Bravi o Forti? - Rawtraining
di Gabriele Rossi
A chiacchiere è un po’ più complicato: quando hai una persona davanti hai mille interruzioni e i dubbi della controparte spesso sono inattesi e pure pertinenti… Scrivendo invece non rischio interruzioni e posso provare a plagiarvi come più mi aggrada. Voglio però pagare pegno in anticipo così leggerete l’articolo con occhio un pochino più critico. Dal titolo già si capisce dove voglio andare a parare. Bravi o forti? Ovvio: bravi! Perciò sostenitori dei forti, state ben attenti agli errori di ortografia, culturali e logici, perché io ci credo a questa cosa e quando entro in palestra, per me o per gli altri, mi ci dedico con passione.
Primi passi
Un bambino quando muove i primi passi è diventato abbastanza bravo da camminare o abbastanza forte da camminare?
Faccio sempre questo esempio quando una persona storce il naso al miscuglio del concetto di bravo e/o forte.
Chi ha avuto un bambino per casa e lo ha accompagnato nel suo primo passo è stato lì a pensare come fargli sviluppare la forza o a come farlo camminare meglio? Ricordo che stiamo parlando di una facoltà che è insita nella nostra genetica: nasciamo per camminare, prima o poi un bambino cammina per forza. Ma è proprio sul prima che noi lavoriamo. Come facciamo ad accelerare il suo percorso? Togliamo gli ostacoli se gli danno fastidio, lo sorreggiamo con le bretelle se tende a buttarsi in avanti, gli porgiamo un dito o un mestolo se gli manca la sicurezza, liberiamo una parete se nel suo percorso ha bisogno di un sostegno. Di certo non ci mettiamo a fargli fare la leg press. Ciò non significa che la forza non serva, semplicemente è una componente che va di pari passo alla bravura: è un binario, ma è il binario speculare non quello originario. Quando muove i primi passi il bambino è sia bravo che forte, non è carente in nessuna delle due componenti.
Torniamo subito al discorso ghisa finché c’è ancora il bimbo nella nostra mente. Alla domanda: “quanto sei forte in panca?” una risposta può essere: “ho un massimale di 130kg” oppure “con 100kg do 6 colpi”. Ecco queste sono le stesse identiche risposte che dovremmo dare alla domanda “quanto sei bravo in panca?”. Non ragionate in termini relativi, non paragonatevi agli altri perché poi di componenti ce ne sono tante, molte delle quali sono invisibili e molte di quelle invisibili se le conosceste vi tornerebbero contro come un boomerang nel vostro scetticismo. Perciò ragionate in termini assoluti: voi e il bilanciere.
Quanto sei bravo? 130kg!
Il carico che riuscite a gestire indica la vostra bravura.
Il carico che riuscite a gestire è il giudizio della vostra bravura.
Non un numero da 1 a 10 ma un numero aperto espresso in chilogrammi.
La strada più veloce o quella più breve?
Anche questo è sempre stato un mio modo di ragionare: trovare i pro e i contro nelle mie scelte, accettare che i contro non ci sarebbero se prendessi un’altra strada ma fare la mia scelta per ottenere quei pro. Come con i navigatori stradali: molto spesso ci si trova a dover scegliere oltre alla destinazione, la funzione strada veloce o strada più breve. Posso scegliere quella tutte curve con probabile scanata, ma con una bella panoramica sulla natura, più breve di una decina di chilometri, senza pedaggio e che mi fa risparmiare benzina, oppure posso prendere l’autostrada, che è più veloce perché posso andare fino a 130 e quindi quei 10km in più me li riguadagno…però è un po’ più cara. Anche in palestra ci si può porre gli stessi dubbi: fare guadagni rapidi adesso per poi arrivare ad un punto morto successivamente oppure partire diesel ora per poi prendere sempre più velocità. Puntare all’essere bravo è sicuramente un ottimo investimento poiché la tecnica limita moltissimo la crescita dei carichi, non solo perché è la strada più lontana dagli infortuni (e ogni volta che ti fai male come minimo ti devi fermare se non fare qualche passo indietro) ma proprio perché i miei 130kg di massimale sono il giudizio di quanto sono bravo. Attenzione però a non pensare che questo sia un concetto assoluto applicabile all’inizio e poi mai più. No, essendo un binario accoppiato alla forza stiamo parlando di una qualità che va sudata e consolidata, dopo di che va giudicata. Quando viene giudicata di solito si fa un passo indietro e si cerca di perfezionarla. Un piccolo inciso sulla perfezione: la perfezione è irraggiungibile ma ciò non la rende impossibile da utilizzare come punto di riferimento per i nostri obiettivi. Più ti ci avvicini più sei bravo, più sei bravo più sollevi. Ogni volta si ha la possibilità di toglierci un difetto e sgrezzandoci diveniamo sempre più curati nel gesto, i nuovi accorgimenti saranno sempre più piccoli da percepire ma nello stesso tempo raggiungeremo una percezione e una sensibilità maggiore di ciò che vogliamo fare.
Adesso però basta di filosofeggiare, torniamo terra a terra o meglio ghisa a ghisa e vediamo di arrivare al nocciolo.
Un atleta che vale 90kg di squat, arriverà prima ai 150 eliminando i suoi 3 difetti maggiori piuttosto che sputare sangue sui carichi che sa già fare (attenzione che anche togliere i difetti significa doversi fare un discreto culo di impegno e di polmoni). La cosa incredibile però è che questa è la strada più breve e allo stesso tempo più veloce!!!
Sorprendentemente -confesso che non me l’aspettavo-, la scelta della ricerca della bravura non solo porta ad incrementi costanti e duraturi ma anche ad IMMEDIATI benefici.
Come può accadere questo? Semplicemente gli atleti che si confrontano con altri sport in cui i pesi non vengono impiegati direttamente nella prestazione, hanno sùbito percepito un migliore coordinamento intermuscolare: saltano usando tutta la coscia, spingono inclinando la schiena nell’angolazione più utile, diventano padroni della manovra di Valsalva anche in condizioni non prese in esame durante le sedute in palestra. Perciò anche se il reclutamento motorio non si è ampliato, anche se il firing gira nello stesso modo, l’atleta diventa più bravo nel proprio sport (ancor prima che con il bilanciere) e all’apparenza (realtà) esterna è già di fatto più forte.
Si può anche fare uno Sheiko fregandosene della tecnica, ma col cavolo che hai miglioramenti immediati, oppure, peggio ancora, puoi anche tirarla a tutta e far vedere quanto sei forte ad ogni allenamento, finire la seduta distrutto, il giorno dopo stare ancora peggio e sperare che prima o poi lo stallo vada a infettare qualcuno con meno grinta e che non sa urlare come Conan sotto il bilanciere.
Ragionare in termini di bravura, per la mia esperienza, rende subito già più forti, non fosse altro che per la miglior postura e per la prevenzione agli infortuni.
No schesa, sì party!
Vediamo di svelare l’arcano e riveliamo qual è questa fantastica scheda che viaggia sui binari di forza e bravura: nessuna!
Esatto nessuna scheda, nessun mesociclo in particolare. Questo approccio nasce da un esigenza ben precisa. Premetto che i ragazzi, che hanno sùbito trovato giovamento da questi allenamenti, sono giocatori di rugby. Ora non so se si abbia la percezione di ciò che accade in una partita di rugby: l’infortunio è dietro l’angolo, i volti sono sempre graffiati e con ematomi, ci si fa male anche solo per placcare figuriamoci ad essere placcati, le spalle sono quasi sempre massacrate (questo dipende anche da una scorretta esecuzione degli esercizi di spinta), così come le cosce (anche questo però è in parte colpa di squilibri fra catena cinetica posteriore ed anteriore e fra adduttori ed abduttori), le schiene subiscono di tutto, le ernie si sprecano perché si spinge sempre e comunque, non importa se la colonna si trova nella posizione ideale per poterlo fare, la maul va portata avanti….almeno 5 metri, in un turbinio di eventi traumatici che rendono più costanti in palestra coloro che poi alla fine giocano di meno…
Ecco in queste condizioni provateci voi a proporre un ciclo russo: al 6×4 (seconda settimana) dovete già trovare una soluzione perché la spinta orizzontale la si può fare solo con la sinistra e i doms della partita impediscono di fare lo squat secondo tabella.
Perciò via le schede preconfezionate e troviamo un altro modo per divertirci in palestra.
Si scelgono solo gli esercizi e si ne fanno da 1 a 4 per seduta allenante. Molto dipende dal tempo: chi può stare solo un’ora di certo non ne fa 4 ma spesso nemmeno 3. Chi è alla prima settimana di palestra con me, ma a volte anche alla seconda, fa 1 esercizio o al massimo 2. Poi ci sono quelli bravi che vogliono di più e allora fanno anche il lavoro supplementare, ma questo cambia poco il concetto di allenamento che propongo loro.
Scelto l’esercizio si ripassano i concetti che voglio espressi nell’allenamento, in generale e nello specifico (conosco chi ho davanti, conosco le loro debolezze/difetti e ci martello), si comincia con un carico facile, abbordabile, sciocco. Li lascio riflettere sulla loro prima serie, dalla seconda, per ogni ripetizione, avranno un suggerimento che dovranno metter in pratica o almeno provarci: non importa che il difetto scompaia, è importante che almeno si attenui; è permesso anche che nel tentativo di eliminare quell’errore se ne possa commettere uno nuovo, ma non è consentito commettere due volte lo stesso errore come se non avessero avuto alcun input. Occorre raggiungere la coscienza della propria esecuzione. Le loro sensazioni devono con il tempo corrispondere a ciò che io vedo e interpreto guardando i loro movimenti.
Alziamo così il carico di serie in serie finché non si raggiunge un carico sfidante. Il carico sfidante è quel carico che si riesce a gestire discretamente (parlo soprattutto di bravura) ma solo se si è concentrati. Di solito quando si raggiunge questo carico si è già fatto un discreto volume. A questo punto facciamo un po’ di serie valutando la concentrazione dell’atleta (anche qui è indispensabile conoscerli e aver fatto qualche prova). Alcuni dopo poco raggiungono una maggior padronanza nel movimento e allora si può anche osare e rialzare il peso, magari abbassando le ripetizioni per serie, altri invece scoppiano prima di fare un volume decente e allora si tolgono 5-10kg però adesso dovranno fare un po’ più di volume. Non ci sono regole predefinite sull’intensità. Non si fa per forza più dell’altra volta, se la giornata è buona proviamo qualcosa in più, altrimenti stiamo fin dove possiamo gestire tutto il carico di lavoro (e per tutto il carico di lavoro occorre anche ricordarsi che magari fra un’ora devono iniziare a correre in campo e che la prossima domenica si rigioca).
La percezione può essere che vengano proposte sedute ad istinto, in realtà non è così: per ogni livello c’è un flowchart abbastanza complesso ma con principi semplicissimi da applicare. Ma non è questo l’importante, vi assicuro che la differenza non sta nel fare un 8×3 all’80% o un 5×5 al 72,5%, questo è fortemente secondario. L’imperativo è concentrarsi su ogni ripetizione sforzandosi attivamente sul miglioramento e non macinare rip su rip…ora provo a spiegarlo meglio.
Efficacia ed Efficienza
Ok il tempo è limitato, ma perché ad ogni seduta a volte far eseguire solo 2-3 esercizi(dipende comunque dalla frequenza con cui si allena l’atleta)? Perché c’è una risorsa che si consuma molto in questo genere di allenamenti ed è la concentrazione. Non si spiega semplicemente un esercizio, non si dà un occhio alla prima serie e poi si mette il pilota automatico, no: ci si impegna ad ogni serie, ad ogni ripetizione, e a volte ad ogni parte di ripetizione. Fare tutto questo addirittura per più esercizi fulmina il cervello, perciò come contropartita rilassante ne eseguiamo appunto 2 o 3.
E qui nasce un altro problema. Nonostante le leggende sulla confusione muscolare, l’adattamento è specifico anzi secondo me è pure specificissimo. Quelli che vengono chiamati “transfer” non sono altro che collegamenti metabolici, fisiologici o meccanici a ciò che stiamo veramente adattando. Il bello è che questi collegamenti non dovrebbero essere visivamente rappresentati come corde ma come elastici. Mi spiego meglio. Immaginate che lo squat abbia un transfer nel salto (questo in realtà è un discorso lunghissimo perciò accettate la semplificazione e se nelle mie elucubrazioni mi spiego male, prendetela così: migliorare la forza è lavorare sul reclutamento questo è l’unico transfer universale). Nello schema mentale mettiamo in alto lo squat e in basso il salto, leghiamoli assieme con una corda: più tiriamo in alto lo squat più il salto, trainato in alto, migliora di conseguenza. Sarebbe bello che fosse così, ma ciò che li lega in realtà è più simile ad un elastico che ad una corda (scusate la semplificazione, so benissimo che ci sono anche altre componenti). Riproponendo il nuovo modello con l’elastico al posto della corda, lo squat va su ad una velocità maggiore rispetto al salto, pur trainandolo lo stesso verso l’alto.
Posto questo problema sono obbligato a fare una scelta oculata sugli esercizi da utilizzare. Ragazzi, sarà deformazione, pregiudizio, quello che vi pare, ma nella mia esperienza se devo cercare efficacia ed efficienza prendo squat, panca, stacco, military e trazioni. Perché efficacia ed efficienza? Perché poi nel campo io non ho un bilanciere o un rack e ciò che faccio in palestra mi deve diventare utile in campo. Come?
- cercando l’efficacia del gesto: tornando all’elastico, l’efficacia indica quanto lo tiro verso l’alto cioè in assoluto quanto mi migliora l’atleta
- cercando l’efficienza: sempre sull’elastico, lo irrobustisco cercando di farlo diventare un po’ più rigido e di trascinare il più rapidamente possibile tutti i gesti che possono essermi utili poi sulla pratica.
I 5 esercizi che ho citato sono il miglior compromesso fra efficacia ed efficienza che esiste in circolazione: mi fanno diventare più forte abbastanza rapidamente e questa forza è potenzialmente trasferibile in molti ambiti.
Ne volete uno più efficace? Lo strappo, il punto però è che ha un’efficienza bassa perché occorre una dedizione maggiore per ottenere qualche miglioramento solo nel lungo termine.
Ne volete uno più efficiente? Il box jump, però è poco efficace perché se lo si abbandona anche solo una settimana si perde molto di ciò che si è guadagnato e in ogni caso non porta mai l’atleta oltre un certo livello.
Però attenzione a non limitarsi alla sola scelta degli esercizi: come ho detto prima lavorare sulla forza per avere transfer prevede il miglioramento del reclutamento motorio. Non stiamo parlando di una risorsa energetica, non bisogna esaurire nulla, bisogna imparare invece a impartire l’ordine giusto al proprio corpo. Questo lo si riesce a fare solo se curiamo la nostra bravura e non se spariamo il massimo carico malamente gestibile ad una velocità da moviola.
Uno, due, tre… quattro
Siete entrati in palestra? Siete pronti a voler diventare più bravi? Ok, partiamo dal primo esercizio e martelliamolo finché non vi sono entrate dentro poche regoline che però influenzeranno tutto quanto. Prendeteli come dei principi, le cose a cui bisogna stare attenti sono molto più numerose ovvio, però tutto il resto rientra in due categorie minori: o non mi interessano all’inizio (avremo tempo per il labor limae), o sono una conseguenza della regola principale perciò se fate già i compitini anche ciò che ne consegue viene bene.
Nel fare un multiarticolare le difficoltà sono già intrinsecamente molte:
- in caso di dolorini post partita, questi compariranno in misura maggiore se si coinvolgono più muscoli
- il carico è sempre decentemente stressante per il SN (perciò stay tuned)
- avere uno che ti parla nelle orecchie non è piacevolissimo (ma è utile)
- sforzarsi di fare quello che ti dice chi ti parla nelle orecchie mentre il bilanciere fa su e giù è di certo stressante
…allora metto solo 3 regole per esercizio. Perché 3? Perché è un numero abbastanza facile da tenere a mente, fra due e tre c’è poca differenza, ho notato invece che 4 alza di molto la difficoltà di concentrazione.
Tutti gli esercizi hanno delle regole. Qui per avere un’idea ne faccio una lista relativa ai 5 esercizi citati prima
Panca piana:
- le scapole devono stare strette e basse
- il bilanciere deve percorrere il tragitto più breve (verticale e non verso la faccia)
- si devono muovere solo gli omeri: non si muovono le gambe, non si muove la testa non si muovono le clavicole
Stacco:
- la schiena va tenuta iperestesissima
- il bilanciere deve stare sempre il più vicino possibile
- non si deve tirare, ma si deve spingere: prima con i piedi, poi con i piedi e il bacino
Trazioni:
- si deve eseguire il movimento fino ad impedimento: da braccia distesa alla barra al petto
- le scapole devono stare strette e basse (la panca farà causa per il copyright)
- il busto e le gambe devono stare rigide
Military:
- i glutei e le cosce devono rimanere in contrazione isometrica
- si deve portare il bilanciere nel punto più alto possibile
- si deve stare sempre con più massa corporea possibile sotto al bilanciere
Per lo squat purtroppo ho dovuto fare un eccezione…3 regole non bastavano e ho dovuto mettercene una quarta. Ho provato a usarne solo 3 fra le 4 possibili alternative, ho provato tutte le combinazioni, ma il risultato non era soddisfacente ed anche se 4 sono percepite come troppe, ho preferito prendere questa strada.
Squat:
- si deve scendere sotto al parallelo
- si deve tenere il peso sui talloni
- la schiena va tenuta iperestesa (lo stacco farà causa per plagio)
- si deve spingere le ginocchia verso l’esterno
Mantra
Imparare un movimento è allenamento per la forza. Tutto il resto deve essere ignorato o meglio disimparato, perché fare forza spingendo “a tutta” non è un’alternativa da prendere minimamente in considerazione. A tutti gli effetti, stiamo parlando di un altro modo di allenarsi: fare di più, non importa se poi si arriva anche a fare troppo….anzi è pure meglio.
Si determina un’intensità e si fanno più ripetizioni possibili spesso condite da urla di incitamento stile Rocky.
Oppure (e già questo è un sistema più fine) si sceglie un numero di ripetizioni predefinito e si cerca l’intensità limite che permette di effettuare tutte quelle ripetizioni ma non una di più.
Poi ci sono gli approcci a tempo (jump set, cluster, densificazioni) e quelli a spazio (Jrep, parziali, forzate, supercheating).
Non importa se non c’è più benzina nel serbatoio, si continua a girare la chiave della macchina esaurendo pure la batteria. Perché è questo che si fa andando al limite ogni volta: si esaurisce il sistema nervoso.
Però c’è anche un’altra strada: niente Ercole, niente eroe, solo miglioramento. Quello che prima è un lieve sbilanciamento in avanti ora è un equilibrio migliore, quelle ripetizioni diverse l’una dall’altra ora stanno diventando sempre più uguali, quella risalita lenta si sta trasformando in fucilata.
Nella palestra, ora da me gestita, non mancano certo quelli che, in piena liberta, scelgono di non seguire ciò che consiglio di fare (per la verità sono in diminuzione): però nella panca sono sempre lì, sempre gli stessi carichi, sempre lo stesso rimbalzo al petto, sempre con il culo sparato su e i polsi che si muovono come bisce. Non dico che non miglioreranno anche loro con quel approccio, però hanno scelto il metodo più lento.
A proposito di lentezza, tanto per dare un dato: nell’under18 sono tutti migliorati nei 30 metri (in realtà alcuni sono rimasti al livello di prima ma stiamo parlando di quelli meno costanti negli allenamenti) tranne uno che è peggiorato. Ora i fattori da tenere in considerazione sono sicuramente molti, ma quel ragazzo è l’unico che in palestra la spinge a tutta, è l’unico che il lunedì fa petto e bicipiti, è l’unico che non accetta l’idea di dover abbassare il carico per poter fare un esecuzione a ROM maggiore. Intervenendo su problemi analoghi, l’allenatore prima aveva questa soluzione: “in palestra non fare le gambe che altrimenti diventi troppo lento”. Io ringrazio per l’opportunità di dimostrare che quella affermazione era sbagliata: le gambe semplicemente non dovevano essere allenate in quel modo. Poi vi ripeto che probabilmente ho fatto caso a questa cosa perché sono prevenuto, magari a maggio questo ragazzo dimezzerà i tempi dei 30 metri e io dovrò stare zitto…per il momento registro questo dato e lo prendo come conferma sulla validità del mio metodo.
Certo, ciò che propongo non è niente di originale per chi bazzica in certi ambienti, ma converrete che in palestra trovare un approccio del genere è abbastanza difficile, perciò non è strano che ogni singolo punto citato sopra per ogni esercizio desti una reazione di novità che, assieme al ridotto numero di punti, mi dà una robusta mano a far capire ai ragazzi che devono ignorare la ghisa che sollevano (a quella ci penso io) perché la loro attenzione deve essere dedicata tutta ad essere bravi.
Che piacere vederli adesso parlare durante le pause sui vari tips per fare meglio l’esecuzione e accontentarmi, invece dei vecchi sfottò su chi alzava di più. Immodestamente dico che ho buttato giù delle buone basi… ora posso solo far di peggio.

spike76
Gabriele Rossi, preparatore atletico nel rugby e con singoli in vari sport.
Istruttore FIPL
Tecnico 2° livello FIPCF

Allenarsi con la Tabella di Prilepin28 Marzo 2011
Insegnando il Power Clean 28 Marzo 2011

22 commenti
Lascia un commento
Elimina la risposta
E' necessario registrarsi or effettuare l'accesso per poter lasciare un commento.
Un altro articolo formidabile.
Un punto di vista così semplice ma allo stesso tempo così incompreso in buona parte della preparazione alla forza negli sport di potenza. Bravo e forte.
grazie Ado, troppo buono: le tue parole mi fanno molto piacere
gabriele
Ottimo articolo!! sia nella forma che nei contenuti!!
Ultimamente non mi trovo molto con la 2° regola dello squat, ma probabilmente è un problema mio…anzi a dire il vero anche con la 4°….
per quanto riguarda la 2, mi ha sempre dato problemi concentrarmi sul caricare i talloni, poco alla volta ho trovato maggior beneficio il carcare di distribuire al meglio il peso su tutta la pianta aumentando la stabilità generale. per quanto riguarda invece il punto 4, lo reputo simile alla posizione dei gomiti nella panca, devono stare larghi e aperti ma il fatto che si trovino in questa posizione è relativo al fatto che tutto il blocco spalle/scapole/arco dorsale, si trovi in una posizione per cui semplicemente scendendo i gomiti si aprono in modo naturale senza eccessive forzature, così allo squat le ginocchia andranno verso l esterno per la semplice conseguenza di avere un iperestensione/stance e apertra delle punte ottimale…non so se mi sono spiegato, comunque sono seghe mentali mie, il nocciolo della questione che hai espresso nell articolo è assolutamente condivisibile…
Ciao Panta,
ma guarda che quello che scrivi è giusto però devi tenere in considerazione che le quattro regole per lo squat sono per chi entra per la prima volta nell’ottica che deve far bene l’esercizio e non che ne deve fare tanto.
Entro nello specifico dei due punti da te citati:
punto numero 2- il problema di chi non ha mai fatto uno squat decente è che cerca di usare in tutti i modi il quadricipite e nell’inversione del movimento butta avanti le ginocchia per “vincere” il parallelo di fatto però utilizzando meno muscoli. Con l’aumentare del peso sulle spalle rispetto al peso corporeo è corretto che il centro di massa vada sempre più in avanti. Per quanto riguarda la tua ricerca dell’uso totale della pianta del piede è corretto perciò anche se io visivamente chiedo ai miei atleti di “sentire” il pavimento. La tensione invece per cho è un po’ più avanti con carichi ed esperienza (ma ne ho solo due) chiedo che venga percepita nel collo del piede, ma questi comunque sono atleti che già hanno perfettamente compreso l’importanza dell’essere bravi.
punto numero 4- il motivo è duplice: chiedo un attivazione dei glutei e dal tensore della fascia lata voluta e non casuale, questa per me è una cosa difficile da imparare e come è un “peccato” spostare il peso nella punta del piede, lo è anche spostarlo all’interno del piede (cosa che capita se non tengo in tensione gli abduttori). L’altro motivo è che lo scopo della risalita dello squat è quello di buttare il più velocemente possibile tutte le articolazioni sotto il bilanciere. Ora Se allargo le ginocchia la distanza minima fra le articolazioni (anca e ginocchia) è ridotta e questo aiuta la comprensione motoria dello squat. Perciò su questo sono un po’ meno daccordo perché la mia manifesta volontà di abdurre è abbastanza indipendente agli altri atteggiamenti che descrivi. Che poi uno squat possa essere corretto anche a ginocchia relativamente strette è invece verissimo ma questo non significa che manche la tensione che richiedo.
In ogni caso che poi esistano altre regole da integrare è pacifico…soprattutto nello squat
Grazie mille dei complimenti
Gabriele
gabriele sicuramente è come dici tu! le tue conclusioni e dati che hai ricavato fino ad ora sono frutto di esperienza sul campo su diversi atleti, i miei dubbi sono più che altro derivati dal mio caso specifico e soggettivo che ancora ad oggi devo verificare quanto in realtà sia effettivamente la strada giusta (forse solamente la mia strada…) mi rendo conto che quando si devono preparare atleti non proprio navigati, le linee guida devono essere relativamente poche e valide più o meno per tutti, per le soggettività si aprirà un discorso a parte più avanti nella preparazione credo…
sono pertanto daccordo sul tuo punto di vista..
Ciao Spike, ti faccio i miei complimenti per questo bellissimo articolo e ti ringrazio per come sei riuscito a rendere comprensibile il tuo punto di vista che sempre più velocemente viene condiviso e diffuso.
Credo che i due ostacoli principali, relativamente al miglioramento, siano 1) la non conoscenza del gesto tecnico per la mancanza di un modello definito (e qui c’è chi sta ovviando con un lavoro impagabile) e 2) l’impazienza, l’incapacità di cogliere un cambiamento positivo nel perfezionamento tecnico nonostante il carico non salga (o, come spesso capita nel processo di apprendimento, venga diminuito), in particolare quando non si ha a disposizione un tecnico che, oltre a conoscere, abbia la capacità di saper osservare e mi domando se quest’ultima caratteristica sia allenabile.
@panta: ovvio che la soggettività entra prepotentemente in un multiarticolare anche per un mero discorso di leve, infortuni trascorsi, peso coproreo, propensione (ma il discorso è molto più complesso) ma questo non accetto che entri nel loro modo di ragionare finché non hanno raggiunto almeno lo step 1.
@milio grazie a te per i complimenti. Per quanto riguarda l’aspetto 2 anche io ero un po’ impaurito di come questo potesse influenzare i miei intenti. Ti dico che personalità di spicco all’interno della società non erano daccordo con il mio approccio perché ritenuto lento. Ma i ragazzi invece hanno risposto subito e, anche se per apetti da me non previsti, sono migliorati subito in tutto! Oltre al fatto della loro soddisfazione personale nel riuscira a fare esercizi che per loro credevano essere preclusi. Tranne una persona fra i maggiorenni, ogni atleta pensava di essere negato a fare squat….perché aveva le caviglie poco mobili, i femorali troppo rigidi, una piccola ernia e bla bla bla…invece semplicemente non sapevano farlo
Grazie a Panta è venuta fuori una problematica importante:
anche il consiglio e l’insegnamento tecnico deve essere relazionato al livello dell’atleta.
Ad un livello A stare sul tallone è perfetto. Ad un livello B rischia di essere eccessivamente vincolante alla naturalezza del movimento. La distanza tra il livello A e B non sta tanto nei carichi quanto nel raggiungimento del potenziale. Quanto sono distanti? Tantissimo.
Grazie Spike cercavo un articolo così da tempo!
ottimo articolo, me lo sono letto tutto in un fiato 🙂
Essì, chiaro e chiarificatore. Complimenti Spike.
grazie ragazzi
Ciao Spike , congratulazioni per l’articolo
Riporto qui, una parte della tua risposta a Panta , in quanto riscontro dei fastidi proprio al tensore della fascia lata .
punto numero 4- il motivo è duplice: chiedo un attivazione dei glutei e dal tensore della fascia lata voluta e non casuale, questa per me è una cosa difficile da imparare e come è un “peccato” spostare il peso nella punta del piede, lo è anche spostarlo all’interno del piede (cosa che capita se non tengo in tensione gli abduttori).
Come posso “imparare” ad attivare questo “muscoletto” e/o per meglio dire come devo prepararlo prima di squattare , poichè sto notando che con le circonduzioni delle anche ( interno esterno) , va meglio , è un giusto percorso o sono fuori strada ?
Grazie
ciao Novellino, grazie per i complimenti.
Per quanto riguarda la preparazione alle anche trovo corretto fare esercizi di mobilità prima di qualsiasi esercizio in generale, tu però mi chiedi come preparare all’attivazione uno o più muscoli che è una cosa diversa.
Attivare un gruppo muscolare è un semplice (complicato) comando mentale ma- soprattutto per quanto riguarda i multiarticolari- la concentrazione va tutta effettuata nel movimento.
Per il problema del punto numero 4 dello squat (e non solo di quel punto) consiglio come esercizio propedeutico il Face to wall squat da effettuare prima con un peso in mano, e mano a mano che si riesce (bastano 3 rip consecutive), scalare il peso fino ad effettuare il movimento a mani libere: i due difetti più comuni del fallimento sono il petto che si allontana dal muro e -appunto- le ginocchia che non si allargano abbastanza
Grazie per la celere risposta .
Inserirò anche il FWS nel mio riscaldamento , sperando di poter migliorare .
Ti aggiornerò 😉
spike,
vorrei chiederti cosa ne pensi dei muscleups. Sono molto d’accordo con la tua filosofia e credo che la direzione debba essere quella dell’evoluzione del gesto tecnico (e della mobilita’ aggiungerei) in modo da poter perseguire almeno i power cleans ed i power snatch. Il rugby e’ la mia passione, l’ho giocato per 22 anni.
Vedere che le trazioni siano uno dei tuoi 5 conferma le mie idee in merito allo sviluppo della forza, pero’ io forse ho sconfinato, ovvero non credo neanche nella panca e avrei preferito vedere i dips, penso siano superiori come esercizio di press e con le pullups possono portare ai muscleups. Penso che se avessi trovato, nella mia carriera ormai passata, qualcuno in grado di mostrarmi la strada per arrivarci gliene sarei stato enormemente grato. Ormai ho la convinzione che, dalla vita in su, un paio di anelli siano decisamente meglio della ghisa.
Addirittura mi spingerei tanto da fare i box handstand pushups agli anelli al posto della military…
Con le gambe il discorso si complica, fare i pistol richiede la flessibilita’ che non e’ propria del rugbysta.
haha… so bene l’ostilita’ della dirigenza quando si portano idee a lungo termine…
ciao swarovski,
in poche righe hai affrontato in realtà una marea di temi una parte non toccata per un motivo di percorso didattico (ricordo che quello da me descritto è solo il primo approccio) un’altra parte perché proprio non la condivido e anzi va in conflitto con la filosofia che ho enunciato. Provo ad affrontare alcuni temi in modo sintetico:
– Muscleups: ammetto che alcuni esercizi possono essere semplicemente propedeutici e quindi trasformarsi in qualcosa di più complesso…ma questo è realmente funzionale? Anzi ,dato che la parola è inflazionata, ma questo è realmente utile? Cioè arrivando ad un buon livello di forza nelle trazioni è meglio percorrere la strada che mi porterà ad un esercizio più complesso o incremento l’intensità e/o la capacità di lavoro nel vecchio esercizio? Secondo me semplicemente devo continuare a scegliere la strada più efficace ed efficiente e non è detto che questa corrisponda sempre ad una o all’altra scelta. Nella fattispecie i muscleups sono un esercizio fortemente tassante per le articolazione della spalla e diventa difficile rischiare il benché minimo problema ulteriore in una zona già tartassata. Hai giocato molto a rugby e ti chiedo di riflettere su quante persone in una squadra possono permettersi muscleups sia come forza che come “freschezza articolare” …io per squadra ne conto meno delle dita di una mano.
-Diverso il discorso del powerclean e powersnatch, quì come ho detto il problema è la velocità di apprendimento o meglio la velocità con cui riesco ad accorciare la distanza fra ciò che l’atleta riesce a fare e ciò che l’atleta -come dice Ado- sarebbe potenzialmente in grado di fare. Insomma per essere cinici, con un rugbysta di 27-30 anni non credo che sia un gran investimento far fare gli strappi, però con un under 14 ma anche 16 può avere un suo perché (anche se rischio di ridurre la longevità articolare, ma questo è un altro paio di maniche)
-le trazioni con tutte le sue varianti sono una mia passione (muscleups inclusi), quando un esercizio piace si rischia di abusarne. In questo caso mi sono trovato benissimo con alcuni vantaggi diretti insperati. Il primo saltatore quando ha fatto un “balzo” nella forza delle trazioni lo ha fatto contemporaneamente anche nel balzo delle touche…però questa cosa mi sono ripromesso di studiarla meglio, perché in tutta sincerità non l’ho capita bene neanche io.
-dips: le faccio fare ma le uso come ausiliare/complementare. Il motivo si trova solo ed esclusivamente sulla codificazione della panca. La panca è un esercizio studiato enormemente di più delle parallele (parlo con sovraccarico ovviamente) e questo mi dà un margine di valutazione più ampio per poterla inserire in una programmazione
-box handstand pushups & pistols: devo anche essere pratico, ho due ragazzi che fanno questi esercizi, ma ho la difficoltà di aumentare a mia discrezione l’intensità dell’esercizio e questo fa sì che io li declassi in modo vertiginosissimo.
-anelli: ecco quì sono proprio contrario. L’istabilità è un’altra cosa da quella che voglio fare io in palestra. Fitball, bosu, anelli tutte cose utilissime ma non per aumentare il reclutamento neuro muscolare anzi nella fattispecie potrebbero persino arrivare a limitare certe capacità.
So di non aver risposto a tutto, ho cercato di rimanere in linea con il senso dell’articolo, in ogni caso per qualsiasi chiarimento o scambio di opinioni puoi benissimo contattarmi per e-mail spike_1976@alice.it
C’è un problema in più sulla panca piana, già ripetuto 1000 volte ma visto che la discussione è interessante merita ripetere:
le dip sono meglio ma della panca piana fatta a caso, cioè come la fanno tutti i preparatori o quasi.
La panca piana come immagino bene o male faccia fare spike, cioè quella tecnica, ha un pregio che sormonta di centinaia di km le parallele: il reclutamento delle unità motorie.
Una panca piana qualitativa permette un reclutamento che nessun altro esercizio della parte alta ha. Puoi spingere carichi limite molto velocemente, puoi imprimere la max accelerazione. Sono cose troppo fondamentali.
Capisco anche che la cosa sfugga perchè non si vede MAI fare una panca piana come deve essere fatta. Penso che Spike concordi.
grazie ado per aver ribadito un concetto a me non noto ma semplicemente intuito.
gabriele, il discorso diventa un po’ troppo settoriale, magari continuiamo via email come suggerisci, comunque condivido con te come certe scelte siano dettate da fattori contigenti.
La mia opinione e’ che il saltatore sia migliorato perche’ ha raggiunto un migliore equilibrio corporeo, Dopotutto le trazioni fanno proprio questo, muovono il proprio corpo nello spazio. Qui credo il corpo libero sia superiore ai sovraccarichi.
Come disse woodward, l’archetipo del perfetto rugbysta dovrebbe avere la forza di un ginnasta, la velocita’ di un centometrista e la potenza di un sollevatore di pesi.
La realta’ e’ che solo dalla serie A in su trovi in campo 15 atleti, e li le cose si che diventano complicate, al di sotto qualunque forma di allenamento efficace produrra’ degli incrementi prestazionali complessivi perche’ il livello atletico medio e’ scandaloso.
Ti chiedevo dei muscleup perche’ non li avevo mai considerati durante l’attivita’ agonistica, ma ho accettato la sfida rawer ed arrivarci mi ha gratificato oltre a motivarmi maggiormente nell’allenamento, molto piu’ di quanto non fossi durante le vecchie sedute in palestra.
alberto
Gabriele, ci tenevo a trascriverti la citazione di Sir Clive Woodward.
“Rugby is arguably one of the most demanding of sports as it requires a much wider degree of conditioning than do many other activities. Indeed, given an infinite amount of time and energy, the modern player would train for the flexibility and strength of a gymnast, the power of an Olympic weightlifter, the speed of a sprinter and the aerobic capacity of a swimmer.
“
Si Ado ovvio che cerco di insegnare la panca nel modo più qualitativo possibile con lo scopo del maggior reclutamento motorio…non so se è possibile farlo con le dip, e in ogni caso se lo fosse son sicuro che non saprei da che parte farmi oltra a dare i soliti suggerimenti: attento alla spalla, vai su e giù, aumenta il carico, fai un 3×8. Insomma ne ho una conoscenza da ausiliario e perciò non posso che utilizzarlo come tale. Poi magari fra 20 anni si trova il modo di utilizzare le dip in una maniera maggiormente qualitativa bho, non so.
@swarovsky: ovvio che il saltatore è migliorato anche perché ha migliorato altre qualità/movimenti…solo che cronologicamente ho notato questa cosa con le trazioni e mi ripropongo di fare qualche esperimento per capire meglio
Mi permetto però di dissentire su una tua frase:[i]Qui credo il corpo libero sia superiore ai sovraccarichi[/i]
ecco secondo me qualità diverse si allenano utilizzando mezzi diversi (non sempre) però quello del sovraccarico non è un mezzo così foriero rispetto al corpo libero. Lo stesso movimento fatto bene senza sovraccarico con l’incremento del carico riesce a dare il giudizio del tuo limite. Limite che indica 100mila cose, sincronia, firing, coordinazione intermuscolare, coordinazione intramuscolare, mobilità, capacità energetiche…reclutamento motorio. Con il corpo libero manca il paramentro dell’intensità, manca cioè un giudizio quantitativo. Ok si riesce a vedere chi fa un movimento meglio di un altro…ma di quanto lo fa meglio? L’allenamento che sta facendo sta dando i suoi frutti? Ma di quanto? Ho semplificato in maniera brutale però secondo me anche la preparazione fisica va semplificata di brutto altrimenti si rischia di doverci allenare cumulativamente quanto e come un nuotatore, uno sprinter, un sollevatore di pesi e un ginnasta.
si, forse ho peccato di semplicismo nel riportarti le mie idee, ma fondamentalmente il significato era quello che prima di tutto bisogna avere il pieno controllo del proprio corpo e successivamente come livello avanzato quello delle resistenze esterne. Aggiungere la slitta agli sprint, il giubbotto zavorrato ai balzi, i pesi alle trazioni o agli affondi sulle braccia o gambe che siano, agli squat, ecc, sono sicuramente dei sovraccarichi utili in uno sport come il rugby, perche’ prima di tutto il corpo si muove nel suo insieme, ma sinceramente non vedo la specificita’ di un movimento unidirezionale supino come la panca in nessuna fase di gioco. In teoria non si dovrebbe neanche giocare da terra.
Sul perche’ non fare le trazioni a squadra o la salita alla corda piuttosto che aggiungere peso all’esercizio base sono d’accordo con te che sia una questione di praticita’, misurabilita’ ma anche di preferenze personali. Una delle esperienze rugbystiche piu’ belle che ho avuto e’ stata quella di fare un ritiro in una base militare, gli ostacoli dei percorsi e le varie prove erano molto piu’ motivanti che la palestra piena di attrezzi.
Per inciso non e’ una critica, dall’idea che mi sono fatto penso tu sia un preparatore molto attento e capace, ed e’ proprio per questo che mi sono avventurato in questo scambio di idee con qualcuno capace di argomentare e di illuminare le zone d’ombra delle mie convinzioni.