Allenarsi fino al cedimento o allenarsi per il fallimento? - Rawtraining
di Dan Ogborn
Punti chiave
- Se si confronta un’AMPIA serie di variabili di allenamento (numero delle ripetizioni, tempi di recupero, velocità delle ripetizioni e carico), la crescita muscolare è la stessa se le serie vengono portate a cedimento.
- L’allenamento a cedimento è probabilmente sicuro. Oppure, come minimo, non ci sono prove evidenti del fatto che sia particolarmente pericoloso.
- Allenarsi fino al completo cedimento probabilmente non è necessario per massimizzare la crescita – puoi lasciare un paio di ripetizioni in canna. Sfortunatamente le persone di solito non sono molto brave a capire quanto siano vicine al cedimento. Portare quella serie a cedimento è a “prova di idiota” per essere sicuri di massimizzare lo stimolo.
- La morale è che l’allenamento a cedimento da la certezza di aver lavorato abbastanza duramente perché i muscoli crescano, dato che possiamo dire che è un metodo non pericoloso, ma non è né necessario né una bacchetta magica.
Dan Ogborn non è un nome con cui molte persone hanno familiarità, e questa è una vera vergogna. È laureato in scienze mediche con una specializzazione sugli effetti molecolari nei muscoli dell’allenamento per la forza, ha lavorato in un programma post laurea sulla fisiologia muscolare e sta finendo i corsi per diventare un fisioterapista. Di conseguenza non c’è da stupirsi se non ha avuto il tempo per scrivere una gran quantità di cose o per crearsi un’audience, così ha volato basso. Sono onorato che abbia trovato il tempo per scrivere questo articolo per Strengtheory. Sono un fan del lavoro di Dan dal 2012 e questo articolo è esattamente quanto mi aspetto da lui – ben documentato ma comunque fruibile e applicabile.
Una nuova prospettiva sull’allenamento a cedimento per l’ipertrofia muscolare
Cedimento: la parola proverbiale che inizia con “C” dell’industria dell’allenamento. Il cedimento viene incensato da alcuni come il biglietto per ottenere pacchi di muscoli, mentre altri lo vedono come lo stimolo ingestibile che condurrà inevitabilmente ad un infortunio. Siamo nel mezzo di un periodo di rinascimento dell’ipertrofia muscolare, in cui i parametri rigidi fissati in passato non valgono più. Probabilmente vale la pena osservare il ruolo che il cedimento ha avuto nel modellare questi studi e, in maggior misura, rivisitare il concetto come un componente di un programma per l’ipertrofia.
Allenarsi a cedimento nella letteratura dell’ipertrofia
Molte persone nella comunità dell’allenamento hanno abbandonato la pratica dell’allenamento a cedimento, mentre altri continuano a sostenerla. È un concetto lontano dall’essere stato dimenticato, dato che molti studi recenti hanno utilizzato il cedimento per replicare condizioni sperimentali (1-3).
Molto del lavoro che dimostra come i parametri di crescita muscolare siano confrontabili se ottenuti con un allenamento a basso carico o a carico elevato, hanno usato il cedimento come parametro finale (1,2,4), con risultati che abbiamo recentemente replicato in individui allenati (3). Non possiamo essere certi che il cedimento concentrico sia interamente responsabile degli effetti osservati; ad ogni modo i confronti tra allenamento a bassa intensità (30%-1RM) con allenamenti ad alta intensità (90%-1RM) a cedimento, hanno mostrato una totale mancanza di risposta acuta della sintesi proteica per l’allenamento a bassa intensità. Quando l’allenamento a bassa intensità è stato portato al cedimento concentrico, è stata osservata una risposta acuta nella sintesi proteica paragonabile (5). La risposta acuta della sintesi proteica potrebbe non predire gli adattamenti cronici all’allenamento (6), ma è sempre interessante come l’allenamento a bassa intensità portato quasi a cedimento (lavoro confrontabile con allenamento ad alta intensità a cedimento) non sembri stimolare una risposta acuta della sintesi proteica.
Per quanto riguarda il ritmo, la mia recente meta-analisi fatta con Brad Schoenfeld e James Kreiger ha dimostrato che ripetizioni di durata compresa tra 0,5 e 10 secondi inducono una crescita paragonabile quando si considerano solamente studi che utilizzano il cedimento concentrico (7).
Un’analisi confrontabile per gli intervalli di recupero non esiste; ad ogni modo, uno sguardo attento agli studi recenti da parte di Menno Henselman e Brad Schoenfeld porta a risultati simili (8). Sebbene manchi un’analisi quantitativa, sono giunti ad una conclusione simile in relazione ai vari intervalli di recupero che possono essere utilizzati per stimolare la crescita. Non hanno raggruppato studi basati sull’uso del cedimento come parametro finale, ma molta della loro analisi narrativa sull’ipertrofia a lungo termine è stata formulata a partire da cinque studi (4, 9-12). Tra questi l’uso del cedimento era indicato chiaramente (4, 9), menzionato nella discussione (10), oppure non veniva citato per niente (massimo intervallo delle ripetizioni) (11, 12). In tutti e cinque i casi gli intervalli di recupero compresi tra 1 e 5 minuti non avevano un effetto significativo nella risposta ipertrofica all’allenamento (4, 9, 10), con l’eccezione di Souza-Junior et Al (12) che favorivano intervalli di recupero decrescenti.
Sebbene le prove esistenti (1-4, 7-11) indichino un’ampia serie di parametri che possono essere usati nei nostri programmi di allenamento per indurre la crescita allenandosi a cedimento concentrico, ciò non rende valida l’affermazione che l’allenamento a cedimento sia necessario oppure che incrementi la crescita rispetto ad altre condizioni di allenamento.
Cedimento vuol dire flessibilita’, ma i risultati?
Nonostante il fatto che l’allenamento a cedimento sia stato un argomento di discussione importante e irrisolto nel mondo dell’allenamento per decenni, ci sono sorprendentemente pochi confronti diretti per determinare la sua rilevanza nell’adattamento all’allenamento (13, 14). La cosa sorprendente è che c’è una particolare mancanza di letteratura sull’ipertrofia e la maggior parte di quanto esiste è focalizzato sulla forza (15-18). Per quanto riguarda l’ipertrofia molto è focalizzato sulla fluttuazione dei livelli ormonali (18-21), usata come indicatore per la crescita successiva. Dato che lavori recenti dimostrano che fluttuazioni acute in determinati ormoni non sono direttamente correlate con una crescita a lungo termine, utilizzare argomenti basati sulle fluttuazioni ormonali date dall’allenamento a cedimento potrebbe non essere una buona idea (22, 23).
Prove recenti suggeriscono che il cedimento potrebbe non essere necessario dal punto di vista dell’ipertrofia (14). Uno studio di Sampsone et al (14), dopo un periodo di allenamento introduttivo di 4 settimane (50-80% 1 RM, 2:2) ha suddiviso casualmente 28 maschi assegnandoli ad uno di tre gruppi caratterizzati da diverse condizioni di allenamento:
- Accorciamento rapido (RS)
- Ciclo di accorciamento e di allungamento (SSC)
- Gruppo di controllo
Tutti i gruppi hanno allenato la flessione unilaterale del gomito al 85%-1RM per 4 serie con 3 minuti di recupero tra le serie. Il gruppo di controllo ha tenuto un ritmo di 2:2, il gruppo RS ha accelerato il peso al massimo durante la fase di flessione tenendo un tempo di due secondi per la fase eccentrica, mentre il gruppo SSC ha tenuto una velocità massima sia in flessione che in estensione. Solo il gruppo di controllo ha completato le ripetizione a cedimento (6 ripetizioni per serie), mentre i gruppi RS e SSC hanno completato 4 ripetizioni per serie.
Dopo 12 settimane di allenamento, i membri del gruppo di controllo (che si allenavano a cedimento) hanno finito per completare un numero maggiore di ripetizioni per serie, un volume di allenamento maggiore, più tempo in tensione ed hanno riportato maggiori livelli di sforzo rispetto ai gruppi RS e SSC. Nonostante ciò gli adattamenti dei vari gruppi erano paragonabili. La forza massimale è incrementata del 30,5% insieme alla contrazione massimale isometrica volontaria dei flessori del gomito (13,3%) nell’arco delle 12 settimane, senza differenze tra i gruppi. In modo simile le alterazioni nella sezione dell’area del flessore del gomito non erano diverse tra i gruppi. Per farla breve, l’allenamento a cedimento ha significato un maggior carico di lavoro per una crescita paragonabile.
Il fatto che il cedimento non è stato completamente necessario per l’ipertrofia non è sorprendente nel contesto dei dati visti in precedenza. Molta della “magia” dell’allenamento a cedimento, in mezzo a vari parametri di allenamento, è che può alterare il reclutamento delle unità motorie e ciò è più facile da comprendere quando si confrontano le intensità di allenamento (24). La forza necessaria per allenamenti ad alta o a bassa intensità, richiede, per muscoli simili, quantità differenti di unità motorie. In condizioni di carico elevato saranno necessarie quantità maggiori di unità motorie rispetto ad un allenamento con un carico leggero all’inizio di una serie. Quando ci si allena a cedimento, un allenamento con carico moderato è associato a serie più lunghe, ad un tempo più lungo sotto tensione e ad una maggiore quantità di lavoro meccanico (5). Nel corso della serie, man mano che subentra l’affaticamento, alcune unità motorie continuano a lavorare, altre entrano ed escono ed altre possono ridurre la loro produzione di forza nel corso del tempo (25). Le unità motorie che potrebbero non essere necessarie nella fase iniziale di un allenamento a basso carico verranno progressivamente reclutate non appena altre unità motorie cessano di funzionare o riducono la loro produzione di forza. Sebbene le due condizioni comincino con dei requisiti diversi in termini di unità motorie, nel corso di una serie portata a cedimento un numero paragonabile di unità motorie potrebbe finire per essere reclutato a prescindere dai parametri di allenamento (intensità).
Sarebbe prematuro suggerire che il cedimento concentrico sia necessario per “parificare” le richieste di unità motorie tra diversi parametri di allenamento. Sebbene i dati EMG non riflettano direttamente il reclutamento delle unità motorie, Sundstrup et al (26) hanno dimostrato che i segnali EMG normalizzati raggiungono il loro massimo approssimativamente 3-5 ripetizioni prima del cedimento concentrico. Ciò indica che l’allenamento a cedimento potrebbe non necessariamente “parificare” l’attività delle unità motorie in diverse condizioni di allenamento. Non dimentichiamoci che il reclutamento delle unità motorie non è un processo passivo (27-29) definito dal carico e/o dall’affaticamento. Sono le tue unità motorie, tu scegli di usarle (27).
Non è una questione semplice. In uno studio di Giessing et al (13) i partecipanti si sono allenati due volte a settimana per 10 settimane eseguendo una serie in una di queste tre condizioni:
- Allenamento per un numero massimo di ripetizioni auto-determinato (non a cedimento)
- Allenamento a cedimento
- Allenamento per un numero di ripetizioni massimo auto-determinato utilizzando la tecnica rest-pause.
In seguito all’allenamento il gruppo che si era allenato a cedimento aveva mostrato i maggiori effetti su vari parametri della composizione corporea rispetto al gruppo rest-pause. Il gruppo che si era allenato con il numero di ripetizioni massimo auto-determinato non aveva incrementato la massa muscolare. Ciò suggerisce che noi potremmo non essere così bravi nell’individuare dov’è il nostro vero limite massimo nel numero di ripetizioni e che l’allenamento a cedimento e le tecniche rest-pause possono essere importanti nell’adattamento all’allenamento per la forza, per assicurarci che stiamo veramente spingendo duramente come pensiamo.
Dunque, sebbene sembri che l’allenamento a cedimento porti ad una crescita a prescindere da vari parametri di allenamento (1, 3,7,8, 30), i risultati di Sampson et al (14) suggeriscono che adattamenti all’allenamento paragonabili possono essere ottenuti con meno lavoro, allenandosi senza arrivare al cedimento mentre Giessing et al (13), esattamente l’opposto. Stando così le cose, le prove suggeriscono che allenarsi a cedimento rende più semplice la stesura di un programma di allenamento, ma completare quell’allenamento può essere più duro del necessario.
Le argomentazioni molecolari contro l’allenamento a cedimento
Alcuni hanno suggerito che l’affaticamento insito nell’allenamento a cedimento possa ostacolare la crescita. Nel corso di contrazioni affaticanti, si crea un incremento dell’adenosina monofosfato (AMP) come conseguenza di un aumento del flusso di adenylate kinase, per ricostituire, almeno parzialmente, la concentrazione di ATP. Gorostiaga et Al (31) ha dimostrato che il rapporto tra ATP e AMP si riduceva in misura maggiore quando i partecipanti allo studio completavano 5 serie da 10 ripetizioni di leg press a cedimento, rispetto a 10 serie di 5 ripetizioni (condizione di non cedimento). Le variazioni del rapporto tra AMP e ATP possono attivare l’AMPK kinase (AMPK) (32), che è stato dimostrato essere un inibitore di una proteina segnale coinvolta nella sintesi proteica conosciuta come il bersaglio della rapamicina nei mammiferi (mTOR) (33, 34).
Sebbene ciò sembri un ragionamento corretto, io sospetto che abbiamo messo il carro davanti ai buoi. Si è tentati di associare alcune proteine segnale con una condizione di allenamento o l’altra e l’AMPK è stato associato agli esercizi di endurance (35) poiché gioca un ruolo chiave negli adattamenti dei mitocondri necessari a supportare le richieste prolungate e ripetitive degli esercizi di endurance (Hardie: 2011 fx). In realtà le proteine come l’AMPK sono sensibili alle fluttuazioni dei metaboliti all’interno della cellula e possono verificarsi alterazioni del rapporto tra ATP e AMP indipendentemente dalla modalità dell’esercizio (36,37).
Dreyer et al (36) hanno dimostrato che la sintesi proteica viene ostacolata durante una sessione di allenamento per la forza insieme ad un corrispondente incremento dell’AMPK. Inibire il processo metabolicamente oneroso della sintesi proteica all’interno delle cellule sottoposte alle richieste metaboliche dell’esercizio, ha un senso. Ma una risposta dell’AMPK è stata osservata anche al di fuori della sessione di allenamento. Atri hanno mostrato una risposta immediata post allenamento dell’AMPK quando le serie venivano portate a cedimento (37) e l’attivazione del p70s6k aveva comunque luogo, spesso usata come tramite per una successiva sintesi proteica.
Lavori recenti hanno anche mostrato che l’attivazione dell’AMPK durante un programma di allenamento non aveva effetti negativi sulle funzioni del mTOR nel recupero dopo un allenamento per la forza (38). Insieme al fatto che abbiamo già analizzato la letteratura esistente che non dimostra alcun effetto negativo, nonostante le ampie variazioni nel rapporto tra ATP e AMP quando ci si allena a cedimento, suggerisce che non dovremmo dare più peso all’aspetto molecolare rispetto a ciò che sappiamo a livello funzionale o ipertrofico.
Io adoro studiare le proteine segnale tanto quanto mi piace studiare le persone, ma se abbiamo dei dati sul nostro interesse primario, in questo caso l’ipertrofia, questi battono qualsiasi discussione costruita sulle complicatissime interazioni delle sole proteine segnale.
Piu’ opzioni, non significano piu’ crescita
Sebbene sia assolutamente plausibile che l’allenamento a cedimento non sia necessario per la crescita (14), ci offre una maggiore flessibilità nei parametri che possiamo usare nell’allenamento per l’ipertrofia.
Ma una maggiore flessibilità può avere un prezzo da pagare. Molti critici spesso citano un maggior rischio di infortunio e la possibilità del superallenamento (19, 39), ma queste sono motivazioni meramente teoriche senza dati concreti a loro sostegno. Stone et al (39) hanno suggerito che i rischi associati ad un allenamento costante a cedimento includono la sindrome da superallenamento e che micro traumi ripetitivi possono risultare in infortuni da logoramento. Uno studio di Nimmons et al (40) è stato citato per sostenere la tesi di un ridotto adattamento nella forza e nella potenza (39), ma i dati dello studio, sebbene manchino delle misurazioni precise utilizzate negli studi moderni, non mostrano svantaggi da un punto di vista dell’ipertrofia. Altri suggeriscono che le risposte ormonali attenuate compromettono i successivi adattamenti all’allenamento (18, 41), ma affidarsi alle fluttuazioni ormonali acute per prevedere variazioni della massa muscolare non è un’argomentazione valida (22, 23). Tali argomentazioni sono insufficienti perché pongono troppa enfasi sul ruolo del cedimento nell’allenamento senza considerare il ruolo e la corretta programmazione di altri parametri di allenamento. C’è davvero una combinazione dei parametri di allenamento (frequenza, intensità, etc.) che può essere creata per usare il cedimento con successo in un programma di allenamento?
L’uso frequente del cedimento negli studi mette in evidenza, come minimo, la sua fattibilità (1-4, 7, 8, 13, 14), sebbene eventi avversi e i risultati riportati in molti di questi studi lasciano a desiderare.
Alla fine, l’allenamento a cedimento può aumentare le opzioni nel costruire un programma di allenamento che induca la crescita muscolare, ma potrebbe risultare in una quantità maggiore di lavoro rispetto a quanto sia necessario per un dato adattamento (14). La mia opinione è che data la base puramente teorica sul rischio di infortunio e l’uso documentato ed efficace di questo metodo di allenamento in gran parte della letteratura, è possibile integrare in modo sicuro l’allenamento a cedimento nel tuo programma per l’ipertrofia, ma non aspettarti più guadagni rispetto a quelli per cui ti sei allenato.
Punti salienti
- Studi recenti hanno dimostrato un’ipertrofia paragonabile nell’allenamento a diverse intensità (30-80%-1RM), ritmi (0,5-10 s) e intervalli di recupero quando ci si allena a cedimento.
- Ci sono relativamente pochi confronti diretti sugli effetti dell’allenamento a cedimento sulla crescita muscolare. I dati sulla superiorità dell’allenamento a cedimento sono contrastanti, con alcuni studi che mostrano dei benefici mentre altri mostrano una equivalenza rispetto all’allenamento non a cedimento.
- Le argomentazioni contro l’allenamento a cedimento sono incentrate sull’incremento potenziale del rischio di infortunio, sull’alterazione della risposta ormonale all’allenamento e sulla creazione di un ambiente metabolico che inibisce la crescita. Queste argomentazioni sono in gran parte teoriche e mancano di riscontri oggettivi.
- L’uso del cedimento in un programma di allenamento potrebbe non aumentare il tasso di crescita conseguente all’allenamento, ma consente una maggiore flessibilità nella combinazione dei parametri di allenamento che producono la crescita.
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L’articolo in lingua originale è pubblicato su strengtheory.

dOgborn
Dan Ogborn si è prima laureato in kinesiologia per poi completare la sua carriera accademica con un PhD in scienze mediche, con specializzazione sugli effetti dell'allenamento sulla biologia molecolare. Ha lavorato in un gruppo di ricerca post-dottorato dedicato alla fisiologia muscolare e sta completando gli studi per diventare fisioterapista, oltre ad essere uno strength and conditioning trainer certificato.
Si occupa di ricerca, è uno strength coach, scrive articoli su vari siti su argomenti legati al mondo della forza.

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