Il tuo warm-up non deve essere così complicato - Rawtraining
di Jesse Irizarry
Nota sulle fonti: un paio di anni fa ho esaminato per Bret Contreras oltre 70 articoli “peer reviewed” (articoli verificati da esperti, ndt) sul riscaldamento. Lui ha pubblicato le mie note qui sul suo sito. Se ti interessa dare uno sguardo a tutto il materiale che ho dovuto esaminare per arrivare alle conclusioni che condivido in questo articolo, puoi dargli un’occhiata.
Tutte le discussioni sul warm-up (il riscaldamento, ndt) solitamente includono tre argomenti di base:
- Come individuare l’obiettivo del warm-up e quali aspetti stiamo cercando di affrontare e possibilmente migliorare.
- L’utilizzo di tecniche di stretching statico contro lo stretching dinamico.
- Come inserire metodi per incrementare la performance nell’allenamento o nella competizione che seguirà attraverso mezzi quali il potenziamento della post-attivazione (solitamente chiamata PAP – Post Activation Potentiation).
La maggior parte delle raccomandazioni sul warm-up sono basate sulle opinioni dei coach o su prove aneddotiche – entrambe le quali possono andare bene. Ma io ho voluto verificare se esistono la ricerca ha portato prove concrete su quali siano le migliori tecniche, in modo da avere qualcosa di più da condividere che la mia semplice opinione ed esperienza. Ciò non significa che tutte le conclusioni tratte dalla ricerca siano chiare o applicabili agli atleti di élite; le persone sono spesso poco allenate o hanno una storia limitata per quanto riguarda l’allenamento. E, naturalmente, l’anzianità e l’esperienza di allenamento giocano un ruolo enorme su quale siano le tecniche di riscaldamento più appropriate.
Piuttosto che prescrivere una pratica specifica, il mio obiettivo in questo articolo è di fornire una immagine chiara di cosa non debba essere un warm-up utile, secondo la maggior parte della ricerca fatta sull’argomento. Affronterò anche alcuni consigli pratici basati sulla mia esperienza personale di coach, impegnato con esseri umani reali e vivi, con diversi livelli di abilità ed esperienza di allenamento.
1. L’obiettivo alla base del warm-up: forse meno di ciò che pensi
La mentalità del “più e meglio” sta diventando vecchia. Chiariamo subito cosa dovremmo fare quando cerchiamo di scaldarci. L’opinione comune è che il riscaldamento è ciò che dovrebbe cominciare a farti sudare. Questo implica che l’obiettivo sia quello di elevare la temperatura basale, ma sebbene il cominciare a sudare non sia una cattiva idea, potrebbe non essere necessariamente la chiave per una performance migliore. Infatti la ricerca sembra indicare che il riscaldamento focalizzato sui muscoli specifici che verranno usati nelle attività o nell’allenamento della giornata porta ad una performance migliore rispetto al solo innalzamento della temperatura di base (1).
Ma perché vale la pena anche solo parlarne? Principalmente perché la maggior parte delle raccomandazioni sui protocolli di warm-up si concentrano su attività generali rivolte all’aumento della temperatura basale e trascurano i muscoli che verranno usati durante la sessione di allenamento. Questi protocolli includono attività di warm up generali come il salto della corda, la cyclette o il vogatore, seguiti da una sequenza di movimenti per gli arti superiori e inferiori. Queste sequenze sono molto generiche – a volte anche troppo generiche. Naturalmente noi vogliamo un warm-up adeguato, ma non abbiamo bisogno di un affaticamento inutile e non funzionale.
Se sei un powerlifter agonista e il tuo allenamento prevede una sessione di distensione su panca, non hai bisogno di passare troppo tempo con un warm-up generico o lavorando sulla mobilità per la parte bassa del corpo. Non è una cattiva idea incrementare la circolazione nelle gambe, ma ciò non dovrebbe portar via tempo ad un adeguato riscaldamento della muscolatura direttamente coinvolta nella distensione su panca. Passare tempo inutile in warm-up full body può significare tempo ed energia sottratti ad un allenamento più più lungo ed intenso.
Alcuni esperti non saranno d’accordo con me su questo aspetto e sosterranno che non c’è niente di male nel fare una quantità maggiore di riscaldamento, ma se passi nel warm-up più di metà del tempo che hai destinato all’allenamento, allora c’è un problema. Ciò è molto più comune di quanto le persone ammettano. Più forte diventi e più carico specifico devi aggiungere al tuo allenamento. È difficile ottenere il volume di cui hai bisogno quando la tua routine di riscaldamento continua ad allungarsi.
Cosa facciamo con il “core”?
Accade spesso di vedere routine di warm up che comprendono esercizi di riscaldamento o di attivazione dei muscoli del tronco, anche definito “core”. L’idea è che drill specifiche come le plank reclutino un livello maggiore di attività delle unità motorie e ciò ti aiuterà a produrre ed a trasferire le forze in modo più efficiente nel corso dell’allenamento. Questo è un altro concetto ampiamente accettato per il quale non c’è alcuna prova che ne sostenga la validità. Alcuni studi hanno infatti indicato che ogni tipo di warm up generico che porti il bacino a compiere il suo completo range di movimento è sufficiente per attivare in modo adeguato la muscolatura del tronco, o del “core” (1).
Risvolti pratici
Onestamente non ci sono molti risvolti pratici in tutto ciò. Scusatemi se mi sono dilungato senza poi arrivare a una conclusione. I protocolli di warm up dipendono in gran parte dalle abilità e dalla storia di allenamento dell’atleta. Il protocollo dipende anche in parte dal tipo di allenamento fatto dall’atleta. Un giocatore di football o un weightlifter Olimpico avranno bisogno con ogni probabilità di fare dei riscaldamenti globali full body ogni volta che si allenano. Io non ho una vera ricetta da dare basata sulla mia esperienza o sulla ricerca. Non abbiamo ancora trovato la ricetta magica per fare in modo che i nostri corpi lavorino come dei capolavori sinergici e credo che questa sia una cosa importante da sottolineare. Gran parte di ciò che sostengono gli allenatori, sono solamente teorie su cosa potrebbe funzionare per migliorare la performance. Gli allenatori che dispensano questi consigli dovrebbero accertarsi di non ingannare in modo intenzionale o non intenzionale le persone, facendole pensare che ci siano dei fatti a sostegno delle migliori pratiche piuttosto che solo delle teorie.
La verità è che abbiamo bisogno di più ricerche. Non ci sono prove che la maggior parte dei metodi di attivazione degli schemi motori o dei muscoli stessi abbiano benefici sulla performance. Naturalmente ciascuno di noi sa che cosa funziona meglio per il proprio corpo. La durata e i dettagli del warm-up dipenderanno in larga misura dalle necessità e dalla storia di un atleta. Non sto discutendo su questo aspetto. Ma se tu dedichi 20 minuti alla cyclette il giorno in cui devi fare la panca, forse il tuo tempo potrebbe essere impiegato a fare qualcosa di diverso. Se senti la necessità di sudare prima di cominciare l’allenamento, puoi arrivarci abbastanza rapidamente. Ma fai un favore a te stesso e dedica il tuo tempo a protocolli di riscaldamento per la muscolatura specifica che verrà usata quel giorno.
2. Stretching statico contro stretching dinamico – La discussione è accesa
Nessuna delle due posizioni in questa “discussione” è chiara come i suoi sostenitori vorrebbero farti credere. Diamo uno sguardo in profondità ad entrambi i casi.
Chi sostiene il warm-up con lo stretching dinamico di solito sottolinea particolari studi dove i partecipanti hanno mostrato una diminuzione della produzione di potenza a seguito di routine di stretching statico. Infatti, ci sono degli studi che dimostrano tutto ciò. Mi è capitato di vederne alcuni che hanno mostrato come protocolli di stretching statico causino una inibizione neurale ed un aumento nella deformabilità muscolo-tendinea. Ciò porta ad una minor produzione di potenza se paragonata alla performance prima di eseguire il protocollo. Ma come con qualsiasi ricerca citata per sostenere un particolare punto di vista, spesso vengono trascurati i metodi utilizzati.
Molti di questi studi comprendono metodi che sono molto irregolari ed hanno scarse probabilità di essere usati normalmente da qualcuno. Alcuni protocolli includevano il mantenimento di una posizione di stiramento su un particolare gruppo muscolare per oltre 10 minuti – non proprio qualcosa che ci aspettiamo faccia un atleta comune.
L’entità, la durata o gli effetti vengono anch’essi spesso trascurati. Alcuni studi hanno mostrato diminuzioni della performance a seguito di soli 2 minuti di stretching statico mirato (2), ma la maggior parte (se non tutta) la perdita della performance e della produzione di potenza viene completamente annullata da un piccolo periodo di riposo oppure se lo stretching viene seguito da un riscaldamento dinamico o da un movimento sport-specifico (3)(4).
Mentre lo stretching dinamico potrebbe aiutarti a risparmiare il tempo necessario per azzerare il leggero, immediato, ma transitorio effetto dello stretching statico, l’utilizzo dello stretching statico prima dell’allenamento non influirà necessariamente in modo negativo sulla performance. Negli atleti di élite non abituati ad alcun protocollo di stretching statico, introdurlo in un riscaldamento potrebbe in effetti causare un calo della performance, se eseguito abbastanza vicino all’attività stessa. A livello di élite, ogni piccolo cambiamento può potenzialmente influire negativamente sulla performance per quel piccolo sottoinsieme di persone. Questo non vale comunque per la maggioranza degli atleti.
Alcuni atleti esperti hanno praticato per anni qualche forma di stretching statico come parte del loro warm-up. Dir loro di smettere potrebbe essere poco saggio. In questi casi lo stretching statico a qualsiasi livello può aiutare la performance per chi ne è psicologicamente dipendente.
Ma lo stretching quali effetti ha veramente?
Non ho intenzione di addentrarmi troppo in questo ginepraio. I sostenitori dei warm-up dinamici sostengono che il loro protocollo è superiore perché costringe le articolazioni a muoversi in tutto il loro arco di movimento. Il movimento continuo è considerato superiore nel preparare il corpo per l’allenamento e lo sport.
Ma, ripeto, i benefici del riscaldamento sono dovuti in gran parte alla riduzione della rigidità muscolare attraverso l’aumento del calore, piuttosto che al ripristino del range di movimento delle articolazioni rispetto alla situazione di partenza. Sembra che pedalare su una cyclette prima di una sessione di squat abbia gli stessi effetti positivi di un intricato warm-up con stretching dinamico. Con ciò non voglio dire che un atleta non debba mirare al miglioramento del range di movimento delle capsule articolari o migliorare le proprie qualità motorie e dei tessuti, ma un riscaldamento rivolto a tutti questi aspetti non garantisce una miglior performance. Se lo stretching dinamico viene utilizzato per ridurre la rigidità muscolare, non c’è nulla di male. Tuttavia, se l’obiettivo è quello di affrontare problemi legati alla mobilità subito prima dell’allenamento, quando questo non richiede necessariamente maggior mobilità, il tempo potrebbe essere utilizzato in miglior modo facendo altro.
Spesso, scaldarsi con movimenti che imitano l’allenamento che seguirà, può costituire un uso più produttivo del tempo. Ciò ridurrà la rigidità e scalderà la muscolatura, esattamente come nell’allenamento.
Risvolti pratici – Guardare più attentamente le necessità
Piuttosto che etichettare un particolare metodo come superiore in ogni situazione, abbiamo bisogno invece di guardare alle necessità specifiche dell’allenamento. Quale grado di mobilità posizionale e di stabilità è necessario per un allenamento o per un determinato sport? Dovremmo essere tutti d’accordo che ci sono alcuni standard di mobilità che ciascun atleta sano ed efficiente dovrebbe possedere, ma includere un eccessiva mole di lavoro per la mobilità che spinge il range di movimento oltre le richieste di un determinato sport può avere più effetti negativi che positivi, in particolar modo nel caso di atleti di élite altamente specializzati.
I powerlifter che possiedono range di movimento sani non hanno necessariamente bisogno di passare un sacco di tempo a fare stretching, specialmente prima dell’allenamento. Se possiedono una leggera riserva di mobilità che va oltre quanto necessario per eseguire le alzate, hanno soddisfatto le loro necessità. Qualsiasi lavoro specifico che vada oltre tutto ciò, può peggiorare piuttosto che migliorare il recupero, l’intensità dell’allenamento e la performance a lungo termine. Dovrei sottolineare che non ho incluso il lavoro rivolto alla qualità tissutale sotto l’ombrello del lavoro specifico per la mobilità.
A differenza dei powerlifter, i sollevatori olimpici farebbero bene a includere stretching dinamico oppure anche statico come parte della loro routine di warm-up, una volta che i muscoli sono caldi. La necessità di mobilità nel loro sport è di gran lunga superiore e spesso la rigidità che deriva da allenamenti precedenti obbliga a fare sforzi ben precisi per ristabilire le posizioni in specifici gruppi muscolari. Può essere più dannoso per la performance non eseguire lo stretching, anche se questo è causa di affaticamento, purché sia seguito da più movimenti dinamici che simulano l’allenamento del giorno. Molti weightlifter di alto livello mantengono alcune posizioni di stretching statico prima di proseguire con il lavoro di warm-up specifico. Suggerire a questi atleti di non farlo sarebbe una pessima idea.
Io ed i miei atleti abbiamo provato qualsiasi variante di warm-up, con e senza stretching statico. La mia osservazione è che se tu o il tuo atleta avete una dipendenza psicologica da un determinato movimento, non c’è alcuna ragione per eliminarlo. Allo stesso tempo, però, è buona cosa avere una visione d’insieme. Se l’allenamento richiede un gran livello di mobilità (fino ad arrivare alll’ipermobilità in alcuni casi nel weightlifting olimpico), il tempo dedicato a questa attività nel riscaldamento vale l’aumento dell’affaticamento.
Ma se esegui lo stesso warm-up generico per qualsiasi tipo di allenamento e per tutti gli atleti, potresti procurare a te o ai tuoi atleti un disservizio. In particolar modo nel powerlifting o nel sollevamento pesi per la forza in generale, la mia esperienza e l’interpretazione delle ricerche mi ha dimostrato che “meno” equivale sempre a “di più”. È meglio conservare i protocolli completi di pre-hab e mobilità per le fasi dell’allenamento destinate al recupero, piuttosto che nelle fasi pesanti che contemplano un incremento dei sovraccarichi. Aggiungere altri esercizi di preparazione al movimento e presunti protocolli PAP, che vedremo più avanti, spesso risulta in un affaticamento maggiore del necessario e l’allenamento ne soffre (6).
3. Potenziamento post-attivazione – L’unicorno magico
Per qualche strano motivo, ogni allenatore pensa di essere il primo ad imbattersi nell’idea di potenziamento post-attivazione o il primo con una sufficiente comprensione di esso da implementarlo in modo corretto. Io non faccio eccezione, ma il mio ego viene superato solo dalla mia curiosità. E la curiosità è ciò che mi ha messo su questa strada e mi ha portato a leggere quanti più studi seri possibile sull’argomento e imparare più possibile.
Prima definiamo questo. Il potenziamento post-attivazione (post-activation potentiation o PAP, ndt) coinvolge la “fosforilazione delle catene leggere di miosina”, che incrementa “il tasso con cui vengono attivati i cross-bridges muscolari (meccanismo actina-miosina, ndt)” (7). Se sai come spiegare questo intero processo in Italiano dovresti trovarti qui e scrivere questo articolo al mio posto. Ma tienilo per te, voglio sentirmi l’esperto.
Di base il PAP consiste nello svolgere un’attività prima di una prestazione in modo che questa abbia un effetto positivo sulla performance. Ciò può significare una maggior espressione di potenza o decisi incrementi della forza. Il PAP solitamente provoca un aumento della performance attraverso qualche metodo di contrazione muscolare alla “massima intensità o vicino ad essa” (8). Il meccanismo esatto che provoca una contrazione sufficiente non è chiaro sia nella teoria che nella pratica.
La teoria è che il PAP coinvolge una contrazione che richiede un maggior volume di attività delle unità motorie che possono essere usate nell’attività che segue. Il PAP dovrebbe fornire una memoria a breve termine della maggiore attività per le proprietà contrattili del muscolo che potrebbero essere utilizzate immediatamente per il compito che segue (7). In altre parole, saresti in grado di funzionare ad un volume più elevato in seguito allo stimolo usato per il PAP. Il problema è che questa teoria è stata confermata negli animali ma non nell’uomo, secondo la maggior parte delle ricerche, e le linee guida su come strutturarlo sono decisamente poco chiare (6).
I Problemi
Il primo problema dell’utilizzo del PAP è che sia i ricercatori che gli allenatori non sono sicuri su quali metodi incrementino la performance. Alcuni ricercatori hanno osservato un aumento della performance nelle abilità di sprint e salto quando i partecipanti usavano movimenti con bilancieri o manubri pesanti che simulavano quei movimenti (8). Ma ciò non è veramente applicabile all’atleta di forza che ha come obiettivo l’incremento della performance negli stessi movimenti con sovraccarico pesante. Sollevare un peso pesante prima di sollevarne un altro pesante non è una forma di PAP, è solo riscaldamento. La tipologia, intensità e volume necessari per ottenere i benefici del PAP non sono chiari, specialmente negli sport di forza.
In un altro studio, i ricercatori hanno provato a determinare l’efficacia dell’uso di mazze pesanti per incrementare la successiva produzione di potenza da parte di giocatori di baseball. Hanno scoperto che usare una mazza pesante prima di una normale ha in effetti aumentato l’espressione di potenza, ma solo fino ad un certo punto. Hanno anche scoperto che mazze eccessivamente pesanti non miglioravano la performance quanto le mazze che risultavano solo leggermente più pesanti di quelle standard (9).
Sebbene sia una forzatura applicare l’esempio dell’uso del PAP nel baseball al powerlifting o al weightlifting, fa venire in mente metodi PAP diffusi e sesso accettati nell’ambiente della forza. Staccare il bilanciere dagli appoggi (il cosiddetto walkout, ndt) con un carico sovramassimale subito prima di uno squat pesante o di un tentativo di massimale è un esempio tipico di questa cosa, ma devo ancora vedere qualche solida linea guida su quanto pesante tutto ciò debba essere o per quanto tempo il peso debba essere mantenuto. Certo, potresti trarre un enorme vantaggio psicologico dal realizzare quanto leggero sembra il tuo squat rispetto al peso del walkout, ma non ci sono dati che mostrino quale carico provochi un affaticamento eccessivo e quale invece abbia il potenziale di portare un immediato miglioramento della performance.
Il secondo problema nell’uso del PAP è quanto tempo durino gli effetti positivi. Gli studi mostrano che qualsiasi effetto positivo si azzera nell’arco di 5-7 minuti (7). Dunque per vedere dei reali benefici dal PAP, dovresti far seguire la contrazione PAP immediatamente dall’attività che stai cercando di migliorare. Questo non è ciò che fa la maggior parte delle persone che dice di usare PAP. Coach e atleti eseguono una qualche forma di PAP ma impiegano fin troppo tempo nelle serie di avvicinamento prima di arrivare alla serie pesante o al tentativo di massimale. Nel momento in cui provano l’alzata che avevano intenzione di migliorare col PAP, la breve finestra temporale è già passata. Qualsiasi beneficio è strettamente psicologico a quel punto.
Questioni di utilizzo pratico
Quando si discute l’uso pratico del PAP, ho sentito molti coach menzionare protocolli che comprendono salti con sovraccarico o carichi sovramassimali; questi coach fanno però raccomandazioni strettamente basate su evidenze aneddotiche.
Non ci sono problemi se il coach si è preso il tempo di misurare accuratamente i risultati di diversi protocolli con ampi gruppi di atleti, ma è troppo lavoro per la maggior parte delle persone.
Se un salto con sovraccarico, un walkout o uno squat assistito con gli elastici aiutano un atleta a ottenere un PR, il peso, l’intensità e la durata di salto, walkout o squat con gli elastici dovrebbero essere registrati e testati nuovamente. Ho sentito persone sostenere che il PAP ha migliorato la performance per intere sessioni di allenamento o competizioni. Questo non può semplicemente essere vero. Gli effetti durano troppo poco. Il coach o l’atleta può aver trovato un modo più efficace per scaldarsi, ma probabilmente non si tratta di PAP.
Il mio uso pratico
Ho sperimentato praticamente ogni tipo di warm-up e PAP, sia personalmente che con i miei atleti.
L’unico metodo di PAP che ho visto incrementare in modo continuativo la performance è una variazione del french contrast method. Il metodo comprende un’alzata multiarticolare per 1-3 ripetizioni al 80-95% 1RM seguita da 3-5 ripetizioni di una qualche forma di pliometria o salto. L’idea è quella di far ruotare i due esercizi per più serie.
Sebbene io abbia visto usare questa combinazione con successo, non sono d’accordo con chi sostiene che possa migliorare lo squat di un atleta di 25 kg. Non ho nemmeno visto un incremento immediato del 1RM quando si testa un atleta allenato. Il miglioramento pare provenire solo da un uso prolungato del metodo. Ma come per l’uso di altri metodi (ad esempio il walkout), è un buon sistema per togliere la stagnazione dall’allenamento e dare ad un atleta uno stimolo psicologico per la durata della sessione o del ciclo di allenamento.
La deludente conclusione
Ancora una volta il mio obiettivo nello scrivere questo articolo non è di condividere con voi quella che penso sia la miglior routine di riscaldamento, ma piuttosto di spiegare che la maggior parte delle pratiche che vengono accettate come dei dati di fatto sono ancora solamente delle teorie. La stessa cosa accade per la maggior parte degli aspetti sui quali coach e allenatori si scannano tra loro.
Riferimenti:
- Sander A., Keiner M., Schlumberger A., Wirth K., Schmidtbleicher D. Effects Of Functional Exercises In The Warm-Up On Sprint Performances. J Strength Cond Res 27(4): 995-1001, 2013
- Young W.B., Behm D.G. Should Static Stretching Be Used During a Warm-Up for Strength and Power Activities? Strength and Conditioning Journal Volume 24, Number 6, pages 33-37, 2002
- Taylor L., Sheppard J.M., Lee H., Plummerb N. Negative Effect of Static Stretching Restored When Combined With A Sport Specific Warm-Up Component. Published Journal of Science and Medicine in Sport 12 (2009) 657-661
- Young W.B.The Use of Static Stretching in Warm-Up for Training and Competition. Published International Journal of Sports Physiology and Performance, 2007;2:212-216
- Brandenburg J., Pitney W.A., Luebbers P.E., Veera A., Czajka A.Time Course of Changes in Vertical Jumping Ability After Static Stretching. J Sports Physiology and Performance, 2007;2:170-181.
- Tomaras E.K., MacIntosh B.R. Less is more: standard warm-up causes fatigue and less warm-up permits greater cycling power output. Published J Appl Physiol 111: 228-235, 2011.
- MacIntosh B.R., Robillard M., Tomaras E.K. Should postactivation potentiation be the goal of your warm-up? Published Appl. Physiol. Nutr. Metab. 37: 546-550 (2012) doi:10.1139/H2012-016
- Chattong C., Brown L.E., Coburn J.W., Noffal G.J. Effect of A Dynamic Loaded Warm-Up on Vertical Jump Performance. Published September 20010 in the Journal of Strength and Conditioning Research 34(7), 1751-1754
- DeRenne C., Ho K.W., Hetzler R.K., X D. Effects of Warm Up With Various Weighted Implements on Baseball Swing Velocity. Published J. Appl. Sports. Sci. Res. 1992, 6 (4): 11, 214-218.
L’articolo originale è stato pubblicato su www.strongerbyscience.com.

JesseIrizarry
Jesse Irizarry è stato un Division 1 strength and conditioning coach. Ha lavorato come strength coach capo per diversi anni con squadre di alto licvello e presso la squadra di footbll della Liberty University. Ha creato diversi programmi per gli atleti agonisti di powerlifting e weightlifting a New York. È proprietario e head coach della JDI Barbell, una delle poche palestre dedicate esclusivamente alla forza a New York City e specializzata in Olympic weightlifting, powerlifting, e general strength and conditioning.Jesse gareggia nel weightlifting olimpico ed è stato un powerlifter agonista.

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