Infortuni sportivi - smettiamo di dare la colpa all'esercizio - Rawtraining
di Joel Jamieson
Recentemente, durante una conferenza professionale a cui ho presenziato sia come partecipante che come relatore, ho seguito una presentazione da cui è scaturito uno scambio di opinioni tra gli ascoltatori (in realtà si è trattato di un acceso dibattito) riguardante la loro opposizione (o per meglio dire, la loro condanna) all’utilizzo in sala pesi di specifici esercizi che erano stati trattati nel corso dell’intervento.
Partendo da una disamina dei pro e dei contro relativi a quegli esercizi la discussione si è presto trasformata in una disputa ed è andata avanti fino all’inizio della presentazione seguente. Se non fosse stato per la necessità di passare all’intervento successivo, sono convinto che il dibattito sarebbe andato avanti per moltissimo tempo.
La conversazione in merito ai pro e contro dell’esecuzione di quegli esercizi è ripresa quella sera stessa in un bar del posto, dove per caso oltre a me si erano radunati un buon numero di coach specializzati nello “strength and conditioning” (S&C). Nel corso di quella lunga discussione sono state formulate ancora delle considerazioni molto accese in merito all’utilizzo in sala pesi di quegli esercizi e al fatto che quei movimenti, secondo l’opinione di alcuni, siano poco sicuri e da evitare come la peste.
Quella non è stata certo la prima volta che ho assistito a confronti di quel tipo. Nel corso dei miei 30 e più anni di carriera come fisioterapista, preparatore atletico e allenatore per la forza e il conditioning (S&C), sono stato testimone di numerosi cambi di “era” relativamente ai metodi di allenamento per il miglioramento delle performance atletiche.
Per molti anni, l’evoluzione dei vari tipi di macchine per l’esercizio fisico e i proclami in stile “la nuova frontiera dell’allenamento con i pesi” sono stati all’ordine del giorno; per non parlare dell’evoluzione degli integratori, dell’ingresso nella scena dell’ “attrezzatura non convenzionale”, degli innumerevoli nuovi attrezzi e delle nuove tecniche di allenamento e programmazioni che hanno continuato ad emergere nel corso del tempo.
I libri si sono evoluti in DVD educativi e la creazione di Internet ha fornito a tutti una sede facile e accessibile sia per reperire informazioni, che per promuovere e vendere prodotti. Senza dubbio lo sviluppo di molti di tali prodotti e le evoluzioni nel campo dell’allenamento sono stati elementi molto positivi per l’industria.
Durante questi decenni sono stato anche testimone della nascita di molte teorie e prodotti che sono stati spesso presentati utilizzando le parole “il miglior…”. In alcuni casi si trattava di prodotti che si sono rivelati validi, in altri invece, le teorie e i prodotti in questione si sono rivelati privi di fondamento, ma una cosa è certa, queste pratiche continuano anche ai giorni nostri. Un altro tema ricorrente che si è ripresentato più volte nel corso di tutta la mia carriera e che si è manifestato ancora in occasione di quella conferenza, è l’atteggiamento perpetuo di condanna nei confronti di specifici esercizi eseguiti in sala pesi, che per molti dovrebbero essere evitati nel contesto di un programma di allenamento finalizzato al miglioramento della prestazione atletica.
Spesso chi esprimeva questi sentimenti contrari chiudeva il discorso citando tutti gli infortuni che avrebbero potuto colpire (anzi, che avrebbero sicuramente colpito) l’atleta, se non avesse smesso di utilizzare in sala pesi quegli esercizi con il fine di ottenere dei miglioramenti relativi alle varie qualità fisiche necessarie per competere in discipline atletiche.
Ricordo di aver incontrato una situazione analoga all’inizio della mia carriera, quando lessi che nei primi anni 60 il Dr. Karl Kline divenne famoso per la sua rivoluzione contro l’utilizzo dello squat, sostenendo che quell’esercizio era particolarmente dannoso per i legamenti del ginocchio.
Grazie agli sforzi del Dr. Klein, la “favola” riguardo al fatto che l’esecuzione dello squat abbia un effetto negativo sui tendini del ginocchio continuò a crescere a dismisura negli anni seguenti, inclusi i miei primi anni di praticantato, tra allenatori e professionisti del settore medico.
Durante il tempo passato a lavorare per lo “Sports Medicine, Performance and Research Center” presso l'”Hospital for Special Surgery” a New York City, iniziai a introdurre con successo lo squat nel mio protocollo di riabilitazione post-ricostruzione LCA che tuttora lo include.
Nel 1994 io e i miei colleghi pubblicammo la nostra ricerca sull’ “American Journal of Sports Medicine” che si aggiunse ai moltissimi altri studi eseguiti nel corso degli anni da numerosi ricercatori e professionisti tesi a dimostrare l’infondatezza di questo particolare “mito” riguardante lo squat.
Anche al giorno d’oggi continuano le preoccupazioni riguardo all’esecuzione in sala pesi di esercizi come lo squat, l’overhead press, le alzate olimpiche, la pressa, la leg extension e molti altri esercizi specifici che pongono un “eccessivo e inutile stress” sulla parte bassa della schiena (rachide), sulle spalle, sulle ginocchia e su varie altre strutture anatomiche del corpo. Questi temi sono argomento di conversazione in molte conferenze, pubblicazioni, siti Internet e blog, e si, anche nelle discussioni al bar del paese.
Nel corso di tutti questi dibattiti sono stato spesso testimone di molte conversazioni in merito a come l’infortunio dell’atleta fosse stato “causato dall’esercizio” eseguito. Raramente però ho personalmente sentito, letto o sono stato testimone di casi in cui la responsabilità di un tale sfortunato evento sia stata attribuita al professionista S&C che seguiva l’atleta.
Certamente esistono casi in cui le circostanze che portano ad uno spiacevole infortunio non sono controllabili da parte del professionista S&C incaricato. Tuttavia, questo tipo di circostanze sono molto rare e hanno una bassa incidenza sulle statistiche. Il professionista che segue l’atleta per l’allenamento della forza e del conditioning è la figura responsabile per tutto ciò che riguarda la creazione di un ambiente di allenamento sicuro e controllato. A riguardo esistono ricerche che documentano come l’incidenza degli infortuni legati alla sala pesi sia molto ridotta rispetto a quella dei vari tipi di infortuni che avvengono invece durante la preparazione atletica in team o durante una partita/competizione.
Quindi, i casi riguardanti la spiacevole eventualità che un atleta si infortuni a causa dell’esecuzione di un esercizio specifico per la forza o per la potenza, sono probabilmente molto meno frequenti di quanto non si pensi. Forse le forti opinioni contrarie all’esecuzione di uno o più determinati esercizi sono legate alla storia di un singolo particolare incidente, esperienza e/o conversazione con altri allenatori, che ha poi portato ad attribuire la “colpa” per l’infortunio subito durante l’allenamento allo specifico esercizio che si stava eseguendo al momento dell’incidente.
È giunto quindi il momento di domandarsi: “Se l’esecuzione di uno specifico esercizio per lo sviluppo della forza o della potenza è pericolosa e responsabile di un ‘alto’ numero di infortuni in sala pesi, allora perché moltissimi atleti di vari sport eseguono quegli stessi esercizi senza alcuna preoccupazione e senza alcuna incidenza a livello di infortuni?”
Se questi particolari esercizi sono così pericolosi, allora perché questi movimenti “condannati” sono sopravvissuti al severo esame del tempo, venendo impiegati per più di un secolo con successo e in totale sicurezza?
La valutazione e la preparazione dell’atleta
Quando un atleta sta per intraprendere un programma di allenamento finalizzato al miglioramento delle sue prestazioni atletiche, è necessario eseguire un processo di valutazione (basato sulle preferenze individuali del coach) per determinare i punti di forza dell’atleta, i punti deboli, le esigenze e stabilire degli obiettivi.
In questo processo di valutazione andrà inclusa anche una storia medica che permetta di conoscere il passato dell’atleta per quanto riguarda l’aspetto medico, infortunistico e chirurgico. In questo modo sarà possibile, se necessario, incorporare degli opportuni adattamenti nel programma di allenamento, per evitare un peggioramento o una ricomparsa degli infortuni pregressi o dei problemi che in passato avevano comportato il ricorso alla chirurgia.
Una volta completata la valutazione dell’atleta, tutte le informazioni ottenute saranno utilizzate per sviluppare un programma di allenamento finalizzato al miglioramento delle prestazioni atletiche, basato sulle necessità e sugli obiettivi che sono stati stabiliti.
Prima di partire con il programma di allenamento “principale”, è spesso necessario preparare l’atleta in modo che sia in grado di affrontare al meglio la programmazione prevista. Ciò avviene attraverso un “periodo di preparazione” all’allenamento che stabilisca e/o sviluppi il livello di alcune qualità fisiche essenziali come la mobilità, la stabilità, le abilità relative all’esecuzione tecnica degli esercizi, la forza e la capacità di lavoro.
Certamente non serve a niente sovraccaricare l’atleta con un lavoro ad alta intensità (i.e. peso, velocità ecc.) se non è “equipaggiato” per gestirlo dal punto di vista dell’intensità o del volume. Non ha nemmeno senso scartare un esercizio che potrebbe portare dei benefici all’atleta, quando basterebbe semplicemente prepararlo, in modo da assicurarsi che in seguito sia in grado di eseguire tale esercizio in modo sicuro.
Pensiamo al caso in cui un atleta non sia in grado di eseguire un esercizio valido e potenzialmente vantaggioso, a causa di un’inadeguatezza relativa ad una qualità fisica o ad un deficit di tipo anatomico. In tal caso, sarebbe più logico scartare interamente l’esercizio o risolvere l’inadeguatezza/il deficit (i.e. mediante un periodo di preparazione) in modo da poter inserire l’esercizio valido nel programma di allenamento dell’atleta?
Se il professionista S&C non eseguisse la valutazione dell’atleta o, se necessario, non prevedesse un periodo di preparazione e l’atleta andasse incontro ad un infortunio durante l’esecuzione di un esercizio, la colpa di tale infortunio andrebbe attribuita all’esercizio?
La selezione degli esercizi “sicuri”
Ogni esercizio merita di essere considerato durante il processo di creazione di un allenamento finalizzato al miglioramento delle prestazioni atletiche. Alcuni esercizi potranno essere ritenuti inadeguati e quindi saranno esclusi del tutto, ma quelli che verranno giudicati appropriati, dovranno essere utilizzati in base alle caratteristiche dell’atleta emerse nel corso del processo di valutazione.
La valutazione fornisce proprio le informazioni che servono per questo scopo, cioè stabilire la selezione degli esercizi migliori per rispondere alle esigenze e agli obiettivi dell’atleta. Alcuni potranno essere selezionati più frequentemente di altri, dato che sicuramente ci sono alcuni particolari esercizi che ogni professionista S&C considera “fondamenta” per ogni programma di allenamento
I “fondamentali” variano da coach a coach dato che esistono sicuramente differenti filosofie di programmazione che conducono a selezionare esercizi diversi. D’altronde, non è forse questo uno dei modi in cui noi professionisti della forza e del conditioning impariamo l’uno dall’altro? Se esistesse un programma di allenamento “perfetto” o un esercizio “perfetto” non alleneremmo tutti esattamente nello stesso modo?
Il lavoro di Hans Seyle e di molti altri, ha evidenziato la necessità di applicare uno stress sul corpo per fare in modo che si inneschi un processo di adattamento e di miglioramento (fisico). Lo stress applicato sull’atleta deve comportare uno stimolo sufficientemente grande da rompere l’omeostasi dell’organismo per far sì che nel corpo si sviluppino adattamenti sufficienti.
Perché avvenga tale rottura, l’entità dello stress applicato al corpo dev’essere maggiore del livello di stress a cui l’organismo è normalmente abituato. Ogni particolare esercizio disponibile per la selezione porrà una determinata enfasi, in termini di aumento dello stress localizzato, su regioni anatomiche differenti, a seconda di fattori quali la postura del soggetto, la biomeccanica relativa all’esecuzione del movimento, il posizionamento della resistenza dal punto di vista anatomico e la velocità di esecuzione dell’esercizio, giusto per citarne alcuni.
Giusto per fare qualche esempio, alcuni esercizi considerati “sicuri” per le lombari potrebbero effettivamente “scaricare” quelle vertebre, ma al tempo stesso porre un elevato grado di stress sull’articolazione sacroiliaca. Un esercizio che si ritiene “scarichi” le ginocchia, può generare un elevato stress sulle anche e sulla bassa schiena. Un esercizio considerato sicuro per le spalle (articolazione gleno-omerale) può impedire la normale necessaria mobilità scapolo-toracica richiesta durante l’esecuzione dell’esercizio stesso, e la lista potrebbe andare avanti per molto.
Proprio per il fatto che è necessario applicare uno stress, l’esecuzione di ogni esercizio comprende sia un effetto vantaggioso che un effetto rischioso: il primo è relativo alle strutture anatomiche che possono essere considerate “scaricate” dall’esecuzione del particolare esercizio, mentre il secondo invece è relativo alle strutture su cui quello stesso esercizio genera un elevato livello di stress.
Se gli esercizi vengono selezionati, programmati ed eseguiti in modo appropriato, i livelli di stress generati sul corpo dai movimenti svolti durante il processo di allenamento saranno adeguati. Detto questo, è vero anche il contrario, cioè che se la selezione, la programmazione o l’esecuzione degli esercizi è inappropriata, alcune strutture anatomiche potranno essere sottoposte ad un ingiustificato e inappropriato (eccessivamente alto) livello di stress durante l’esecuzione degli esercizi stessi e questo potrà portare ad un risultato sgradito.
Una selezione degli esercizi “ottimale” dal punto di vista della sicurezza si basa sulla storia medica dell’atleta, sulla sua valutazione, sulla sua capacità di lavoro (preparazione) e sulle sue capacità tecniche relativamente all’esecuzione degli esercizi. In particolare, se consideriamo il processo di selezione e prescrizione degli esercizi per il miglioramento delle prestazioni atletiche, è necessario ricordarsi sempre di considerare il “quadro generale”, evitando di focalizzarsi su una sola articolazione, su una sola struttura anatomica o su solo un gruppo muscolare.
Intensità di un esercizio
L’intensità associata ad un esercizio può essere determinata da molti fattori diversi: il peso (carico) posto su un bilanciere, la velocità del bilanciere, della corsa o del lancio (i.e. maximal effort vs. tempo), l’altezza e/o la distanza di un salto (i.e. esercizi pliometrici). Questi sono solo alcuni degli elementi che possono influenzare questo parametro.
Scegliere la giusta intensità di un esercizio non è importante solo per stimolare gli “adattamenti”, ma è essenziale anche per minimizzare la probabilità di infortuni nel corso dell’allenamento. Per esempio, se un atleta esegue lo squat con un’intensità specifica (peso) programmata in modo non appropriato (eccessivamente alta), per compensare il carico eccessivo, potrebbe ricorrere ad un’indesiderata flessione (postura) del tratto lombare nel tentativo di completare l’esecuzione del movimento.
Un atleta, per compensare un’eccessiva intensità prescritta in modo scorretto, potrebbe anche “inarcare” la schiena durante l’esecuzione dell’overhead press o della panca piana ricercando quindi un altro “adattamento” posturale per cercare di chiudere il movimento. Dato che una possibile conseguenza di questo “compenso posturale” potrebbe essere uno spiacevole infortunio, in quel caso sarebbe colpa dell’esercizio eseguito?
Chi ha erroneamente programmato un’intensità troppo elevata per l’atleta? Il professionista che si occupa dell’allenamento della forza o lo specifico esercizio che il soggetto stava eseguendo quando si è infortunato?
Volume associato ad un esercizio
Il volume associato agli esercizi è probabilmente il parametro allenante più significativo per quando riguarda la responsabilità di un eccessivo affaticamento. Anche l’insorgere di un’eccessiva fatica può avere delle conseguenze durante l’esecuzione di un esercizio.
L’affaticamento influirà negativamente sulle capacità propriocettive del corpo e questo porterà ad una riduzione della stabilità, un peggioramento della tecnica di esecuzione e una diminuzione della produzione di forza muscolare. Gli effetti indesiderati della fatica sono ben noti nell’atletica, i.e. c’è una ragione per cui nel baseball esiste un contatore dei lanci qualsiasi sia il livello a cui viene praticato.
Supponiamo che il programma di allenamento per un determinato atleta preveda un volume non appropriato (eccessivo) per uno specifico esercizio. In quel caso il soggetto durante l’esecuzione svilupperà dei livelli di affaticamento troppo elevati, che lo porteranno ad una modifica delle qualità elencate precedentemente e di conseguenza ad un possibile infortunio durante l’esecuzione. Se si verificasse questa eventualità, la colpa dell’eventuale infortunio sarebbe dell’esercizio?
Chi è responsabile di aver prescritto e fatto eseguire all’atleta un eccessivo volume per quello specifico esercizio? Il professionista che si occupa dell’allenamento della forza o lo specifico esercizio che il soggetto stava eseguendo quando si è infortunato?
L’esercizio che viene eseguito di certo non possiede alcun livello di intelligenza (non essendo dotato di un cervello), o l’abilità di comprendere, pensare o ragionare. La Tabella 1 offre un esame delle capacità di cui è dotato un professionista che si occupa dell’allenamento della forza e del conditioning, rispetto a quelle che possono essere attribuite invece ad uno specifico esercizio.
Professionista S&C | Esercizio specifico | |
---|---|---|
Capacità di valutare un atleta | Sì | No |
Capacità di preparare un atleta | Sì | No |
Insegnare la corretta esecuzione di un esercizio | Sì | No |
Programmare l’intensità associata ad un esercizio | Sì | No |
Programmare il volume associato ad un esercizio | Sì | No |
Tabella 1. Capacità di un professionista di S&C vs. Esercizio eseguito
L’esercizio eseguito è responsabile dell’infortunio dell’atleta?
Il professionista S&C è l’unico ad avere la responsabilità di applicare, in un ambiente il più possibile sicuro e controllato, elevati livelli di stress all’atleta, in modo da ottenere un adattamento che si traduca in un miglioramento delle varie qualità fisiche. Durante l’esecuzione di un determinato esercizio gli alti livelli associati allo stimolo allenante, comportano anche elevati livelli di stress posti su varie e specifiche strutture anatomiche.
Se questo non fosse vero, allora perché l’esecuzione di un esercizio migliorerebbe con l’allenamento (adattamento)? La “colpa” degli infortuni che talvolta colpiscono gli atleti durante la preparazione atletica è spesso attribuita allo specifico esercizio in esecuzione al momento dell’incidente. Tuttavia sarebbe meglio indagare sul soggetto che ha prescritto e fatto eseguire (a) lo specifico esercizio eseguito al momento dell’infortunio (b) la particolare intensità scelta per quell’esercizio (c) lo specifico volume associato all’esecuzione. È il caso quindi di prendersela con l’esercizio o con il professionista S&C?
Nel corso della mia carriera ho incontrato innumerevoli professionisti nel campo della forza e del conditioning e con moltissimi ho intrattenuto lunghi rapporti lavorativi. La mia impressione è che la maggior parte dei professionisti del settore sia molto competente nel proprio lavoro e prenda molto seriamente le responsabilità che tale ruolo comporta.
Un allenatore S&C per la creazione dei programmi di allenamento ha a disposizione una lista molto ampia e diversificata di esercizi. Ogni specifico movimento selezionato, quando ritenuto appropriato, può dare uno specifico contributo al programma di allenamento in termini di miglioramento delle qualità atletiche. Questi esercizi “selezionati” (così come avviene per tutti gli esercizi) pongono sull’atleta un livello di stress a cui quest’ultimo non è abituato e, per questo motivo, a tutti gli esercizi utilizzati nell’allenamento possiamo associare sia un effetto positivo che un certo livello di rischio.
Siamo noi professionisti, in qualità di allenatori per la forza e per il conditioning, ad avere l’abilità di riflettere, comprendere, analizzare ed insegnare. Non sono compiti svolti dal particolare esercizio eseguito, ma da noi in qualità di esseri pensanti che possiedono il livello di intelligenza richiesto per questo ruolo. È nostra quindi la responsabilità ultima relativa alla prescrizione e all’applicazione di ogni programma di allenamento finalizzato al miglioramento delle prestazioni atletiche.
Come qualsiasi altro professionista appartenente ad ogni altro settore professionale, l’allenatore S&C non deve solo soddisfare i requisiti necessari e prendersi le responsabilità relativi alla propria occupazione, ma ha anche l’obbligo di rispondere per quanto riguarda le aspettative associate al proprio ruolo e alla posizione occupata.
Quando ci si trova ad avere a che fare con la disgraziata eventualità associata ad un infortunio avvenuto nel corso di un allenamento, invece di puntare il dito e dare la colpa all’esercizio, forse il professionista S&C farebbe meglio a tenere la mano in tasca e guardarsi allo specchio.
Riferimenti
1. Hammil B, “Relative Safety of Weightlifting and Weight Training”, Journal of Strength and Conditioning Research, 8(1) 53-57, 1994
2. Hootman JM, Dick R, and Agel J, “Epidemiology of Collegiate Injuries for 15 Sports: Summary and Recommendation for Injury Prevention Initiatives” Journal of Athletic Training, 42(2) 311 – 319, 2007
3. Panariello RA, Backus SI, and Parker JW, “The Effect of the Squat Exercise on Anterior-Posterior Knee Translation in Professional Football Players”, The American Journal of Sports Medicine, 22(6) 768 – 773, 1994
4. Selye H, The Stress of Life, New York McGraw-Hill Book Co. Inc., 1956

JJamieson
Joel Jamieson è uno dei top coach di mixed martial arts e conditioning. Ha lavorato con sei campioni del mondo e altri 20 tra i top fighter professionisti di goni organizzazione, tra cui l'UFC, Pride, Dream, EliteXC, Shooto, WEC, K-1, ed altre. Il suo portfolio include alcune leggende come Rich Franklin, Chris Leben, Hayato Sakurai, Jens Pulver, Spencer Fisher, Maurice Smith, KJ Noons, e molti altri. Per saperne di più visita il sito 8WeeksOut.com.
Programmare per il CrossTraining 3 Marzo 2014
