Caldo, sete, idratazione: la scienza dell'integrazione sportiva - Rawtraining
di Andy Chassé
Nell’ambito dello sport professionistico, il mio lavoro di supporto “sul campo” in ambito alimentare ha avuto una delle fase più difficili e intense nel supporto alla preparazione dell’Olimpiade del 1996 ad Atlanta. Il Team di atleti era composto dalla squadra maschile e femminile di mountain bike che, oltre agli avversari, doveva confrontarsi con condizioni climatiche particolarmente difficili (temperatura media stagionale tra i 21 e i 31°C con umidità relativa tra i 50 e il 90%) che richiedevano misure adeguate di idratazione per contrastare gli effetti negativi dallo stress termico da calore. Per vincere la sete e migliorare la performance era necessario, oggi come allora, programmare con grande attenzione la miglior strategia per ridurre i fattori responsabili di condizioni profondamente negative e pericolose come l’ipertermia e la disidratazione. Credo che allora riuscimmo nel nostro intento visto che un’atleta del team femminile vinse l’oro Olimpico.
Quell’esperienza è stata fondamentale per sviluppare studi e analisi sull’argomento disidratazione e integrazione specifica.
Ecco qualche dato utile per comprendere come essere al top della forma anche in situazioni di caldo intenso:
- Il corpo umano è in grado di produrre performance elevate e massimali solo in presenza di un range di temperature molto limitato (37 +/- 0,5° C).
- L’evaporazione rappresenta la principale difesa fisiologica per favorire la dispersione del calore (tramite evaporazione a livello cutaneo). La sua intensità dipende principalmente da alcuni fattori:
- superficie cutanea esposta all’ambiente o libera di traspirare
- presenza o meno di correnti d’aria
- temperatura e umidità relativa ambientale
Il fattore più importante, e limitante, è costituito dall’umidità relativa che rappresenta la percentuale di acqua presente nell’aria a una data temperatura rapportata alla quantità totale di vapore acqueo che essa potrebbe contenere. Si può quindi affermare come un organismo può tollerare temperature relativamente elevate a condizione che l’umidità rimanga entro valori moderati
- La dispersione termica del calore avviene mediante meccanismi complessi a carico: del sistema circolatorio (arterie e vasi dilatandosi convoglino il sangue verso la superfice cutanea, provocando arrossamenti e favorendo la dispersione di calore), dell’evaporazione e di alcuni adattamenti ormonali (tramite il rilascio di ormoni di tipo ADH, ad azione antidiuretica, e dell’aldosterone che favorendo il riassorbimento del sodio ne diminuisce la concentrazione nel sudore a vantaggio del mantenimento della quota elettrolitica).
- La disidratazione (la perdita d’acqua può arrivare anche a livelli di circa 3 litri/ora) riduce, anche in modo marcato, le capacità di adattamento a livello circolatorio (termiche e metaboliche) richieste dall’attività fisica.
- La variazione di peso corporeo (pre e post) esercizio fisico forniscono una misura pratica e attendibile della perdita d’acqua.
- Il sudore non è responsabile del raffreddamento cutaneo, ma un tramite attraverso il quale avviene il raffreddamento per evaporazione.
- L’abbigliamento dell’atleta può risultare determinante per contrastare o favorire la deplezione idrico-salina. I tessuti utilizzati nei capi di abbigliamento assorbono l’acqua in modo differente (particolarmente negativi nella pratica sportiva risultano essere lino e cotone poiché trattengono acqua). A questo proposito è bene ricordare che i tessuti asciutti hanno un effetto negativo poiché ritardano lo scambio termico. Quindi a livello pratico, in condizioni di calore e umidità un capo di abbigliamento bagnato, risulta essere un vettore migliore per la dispersione del calore). Il consiglio è quindi di NON cambiarsi la maglietta durante una performance!
Reidratazione ipo, iso e ipertonica
La reidratazione è fondamentale sia per mantenere ad alti livelli la performance atletica, sia per contrastare la formazione di crampi da calore dovuti ad attività fisica prolungata e profusa deplezione di liquidi.
A livello di formulazione esistono marcate differenze tra i vari ingredienti che, come approfondiremo nel paragrafo sottostante, determinano effetti differenti sui tempi di assimilazione e biodisponibilità.
A livello pratico-commerciale le bevande possono essere classificate in:
- Ipotoniche: con una concentrazione che determina una pressione osmotica inferiore a quella del plasma sanguigno.
- Isotoniche: concentrazione osmotica equivalente a quella sanguigna.
- Ipertonica: concentrazione osmotica superiore a quella del plasma dovuta ad una quota maggiore di carboidrati e minerali.
Che cosa bere
Le bevande idro-saline sono spesso caratterizzate da ingredienti estremamente variabili sia nella loro composizione che quantità. Il concetto chiave per la loro valutazione e scelta in termini prestativi è rappresentato dalla chiarezza della finalità del loro utilizzo. In parole chiare: bevo per apportare acqua, energia o sali?
Lo svuotamento gastrico dei liquidi e l’analisi dei fattori che lo influenzano, rappresenta quindi una chiara discriminante. L’obiettivo primario, per l’atleta durante e dopo una performance, dovrebbe essere costituito dal fatto di idratarsi fornendo liquidi per mantenere uno stato di “euidratazione”. Nel corso dell’attività fisica, in condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli, la perdita di liquidi da parte dell’organismo, può essere due volte superiore alla velocità di assorbimento a livello gastro-enterico. Quindi più che “bere” è importante rendere disponibile l’acqua a livello metabolico. È del tutto noto come all’aumento del contenuto calorico di un liquido ingerito, corrisponda un rallentamento della velocità di svuotamento gastrico. Le soluzioni saline di tipo “ipotonico” posseggono quindi capacità maggiori in termini di assorbimento. Da notare come la componente “calorica” abbia un’importanza relativa in quanto, ingestioni isovolumetriche ed isocaloriche di carboidrati, proteine e grassi determinino tempi di svuotamento gastrico presso che identici. Ovviamente però il grado di osmolarità di un liquido è correlabile al suo apporto calorico, anche se a parità di contenuto calorico una bevanda ipotonica determina un migliore velocità di assorbimento. Uno dei principali fattori che influenzano lo svuotamento gastrico è dato dal volume totale di liquido ingerito che determina una data pressione intragastrica. Anche la qualità dei carboidrati esercita effetti differenti sui tempi di disponibilità della bevanda. Una soluzione di polimeri di glucosio (maltodestrine 5%) determina un residuo gastrico inferiore rispetto ad una soluzione al 5% di glucosio, a causa della sua minore osmolarità, nonostante l’identico apporto calorico. A livello sperimentale, na quota ridotta di fruttosio (2-3%) sembra migliorare i tempi di svuotamento gastrico nonostante il maggior apporto calorico.
A livello della quota calorica, si può evidenziare il fatto che una soluzione al 2,5% di glucosio possegga tempi di velocità di rilascio gastrico simili a quelli dell’acqua. Il range ottimale di apporto energetico, per massimizzare l’assunzione dei liquidi, sembra poter essere indicato in un range tra i 4,4 e il 6% di soluzioni di carboidrati.
Quindi contenuto e volume dei liquidi ingeriti risultano essere i principali fattori per la determinazione dei tempi dello svuotamento gastrico dei liquidi.
A livello di sali, in considerazione del fatto che le perdite di sodio e cloro possono arrivare al 7% del loro contenuto totale (mentre per potassio, magnesio e calcio sono limitate a circa l’1%) è importante che l’apporto di NaCl sia pari ad almeno 2-3 grammi per litro di sudore perso.
In conclusione si può affermare che le bevande isotoniche o, preferibilmente, lievemente ipotoniche (200 mOsm/l) possono essere una risorsa di elettroliti esogeni che oltre a stabilizzare il bilancio elettrolitico forniscono un adeguato supporto energetico.
Quanto bere
In considerazione del fatto che l’apparato renale produce continuamente liquido (urina), per bilanciare in maniera ottimale i liquidi, la quantità di bevanda da assumere durante e al termine dell’esercizio fisico deve essere in quantità maggiore (dal 30 al 50%) della quantità di sudore perso nel corso della performance.
Qualche consiglio pratico
La disidratazione per “fare il peso” (fighters)
Si tratta di una metodica estrema e profondamente negativa, poiché l’organismo, a causa della rilevante diminuzione del volume plasmatico, viene posto in situazioni pericolose di stress cardiovascolare e alterazione dell’equilibrio termoregolatore. Situazione limite che porta anche ad alterazione profonda delle funzioni neuromuscolari con un peggioramento della performance.
Le bevande pre-workout
È noto, e del tutto ovvio, come i rischi di incorrere in disidratazione e “colpi di calore” sono maggiori quando si inizia un’attività fisica in condizioni di sudorazione profusa o parziale disidratazione. Assumere, a piccoli sorsi, liquidi ipo o isotonici, a temperatura ambiente (tecnica della iper-idratazione), acqua o bevande ipotoniche, aiuta a migliorare l’idratazione, con un effetto secondario positivo anti-stress.
Le bevande per il workout
Possono essere scelte a seconda delle condizioni climatiche e di apporto energetico. In caso di clima temperato e in assenza di particolari richieste di idratazione, può essere privilegiata la componente calorica con la scelta di prodotti ipertonici. In condizioni climatiche avverse è invece opportuno scegliere bevande iso o ipotoniche che garantiscono un’idratazione rapida e completa.
Il post workout
Il dopo attività è stato oggetto di studi approfonditi solo di recente, poiché si pensava che l’alimentazione del dopo non costituisse particolari problematiche. Ma si è trattato certamente di un grave errore, poiché il recupero psico-fisico è fondamentale non solo in ambito metabolico (apporto dei nutrienti) ma anche in chiave di recupero e prevenzione degli infortuni osteo-articolari.
Oltre all’apporto di carboidrati e proteine (in rapporto variabile a seconda della tipologia dell’attività fisica praticata), risulta fondamentale fornire all’organismo acqua, Sali e vitamine. In particolar modo le molecole ad azione antiossidante risultano essenziali in chiave anti-radicalica.
Per assolvere a questo scopo non si deve ricorrere solo agli integratori in commercio, ma è possibile scegliere un modo nuovo e naturale (oltre che più gustoso) con la creazione di bevande specifiche.
Ecco qualche suggerimento
- Infuso di te matcha (particolarmente ricco di antiossidanti) con zucchero di canna. Nota: attenzione alla temperatura dell’acqua che, per l’infusione, non deve superare i 35-40°C
- Bevanda a base di spezie (acqua o latte di cocco, zenzero e curry)
- Succhi (centrifugati) vegetali a base di carote, bacche di gojji, kiwi frutti di bosco e pompelmo
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Andy Chassé è un professionista che lavora nel campo del fitness e uno scrittore che lavora in questo settore dal 2007. Ha conseguito una laurea in Kinesiologia, insieme a molteplici certificazioni da NASM e ACSM. Andy è un ex-powerlifter, diventato poi un corridore, che crede fermamente che non sia necessaria una palestra per rimanere in forma. Potete trovare maggiori informazioni in merito alla sua attività sul suo sito: andychasse.com.
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1 commento
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Molto interessante! Grazie per le info dettagliate… seguirò sicuramente il consiglio con i centrifugati!