Perché solo contrarre i muscoli non basta più - Rawtraining
di Pietro Trabucchi
Ti alleni con metodo, con intensità, con dedizione. Il tuo corpo reagisce e si adatta, progredendo verso gli obiettivi che ti sei posto, sulla strada per sconfiggere i tuoi demoni.
E la mente? Che ruolo gioca la mente nel cammino verso i tuoi obiettivi? In che modo la psiche è in grado di influenzare la prestazione del corpo e, ancora, possiamo allenare la mente come alleniamo i muscoli per arrivare ad ottenere i risultati che ci siamo prefissati?
La psicologia dell’atleta gioca un ruolo fondamentale per la riuscita nello sport, qualsiasi siano i demoni da sconfiggere e noi di RawTraining crediamo che questo aspetto dell’allenamento sia troppo spesso sottovalutato, se non, addirittura, del tutto sconosciuto. Pubblichiamo il primo articolo di una serie dedicata agli aspetti psicologici dell’allenamento e presto presenteremo un Workshop dedicato a questo interessantissimo argomento.
Non possiamo più concepire un’idea dell’allenamento che disgiunga il lavoro fisico da quello sulla controparte mentale…
Il mondo della forza attribuisce un interesse quasi esclusivo a quell’insieme di tessuti contrattili che definiamo “sistema muscolare”; e finisce per prestare scarsa attenzione ad altri fattori determinanti per la prestazione.
Nei corsi si fa spesso questo giochino. Si prende un partecipante e gli si chiede quale sia il suo braccio più forte. Poi gli si domanda di sollevare un peso con questo arto; e di tenere il braccio teso davanti a sé, resistendo il più a lungo possibile. Viene cronometrato il tempo di resistenza in quella posizione. Spesso il nostro amico comincia a sudare, a ventilare più velocemente. A volte il braccio è scosso da un tremito progressivo. E alla fine -inevitabilmente- i muscoli cedono e il peso si abbassa.
A questo punto, riferiamo al nostro amico la sua prestazione: mettiamo, per esempio, che abbia resistito quaranta secondi. Allora gli si chiede di ripetere lo stesso esercizio ma con il braccio più debole.
È frequente che il soggetto si dimostri scettico. Lo si fa partire lo stesso. Il tempo viene scandito ogni dieci secondi. Quando supera i trenta, di solito tutti i compagni cominciano ad incoraggiarlo. Un tifo infernale scandisce lo scadere degli ultimi dieci secondi. Alla fine, nel novanta per cento dei casi, il braccio più debole dura alcuni secondi in più di quello considerato “più forte”.
Che cosa è successo? È facile intuirlo, più difficile spiegarlo in termini biologici. Per ora accontentiamoci di una spiegazione a grandi linee: avere un riferimento temporale da battere e ricevere il sostegno dei compagni crea, per il cervello dell’atleta, un contesto funzionale differente da quello della prima fase dell’esperimento. In questo contesto il dolore muscolare e la percezione della fatica vengono interpretate in modo differente: vengono percepite come maggiormente gestibili, e di conseguenza, i limiti prestativi risultano spostati un pochino oltre.
Cosa ci insegna in fondo questo semplicissimo esperimento? Che le previsioni prestazionali basate esclusivamente su indicatori metabolici sono incomplete. Che c’è qualcosa d’altro all’opera, sia che si sollevi un peso o che si corra per centinaia di chilometri.
È lo stesso meccanismo per cui – in altri settori sportivi accadono situazioni inspiegabili se interpretate esclusivamente dal punto di vista metabolico. Immaginate questa scena, molto comuni in tanti sport di resistenza come lo sci di fondo: il vincitore raggiunge il traguardo e crolla a terra esausto. Come se – dal punto di vista bioenergetico – tutte le sue riserve finissero lì. Arriva il secondo, e anche lui crolla a terra. La stessa cosa avviene per il terzo.
Quello che è avvenuto risulta incomprensibile se ragioniamo solo in termini di mitocondri e sub-strati energetici. Vorrebbe infatti dire che lì si è prodotta l’incredibile coincidenza di tre atleti che hanno terminato completamente la benzina esattamente nello stesso punto del percorso, né un metro prima, né un metro dopo. In realtà, c’è dell’altro -e i fisiologi dell’esercizio più attenti lo avevano capito da anni. Già Wilmore nel 1969 aveva osservato che il tempo di esaurimento di un atleta impegnato in un test massimale sul tappeto, si allunga se egli corre affiancato ad un competitor. La percezione della fatica dunque non è una percezione oggettiva? Assolutamente no. Sia che si sollevi un carico o si corra velocemente, non lo è.
In realtà, tutto quello di cui abbiamo parlato ci risulta difficile da descrivere e da comprendere solo perché viviamo in un contesto culturale che da più di due millenni tiene divisi i fenomeni mentali da quelli corporei. Il mondo della mente è molto più difficile da misurare perché immateriale: ma questo non vuol dire che sia meno reale dei mitocondri o delle cellule muscolari. Oggi poi sappiamo perfettamente che tutti i fenomeni mentali provengono da una base concreta e fisica, questa sì misurabile: il nostro cervello.
Meno noto è il fatto che il cervello si adatti al lavoro che gli viene imposto, e dunque venga plasmato anche dall’allenamento sportivo. H. S. Harung, per esempio, ha dimostrato l’esistenza di differenze significative nel funzionamento cerebrale, confrontando sciatori di fondo di classe mondiale e sciatori di livello nazionale. Il cervello si adatta in modo specifico alle richieste che gli vengono imposte. Una definizione simile viene data del muscolo, non è vero? In uno studio i corso di pubblicazione sull’Italian Journal of Sport Science -come Università di verona- dimostriamo che il cervello di un atleta capace di entrare nel World Guinness Records perché ha corso 10 x 100 km consecutivamente ha sviluppato adattamenti selettivi e specifici: il cervello si è adattato per resistere alla fatica e alla tentazione di fermarsi, rendendo più attive le aree prefrontali, legate a quella funzione che i filosofi nel passato chiamavano “forza di volontà”; e che oggi potremmo definire meglio con il termine “resilienza psicologica”. Non è un caso, dunque, che uno studio uscito nel 2002 – che esaminava le caratteristiche psicologiche di 32 atleti statunitensi vincitori di medaglie olimpiche -indichi nella resilienza uno dei requisiti irrinunciabili per l’atleta di alto livello. Addirittura, una ricerca che cito spesso, realizzata nel 1995 in Germania da W. Hauser, ha dimostrato che i risultati degli atleti nelle gare Ironman si correlano in modo più significativo con le caratteristiche psicologiche rispetto alle qualità fisiologiche come il “Massimo consumo d’ossigeno”: come dire, è più importante per andare forte in queste gare, essere resilienti piuttosto che puramente resistenti in senso fisiologico e metabolico.
Ma anche la forza pura è influenzata dal senso di autoefficacia dell’atleta, e dalle sue credenze, convinzioni personali ed aspettative. Il modello generale di questo “influenzamento” sono tutti i fenomeni che in medicina vengono fatti rientrare sotto la denominazione di “effetto placebo”. Essi si riferiscono a situazioni dove le convinzioni personali hanno un effetto terapeutico sull’organismo: pazienti a cui viene somministrata semplice acqua distillata spacciata come farmaco ottengono spettacolari miglioramenti nella salute. Addirittura, in un celebre esperimento (Wolf, 1950) a donne in gravidanza che soffrivano di nausea veniva propinato dello sciroppo di ipecacuana, una sostanza che favorisce il vomito e le contrazioni gastriche, presentandolo come un anti-nausea; ebbene, le contrazioni dello stomaco di queste donne -misurate con delle sonde gastriche- tendevano a diminuire e sparire! La contrazione muscolare è regolata dal sistema nervoso centrale; ma questo è influenzato dal livello di motivazione, dalle credenze e dalle convinzioni del soggetto. Attenzione: non è che ci sia una “superiorità” del mentale sul fisico. Quello che esiste è una costante interazione di cui dobbiamo tenere conto per “andare forte”.
Non possiamo più concepire un’idea dell’allenamento che disgiunga il lavoro fisico da quello sulla controparte mentale, che proponga esercizi funzionali senza tenere conto di quello che avviene sul piano cerebrale. Ma questa è un’altra storia…
Le fotografie sono state gentilmente concesse da Stefano Torrione.

ptrabucchi
Pietro Trabucchi, si occupa da oltre due decenni di psicologia dello sport, ed in particolare del tema della motivazione e della resilienza.
Insegna "Psicologia dello sport" presso l'Università di Verona. È stato lo Psicologo della Squadra Olimpica Italiana di Sci di Fondo alle Olimpiadi di Torino 2006 (2 medaglie d'oro, 2 di bronzo) e psicologo delle Squadre Nazionali di Triathlon. Attualmente è psicologo delle Squadre Nazionali di Ultramaratona (Campione del mondo 2011 e 2012).
Ha lavorato alla preparazione dei membri di diverse spedizioni alpinistiche finalizzate all'acquisizione di record di ascensione (Aconcagua, Everest, Mc Kinley..). Nel 2005 ha raggiunto la cima dell'Everest nell'ambito della spedizione "Everest Vitesse.
È autore di diversi libri sul tema della resilienza e dell'allenamento mentale, tra i quali -Resisto quindi sono (Corbaccio)- ha vinto nel 2008 il Premio letterario del CONI ed è stato presentato nell'ambito del programma televisivo "Che tempo che fa". L'ultimo libro "Perseverare è umano", uscito all'inizio del 2012, è già alla 5^ edizione. Appassionato di sport di resistenza è stato più volte finisher del Tor des Geants e dell'Ultra Trail del Monte Bianco.
È stato consulente e formatore sui temi della resilienza e dello stress management in molte aziende; intorno a questi argomenti è stato recentemente chiamato ad insegnare presso il "Center of Excellence for Stability Police Units" che si occupa dell'addestramento delle forze internazionali in missione di pace inquadrate presso Eurogendfor e Onu.
La sua attività e materiali sugli argomenti da lui trattati possono essere scaricati dal sito www.pietrotrabucchi.it.

Mangio e ingrasso subito11 Febbraio 2013
Analisi di un fondamentale: l'hollow 11 Febbraio 2013

18 commenti
Lascia un commento
Elimina la risposta
E' necessario registrarsi or effettuare l'accesso per poter lasciare un commento.
Articolo interessantissimo che inquadra dei fenomeni in realtà ben noti. Chiunque sa che spesso in compagnia si riescono a completare allenamenti altrimenti ritenuti impossibili (soprattutto per quanto concerne la resistenza alla fatica). Non per nulla allenarsi da soli a casa non è per tutti. Forse per un meccanismo di autoconservazione il cervello, in assenza di stimoli esterni che rendano più pressante la necessità della prestazione, il cervello ci impedisce di “strafare”. Quindi resta da capire come ingannarlo, almeno di tanto in tanto…
Non credo davvero sia la prima volta che Rawtraining si occupa delle interazioni fra mente e corpo. Anzi, tutti i ragionamenti sull’attivazione e il solo definire “neurale” la forza pura fanno intendere quanto il nesso tra SNC e espressione della forza sia sentito e centrale. Però questa è forse la prima volta che si parla delle parti più “alte” della mente, gli aspetti psicologici, appunto.
In realtà credo sia chiaro a tutti che esiste un continuum tra mente cosciente, subconscio, inconscio, parti più profonde del cervello, innervamento, attivazione.. e ultimo venne il muscolo. Più che dire cose nuove, credo che questo articolo ci inviti a prendere coscienza del fatto che in questo continuum ci sono dei buchi enormi, parzialmente esplorati per gli atleti di alto-altissimo livello, ma completamente assenti nell’approccio al movimento e alla forza del 99% dei praticanti.
Una piccola idea per riempire uno di questi “buchi”, con uno strumento vecchissimo come l’EEG, che oggi è disponibile in formato portabile e a basso costo, potrebbe essere il monitoraggio delle varie emissioni durante il GS.
Ho visto al Dip. di elettronica del Poli di Milano come viene usato per muovere le carrozzine per i tetraplegici, oppure per gestire (per quanto rudimentalmente) i videogiochi. A me interesserebbe vedere come la firma del rilassamento, legata a emissioni in certe parti dello spettro, evolve parallelamente alla tecnica.
È una vecchia idea, ma poi non mi sono mai preso la briga di trovare i tot-cento euro che servono per l’attrezzino e il software di analisi.. potrebbe essere divertente 🙂
È esattamente per questo che quando mi alleno a casa metto sempre musica che “mi dà energia”: non riuscirei a dare il massimo ogni volta se non trovassi in qualche modo la maniera di motivarmi.
Fra l’altro ho notato che mi sento più rilassato e lavoro meglio se, in casa, accendo alcune luci e ne tengo spente altre, in un certo fascio di ore della giornata, in modo che le luci esterne e quelle interne si amalgamino in quella che per me è la maniera ottimale.
A proposito della musica.
Vorrei sottoporre alla vostra attenzione gli effetti dell’ ascolto di musica a 432hz durante l’ allenamento..
L’ obiettivo, è quello di sincronizzare i due emisferi cerebrali, per farli collaborare in una situazione di equilibrio che dovrebbe favorire l’ apprendimento, altrimenti rallentato dalla fase della lenta analisi della mente razionale che poi trasferisce i dati alla parte più profonda che si occupa del movimento.
Se posso entrare in contatto profondo col mio corpo posso anche fargli delle domande precise e le sue risposte arriveranno sempre e saranno giuste.
Esistono molti modi, per quel che ne so, per favorire l’ integrazione tra emisferi.
Con tecniche fisiche e non; l’ ascolto di frequenze 432 è solo una delle possibilità.
“Con tecniche fisiche [i]e non[/i]” intendi anche con tecniche meditative?
@ Follia:
Sarebbe più corretto dire che le varie tecniche hanno una componente di azione fisica più o meno enfatizzata.
Nell’ ordine dalla più “fisica” alla più “meta-fisica” ne elenco sette tra quelle che mi vengono in mente ora.
– esercizi di coordinazione semplice con movimenti incrociati
– routine energetica di Donna Eden
– creazione delle “mappe mentali” di Matteo Salvo
– tecnica del “GRAZIE” di Fabio Marchesi
– EFT (emotional freedom technique)
– preghiera con relative posture
– visualizzazione di immagini archetipiche
Mi hai incuriosito. Potresti darmi spiegazioni o link relativi a ciascuna delle tecniche che hai elencato? Grazie.
Giorton ciao, ma dici una sinusoide pura a 432?
Aiuto..
Io come colonna sonora base tengo V per vendetta.
E pensavo di essere bello fuori, ma tu sei più avanti col programma!! : D
Da quando per leggere un articolo completo bisogna registrarsi???
@ Follia:
Esercizi di coordinazione semplice con movimenti incrociati
Si tratta semplicemente di varianti dei movimenti di coordinazione incrociata che si effettuano nella parte iniziale della routine di Donna Eden (v. sotto).
Routine energetica di Donna Eden
http://vimeo.com/49913833?utm_source=EFT+Libert%C3%A0+Emotiva&utm_campaign=bbd86ac7cd-_Andrew_Anno_nuovo_energia_nuova1_10_2013&utm_medium=email
Creazione delle “mappe mentali” di Matteo Salvo
http://www.matteosalvo.com/
I suoi video sul tubo chiariscono ulteriormente.
Tecnica del “GRAZIE” di Fabio Marchesi (Gratitudine Incondizionata Anticipata)
http://www.fabiomarchesi.com/
http://www.youtube.com/watch?v=f0LBHYfQSV0
EFT (emotional freedom technique)
http://www.emofree.it/
Preghiera con relative posture
Non voglio dilungarmi qui sulla preghiera, sicuramente trovi chi è più indicato di me per approfondire un tema del genere, come potrebbe essere Salvatore Brizzi http://www.primoraggio.it/index.html/
Per quel che riguarda le “relative posture”, porto ad esempio la posizione della preghiera musulmana con la fronte che tocca terra nel punto del terzo occhio, utilizzata anche in esercizi per il 6° chakra. Trovi indicazioni a riguardo nel libro “medicina universale e il settimo senso” del medico cardiologo Dott. Nader Butto http://www.naderbutto.com
Visualizzazione di immagini
Lascio da parte l’ archetipo perchè non voglio complicarci la vita 🙂
Ho sperimentato che la visualizzazione di immagini fantastiche o meno, risonanti con la persona che le visualizza ha un positivo effetto stimolante e crea uno stato di “concentrazione-rilassata” tipico dei momenti di integrazione emisferica.
Non approfondisco qui, credo casomai faremmo meglio ad aprire una discussione sul forum.
@ Marokun:
Il mio livello in elettrotecnica non mi consente di comprendere i termini “sinusoide pura”
Per farmi capire ti linko una cosa che ascolto 🙂
http://www.youtube.com/watch?v=ParoFi-_WZU
Temo di essere, in ogni caso moolto “avanti col programma” 😛
@linomar: la registrazione è obbligatoria solo per vedere la versione completa dell’articolo nei primi giorni dall’uscita. Dal lunedì successivo (se non sbaglio) gli articoli sono visibili integralmente anche da parte degli utenti non registrati. E’ un sistema per incoraggiare la gente ad iscriversi che abbiamo introdotto un paio d’anni fa se mi ricordo bene ….ad ogni modo la registrazione è gratuita (e lo resterà).
Bell’introduzione, son curioso di leggere gli altri!
Complimenti per il lavoro in generale, non solo per l’articolo 🙂
Buongiorno, vi ringrazio tutti per l’interesse dimostrato e per i contributi.
Vorrei fare solo un paio di considerazioni generali: come per i metodi di allenamento fisico, anche per il fattore mentale esistono una miriade di tecniche o di pseudo-tali. Alcune possiedono reali basi scientifiche, altre sono pseudo-scientifiche, altre ancora sono decisamente campate in aria. Non sta a me, e non sta a questo contesto, tracciare sulla lavagna la linea in gesso per dividere i “buoni” dai “cattivi”. Piuttosto posso suggerire degli strumenti generali per distinguere da soli come è divisa la lavagna. Ho sempre utilizzato un criterio evoluzionistico; vale a dire se il nostro cervello ha sviluppato certe aree, se la nostra mente funziona in un certo modo – è perché ciò ha rivestito una certa utilità funzionale per la nostra specie. Vedremo per esempio nelle “prossime puntate” come la motivazione umana funzioni in modo particolare rispetto a quella degli altri animali: e questo esclusivamente per motivi legati alla sopravvivenza della specie. Usare quest’ottica ci permette di fare già una prima scrematura tra metodi e proprietà assolutamente fantasiosi e proprietà reali. Attenzione: non sempre l’abito fa il monaco. Metodi apparentemente esoterici o poco razionali possono invece fare leva su principi molto reali. X es. uno studioso italiano, Luciano Bernardi –dell’Università di Pavia- ha studiato molte tecniche ad orientamento “mistico”, sia orientali che occidentali che utilizzano la respirazione come chiave di accesso per modificare la coscienza (lo yoga è la più celebre). E ha scoperto che fanno tutte leva su di un principio neurofisiologico che modifica la risposta cardiaca e attenua l’attività dell’amigdala, diminuendo la reattività allo stress. Curiosamente, contesti agli antipodi, come lo yoga o la respirazione tattica che utilizzano in azione nelle forze speciali, si appoggiano agli stessi principi e alle stesse strutture cerebrali.
Sincronicamente mi ritrovo sempre a poter trarre stimolo dall’ incontro con Trabucchi, oggi virtualmente, come un po’ di anni fa mentre si allenava correndo nel fantastico gruppo del Lagorai.
lo ringrazio per aver partecipato a motivarmi, inconsapevolmente, ad intraprendre una bellissima avventura nel trail running (durata per me solo qualche anno)!
Personalmente espongo il punto di vista per cui credo che la lavagna si divida solo in “cose che funzionano per me” e “cose che non funzionano per me” e mi apro alla possibilità che anche “cose non scientifiche” potrebbero funzionare.
Spesso ciò che è “campato per aria” ma funziona attende solo che la scienza riesca a comprenderlo, più spesso è solo campato per aria 🙂
Sono felice di sapere che potrò leggere altri suoi contributi di Trabucchi qui su RAWTraining, che si conferma un ottimo sito, a mio avviso!
ciao Giorton, io non sapevo di conoscerti e non mi ricordo quell’incontro sui Lagorai; ma evidentemente è tutto vero perchè anni fa frequentavo molto quella zona agli antipodi rispetto alle montagne dove vivo. Spero che avremo modo di rivederci -magari mi tornerà la memoria quando ti vedrò! Mi dispiace che la tua avventura con il trail running sia finita male, mi racconterai….ciao
Buongiorno Trabucchi!
Beh, direi che non abbiamo avuto il tempo per fare “conoscenza”, io stavo percorrendo il sentiero sotto cima Litegosa con un amico, durante un trekking in tenda e tu stavi percorrendo tutto il sentiero lungo la cresta di corsa.
Eri sceso sul sentiero su cui ci trovavamo, per raggiungere qualcuno, se non mi sbaglio e mi hai chiesto se avessi visto passare una persona in tenuta da trail.
Non ti biasimo se non hai memoria dell’ evento 🙂
In effetti però quel breve incontro ha contribuito ad accendere il mio interesse per una disciplina fantastica.
L’ avventura è finita male solo apparentemente (con la rottura del menisco,ecc), ora che ho realizzato il reale significato dell’ accaduto, ripensare alle corse in montagna è una fonte di felicità per me!
Sarei onorato di rivederti e poter fare realmente la tua conoscenza. (se ti fa piacere sarò contento di fornirti il mio contatto mail privato)
Stimo il tuo lavoro e ho una enorme curiosità in proposito!
Spero si presenti un’ occasione del genere!
Ciao e Buon Trail!!
Complimenti per l’articolo.
Sarebbe interessante accedere ai protocolli utilizzati da chi opera in questo settore, al fine di dare a tutti una maggiore conoscenza dei fatti.
Vi rimando a questa email ruggiero.jkd@libero.it, al fine di promuovere ove condivisa, una visione più completa dello sportivo, che non è più solo muscoli e tecnica, ma anche testa.
Spero che presto voi di raw training proporrete qualcosa in tal senso.
ciao