Il problema della sovrasemplificazione - Rawtraining
di Gabriel Naspinski
Molte persone, quando scelgono un movimento o un metodo di allenamento da includere nel loro programma, guardano spesso ai loro punti deboli o a quelli che percepiscono come tali. La linea di pensiero è piuttosto semplice e netta: allena ciò che è debole e diventerai forte. Però, non è sempre così semplice.
Considerare solamente i gruppi muscolari o anche le abilità carenti potrebbe non essere sufficiente quando si cerca di capire cosa ostacola la performance. In questo articolo esaminerò un paio di punti di vista per i quali questo aspetto non è semplice come sembra.
Quando ero piuttosto nuovo nel mondo del powerlifting, leggevo molti articoli della Westside sull’allenamento delle parti carenti. Naturalmente, essendo nuovo in questo sport, non avevo necessariamente dei punti deboli. Ero nella stessa barca di molti altri atleti. Tutto era debole ed aveva bisogno di allenamento. Ad ogni modo, io facevo quello che raccomandavano quegli articoli, concentrandomi su tricipiti, catena posteriore, dorsali ed altro. Martellavo solo queste aree. Ho anche cominciato ad attaccarmi ad internet dove molta gente discuteva di questa idea dei punti deboli definendola come “allena ciò in cui fai schifo”. Ciò mi ha portato al nuovo problema di avere a che fare con esercizi estremamente difficili che, però, non hanno necessariamente un transfer su qualcosa. Tutti quelli che sono saltati sul carrozzone dello Zercher squat o dello squat in ginocchio sapranno dove voglio arrivare.
Sono finito per incorrere in un paio di problemi. Essendo così concentrato su alcune zone, ne trascuravo altre, così non mi sono sviluppato nell’insieme in un periodo nel quale avrei dovuto concentrarmi su tutto. Ho anche cominciato a preoccuparmi di cose come gli esercizi di rotazione e ho cominciato a rendere le cose più difficili per riuscire bene nelle alzate competitive. Le cose che facevo possono aver rinforzato determinati distretti muscolari, ma non mi hanno reso migliore nel fare ciò che mi serviva in gara.
Cerca di capire che questo non è un colpo diretto alla programmazione che usavo in quel periodo, ma è piuttosto un colpo diretto alla mia implementazione di quella programmazione. Possiamo rendere gli esercizi più possibile difficili, ma se ciò non soddisfa le necessità del sollevatore o dell’atleta, può tradursi in una perdita di tempo.
Cerchiamo spesso di puntare a un particolare gruppo muscolare quando tentiamo di capire cosa ci impedisce di progredire su un determinato movimento. Martelliamo quel particolare gruppo e torniamo a valutare i progressi nel movimento desiderato, solo per verificare che non c’è alcuna correlazione positiva. E restiamo perplessi cercando di capire cosa è successo.
Mentre avevo lavorato sui tricipiti per migliorare la panca piana, ho sviluppato un punto debole nell’arco di movimento del petto. In molti mi dicevano che ciò era dovuto al fatto che ero diventato più debole nei pettorali e nei deltoidi anteriori. Quindi, applicando l’approccio a compartimenti che stavo usando, ho cominciato a bombardare quei gruppi muscolari con una varietà di esercizi complementari. Tutto ciò non si è mai tradotto in cifre più alte nella mia panca piana. Non erano i muscoli ad essere diventati più deboli, ero diventato debole nell’arco di movimento.
Lasciate che vi spieghi. Io sono un panchista con le braccia corte che tende ad arcuarsi parecchio sia nelle alzate con la maglia che in quelle raw. Infatti, molti di quelli che mi hanno osservato fare la panca hanno scherzato dicendo che, in pratica, il mio arco di movimento è lo stesso di chi fa le board press con 2 o 3 tavolette, nonostante io arrivi a toccare il petto.
Se esaminiamo gli angoli delle articolazioni, io recluto i tricipiti per fare la maggior parte del lavoro, nonostante il bilanciere arrivi a toccare il petto. Non c’è veramente tanto lavoro a livello della spalla a causa del range di movimento e dell’angolazione, ed è per questo motivo che il mio lavoro sui tricipiti non ha funzionato. Mi sono allenato con esercizi a range di movimento limitato (board press, rack lockout) e ho fatto movimenti complementari che non avevano una struttura simile alla distensione su panca che si fa in gara. Mi sono indebolito nell’arco di movimento. Avrei veramente dovuto allenarmi con un maggior numero di movimenti al petto che hanno una struttura simile alla distensione su panca (distensioni su panca con diverse prese) o che ponevano enfasi sulla debolezza nel range di movimento (distensioni con pausa, isometria, distensioni parziali a partire dal petto).
Accadono troppe cose durante il movimento umano per pensare di poter puntare un gruppo muscolare e isolarlo attraverso un lavoro accessorio che risulta differente dal punto di vista biomeccanico o anche biodinamico in funzione del carico. La dimostrazione di forza in che misura dipende dalla posizione del corpo? Bene, prendi in considerazione questo: a pag. 85 di Fundamentals of Special Strength Training, Verkhoshansky afferma quanto segue:
- La pronazione dell’avambraccio diminuisce la forza del braccio in flessione di un terzo.
- Nel sollevamento di un bilanciere, una insignificante flessione delle braccia diminuisce la forza di sollevamento del 40%. La schiena curva diminuisce la forza di sollevamento del 13,3% e inclinare la testa in media del 9%.
Ciò non vuol dire che il lavoro localizzato sia inutile. Questo tipo di lavoro offre grossi benefici a chi inizia ad allenarsi per la forza perché ha la necessità di provocare adattamenti strutturali nella muscolatura che lavora nei movimenti desiderati. È anche utile per gli atleti più avanzati come forma di GPP (General Physical Preparedness – Preparazione Fisica Generale ndt) o come recupero attivo tra sessioni di allenamento intense, a patto che il carico sia stato strutturato in maniera adeguata.
Ad ogni modo, osservando le alzate, è più importante trovare il tratto debole del movimento per ciascuna alzata. Poi bisogna trovare dei sistemi per allenare quel particolare segmento del movimento con esercizi che abbiano una struttura biomeccanica simile a quella delle alzate.
La tecnica trionfa su tutto. Per un lungo periodo di tempo la gente ha letto articoli di un sollevatore in particolare pensando che la particolare tecnica che veniva promossa fosse l’unico modo corretto di sollevare pesi. Partendo da qui individuavano dei punti deboli che pensavano avessero bisogno di lavoro e compartimentalizzavano l’allenamento per sviluppare queste aree. Ma le persone non sono tutte uguali, ci sono diversi tipi di struttura fisica, di posizioni e angolazione delle articolazioni. È importante determinare quale tecnica in particolare è la più adatta per ciascun individuo. Qualcuno potrebbe eseguire lo squat con i piedi più vicini tra loro o con una posizione della testa differente, oppure eseguire la distensione su panca con una presa diversa o lo stacco flettendo o estendendo la schiena in modo diverso. Questi sono aspetti che si adattano all’antropometria di ciascuno.
Osserva le tecniche diverse utilizzate dai vari sollevatori. Konstantin Konstantinovs è uno dei migliori stacchisti di tutti i tempi. Esegue lo stacco con la schiena arcuata. In apparenza quello dovrebbe essere un ostacolo al miglioramento. Alcuni sostenitori della teoria “allenati dove fai schifo” potrebbero provare a dire che questa postura è causata da qualche gruppo muscolare carente e affermare “pensa cosa riuscirebbe a fare correggendo questo aspetto!”. Un altro esempio è Steve Goggings. Il suo squat è in qualche modo inclinato ma ciò non sembra danneggiare la sua capacità di arrivare a dei numeri da record.
Se un atleta utilizza una tecnica non ortodossa dal punto di vista ortopedico, potrebbe essere nel suo interesse correggerla. Per esempio, un sollevatore potrebbe avere un gran tendenza al ginocchio valgo nell’esecuzione dello squat e rischiare di incorrere in infortuni. In questo caso degli esercizi correttivi combinati con del lavoro tecnico possono essere usati per correggere questo aspetto e ridurre il rischio di infortunio. Ad ogni modo, quando si parla di tecnica, bisogna ricordare che ognuno di noi è diverso. A causa di ciò, è importante lavorare sui punti di forza di ciascun particolare individuo, a patto che ciò venga fatto in modo da non risultare pericoloso.
Prova a pensarci in questo modo: in uno sport di squadra come il football, abbiamo molti tipi di attacco. Per far sì che i piani di gioco funzionino, è necessario che determinati tipi di giocatore rivestano i ruoli di ciascuna posizione. Una squadra che esegue un attacco di tipo “smash mouth” avrà dei giocatori con caratteristiche di abilità/forza diverse rispetto ad una squadra che si concentra su un tipo di attacco basato sui passaggi. Sarebbe quantomeno stupido cercare di “correggere” le debolezze del primo gruppo di giocatori per farli entrare nel profilo di quelli del secondo gruppo.
Vediamo spesso questo problema quando uno staff di allenatori viene assegnato ad un programma nel quale ci sono gli atleti del team di allenatori precedente. Solitamente la produttività rimane bassa per circa uno o due anni perché i giocatori non sono adatti al profilo dell’attacco. È come un sollevatore che rende bene con la posizione dei piedi leggermente più larga e il bilanciere basso sulla schiena, cercare di “correggere” la tecnica adottando una posizione più stretta e posizionando il bilanciere più in alto. Se questo stile non è adatto alla sua antropometria e ai suoi punti di forza, potrebbe essere una perdita di tempo.
Dimostrare forza in un dato movimento non è una questione semplice che può essere corretta con un paio di serie per pompare un particolare gruppo muscolare. È necessario adottare un approccio analitico che prenda in considerazione gli angoli delle articolazioni, il range di movimento, l’antropometria e gli aspetti individuali che possono inibire l’abilità di esercitare forza. Non è semplice come eseguire un movimento complesso. Per poter correggere i problemi in un movimento, il sollevatore deve capire dove e perché ha fallito e che questo fallimento potrebbe non essere in relazione ad un singolo gruppo muscolare.
References
Verkhoshansky YV (1977) “Fundamentals of Special Strength Training”. Moscow: Fizkultura i Sport.

GabrielNaspins
Gabriel Naspinski ricopre attualmente il ruolo di Strength and Conditioning Coach presso la Hillsborough High School a Tampa in Florida nel distretto scolastico della Hillsborough County. Oltre a svolgere il suo ruolo di coordinatore nei test, è anche responsabile della preparazione fisica della squadra di football della Hillsborough High School. In precedenza è stato Strength and Conditioning Coach sia presso la George Mason University che presso la American University e ha lavorato come stagista presso la University of Pittsburgh e presso la Robert Morris University. Ha lavorato anche nel settore privato presso la Parisi Speed School nel New Jersey. Naspinski ha raggiunto livelli di elite nel powerlifting nella classe 242 lb. È disponibile per consulenze all'indirizzo PhysicalPreparationGN@gmail.com. Per maggiori informazioni potete visitare il suo sito web all'indirizzo www.trainingwithpurposegn.com.
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