazione che stiamo analizzando prende in considerazione un atleta di livello avanzato che utilizza anche una programmazione ad alta frequenza e alto volume. Tuttavia, quello su cui dovremmo riflettere è la seguente domanda: è un atleta in grado di ottenere un record mondiale perché utilizza frequenze e volumi altissimi? O forse sta utilizzando questo tipo di protocollo perché ha sfruttato altre opzioni fino allo stallo e quindi ha dovuto alzare la frequenza ed il volume per continuare a progredire o per mantenere il livello che aveva raggiunto? Il fatto che abbia utilizzato questo tipo di programmazione in questo caso potrebbe essere connesso ai risultati raggiunti. Malgrado ciò, a priori, non è logico affermare che per poter ottenere risultati dello stesso livello sia sufficiente imitare il suo programma copiando serie, ripetizioni ed esercizi. Questo infatti dipenderà dal livello attuale dell’atleta, dalle sue caratteristiche e dai suoi bisogni.
Un’altra considerazione riguarda il terzo fattore, che potrebbe essere identificato con C. Questa variabile nascosta potrebbe influenzare l’esito di due eventi che sembrano essere correlati anche se in realtà è proprio C a contribuire alla causa. La presenza di questa terza variabile per la maggior parte degli osservatori potrebbe essere ignota oppure potrebbe essere stata trascurata. Di seguito vi fornirò un esempio di questa situazione, ma prima che lo faccia preferisco precisare un punto. Io non sono contro gli atleti che competono attrezzati o nelle federazioni “untested”. Molte delle gare a cui ho partecipato prevedevano l’utilizzo di attrezzature (singola o multipla). Dove uno decide di competere sono affari suoi. Nonostante ciò, le maglie per la panca, i corpetti per lo squat/stacco e tutti gli elementi in grado di amplificare la prestazione possono distorcere considerevolmente l’analisi delle variabili associate ad un programma di allenamento. Un’alterazione dovuta all’utilizzo di attrezzatura o di aiuti di altra natura possono rappresentare delle cause nascoste di un effetto visibile. Perfino i cambiamenti nella routine giornaliera di un atleta, la dieta ecc. possono avere un effetto. Ora se non siete troppo occupati a rodervi il fegato su queste cose, diamo un’occhiata ad un esempio:
- L’atleta X ottiene un PR nella panca dopo aver inserito nel suo programma una DE bench con catene e bande in un ciclo di allenamento della durata di 12 settimane svolto dopo la sua ultima competizione.
- Quindi l’utilizzo di una panca attrezzata per un’esecuzione esplosiva (DE) con catene e bande per 12 settimane porta alla realizzazione di primati personali.
Anche se questa conseguenza non sembra troppo improbabile, quello che l’atleta X potrebbe avervi taciuto è che prima della prova è riuscito a stringere di più la sua maglia da panca e questo gli ha fornito un supporto maggiore durante l’alzata. Quindi dovremmo chiederci quanto il risultato ottenuto possa essere effettivamente considerato un PR. Il record personale è stato dovuto solo alla sua maglia o anche il tipo di allenamento seguito ha giocato la sua parte? O forse in aggiunta all’alterazione dovuta a questa variabile, l’atleta ha anche lavorato sulla tecnica di alzata attrezzata e ha capito come sfruttare maggiormente i benefici potenziali della maglia per ottenere un primato personale. Ovviamente potrebbe anche aver apportato delle modifiche a livello di integrazione, o modificato i suoi ritmi di riposo, o la sua dieta in modi che hanno contribuito a questa performance. Senza conoscere tutte le variabili nascoste è troppo semplice sostenere che sono sufficienti 12 settimane di panca esplosiva per ottenere un PR. Questo discorso non è limitato alla panca DE e ai primati personali. Può essere applicato ad ogni schema di allenamento (block, cube, Sheiko ecc.) o ad ogni esercizio. La stessa cosa vale per tutti gli sport. Ad esempio, potremmo dire che una squadra di football NCAA top 25 utilizza il metodo HIT solo utilizzando le macchine e per questo potremmo provare a sostenere che questo tipo di lavoro off-season è all’origine del loro successo. Senza considerare le altre variabili in gioco (la selezione dei giocatori, lo spessore complessivo in ogni posizione, la preparazione tecnica e tattica, ecc.) ogni tentativo di individuare una singola causa risulterà sempre futile.
Conclusione
Dopo aver esaminato la differenza tra causalità e correlazione, è facile osservare che in contesti come quello dell’allenamento risulti davvero fuorviante ritenere che una variabile possa essere la causa evidente di un determinato effetto. Il corpo umano è un’entità in continuo adattamento che risponde in modo differente a molteplici fattori. Oltre a ciò, quando osserviamo quelli che sono eccezionali in una determinata disciplina, dobbiamo considerare che la loro abilità sia dovuta anche a fattori pre-esistenti. La loro disciplina non ha necessariamente creato le abilità che mostrano di possedere. In futuro, cercherò di analizzare maggiormente questi aspetti e di scendere più nel dettaglio per quanto riguarda le differenze tra le correlazioni presenti nei vari requisiti degli atleti. Fino ad allora cercate sempre di considerare tutti i fattori senza saltare troppo velocemente alle conclusioni.

GabrielNaspins
Gabriel Naspinski ricopre attualmente il ruolo di Strength and Conditioning Coach presso la Hillsborough High School a Tampa in Florida nel distretto scolastico della Hillsborough County. Oltre a svolgere il suo ruolo di coordinatore nei test, è anche responsabile della preparazione fisica della squadra di football della Hillsborough High School. In precedenza è stato Strength and Conditioning Coach sia presso la George Mason University che presso la American University e ha lavorato come stagista presso la University of Pittsburgh e presso la Robert Morris University. Ha lavorato anche nel settore privato presso la Parisi Speed School nel New Jersey. Naspinski ha raggiunto livelli di elite nel powerlifting nella classe 242 lb. È disponibile per consulenze all'indirizzo PhysicalPreparationGN@gmail.com. Per maggiori informazioni potete visitare il suo sito web all'indirizzo www.trainingwithpurposegn.com.

L'allenamento funzionale della forza nel basket4 Novembre 2013
Forza “Fai Da Te”: la Tire Sled 4 Novembre 2013

1 commento
Lascia un commento
Elimina la risposta
E' necessario registrarsi or effettuare l'accesso per poter lasciare un commento.
Con tutto il rispetto, un po la scoperta dell’acqua calda.
Attenzione però a non cadere nell’eccesso di relativizzazione.
E’ chiaro che ogni atleta di alto livello lo è per via del talento specifico, più che per il lavoro.
Ma è altrettanto vero, che fortunatamente esistono numerosi esempi pratici e teorici che guidano il lavoro dei preparatori.
prendere il singolo caso no, prenderne vari, carpirne i principi ed adattarli agli atleti si.
La frecciatina verso le OL si capisce dal suo curriculum..Parisi school e Univ of Pitt, probabilmente nel periodo Buddy Morris.