Dentro la periodizzazione dell'allenamento - Rawtraining
Storia e teorie della pianificazione dell’allenamento sportivo
di Stefano Morini
Fig.1 – (Il campione ucraino in rappresentanza dell’ex unione sovietica di salto con l’asta, Sergey Bubka.
Nella sua carriera stabilì ben 35 record mondiali di cui 17 all’aperto e 18 indoor).
Periodizzazione, programmazione, macrocicli, mesocicli, microcicli, transfer, appartengono ormai al lessico comune di molti preparatori e allenatori che ogni giorno si cimentano nella preparazione fisico-atletica dei propri atleti.
Oggi la stragrande maggioranza dei preparatori sarebbe concorde che periodizzare è fondamentale per vincere. Periodizzare e programmare l’allenamento nasce in netta contrapposizione a tutto ciò che è istintivo e casuale, scienza che si contrappone al fato, programmazione che si antagonizza all’istinto e al fai da te o supremo tentativo di dominare e prevedere gli eventi?
Questo dubbio “amletico” ha sicuramente diviso molti esperti che nel secolo scorso hanno snocciolato le loro teorie tutte accumunate ad un solo obbiettivo: spingere i loro atleti oltre il limite.
Nonostante negli ultimi decenni si parli sempre più di allenamenti ragionati e pianificati, ho sempre avuto l’impressione che in realtà in pochi conoscono a fondo questo argomento e i molteplici dettagli che ne ruotano attorno, e che si faccia sempre molta confusione su diversi concetti fondanti.
Fin dall’antichità…
Da sempre l’uomo ha cercato di superare i suoi limiti, agli albori per una mera questione di sopravvivenza e successivamente per questioni bellico/sportive, dove il celebre motto olimpico (Citius: più veloce – Altius: più in alto – Fortius: più forte) ne è un esempio.
Fin dall’antichità l’uomo ha dovuto fare i conti con l’adattamento e con le sue leggi, di sicuro non per motivi sportivi o per vincere un trofeo, ma per la vita.
Infatti nell’era antica:
- Obiettivo: sopravvivenza, quindi adattamento a fattori di stress, non programmati, imposti.
- Nessun metodo d’allenamento, improvvisazione e imprevedibilità
- Stimoli: naturali e ingestibili, adattamento o morte.
Nella Grecia antica inizia a prendere corpo il concetto di prevalere attraverso lo sport, infatti:
- Obiettivi: vincere le guerre, bellezza e sport (Giochi Olimpici Antichi).
- Esercizi: per la cura della tecnica e della forma, non esiste ancora il concetto dell’allenamento per accrescere la prestazione.
- Metodo di allenamento e stimoli: con Ippocrate si introduce il concetto di allenamento e dieta per la salute.
Più avanti nascono i primi giochi olimpici e cambiano ancora le prospettive.
Olimpia 776 A.C. introduzione dei giochi e delle competizioni che furono via via:
- Stadion (una specie di corsa di resistenza)
- Cynistra (corsa veloce)
- Pancrazio (lotta)
- Pugilato
- Penthatlon (salto in lungo, tiro del giavellotto, lancio del disco, corsa, lotta)
L’atleta Greco si allenava rispettando il concetto della multilateralità e della polivalenza, prende forma il concetto di atleta a 360°, egli infatti si allenava con corsa, danze, salto, lotte, inoltre fanno la comparsa i primi allenatori che prevedevano per i loro atleti diversi approcci allenanti come l’utilizzo di alcuni sovraccarichi e la corsa sulla sabbia per rafforzare caviglie e ginocchia.
Infine pare che avevano ben chiaro l’importanza del defaticamento e del recupero, nonché di alcuni principi dell’allenamento stesso (sembra nacque in questo periodo la favoletta di Milo da Crotone, ancora oggi imbarazzantemente in voga e presa come esempio).
Sempre nel territorio ellenico fanno la loro comparsa dei rudimenti di periodizzazione settimanale, sembra infatti che venissero alternati giorni di allenamento pesante a giorni di media intensità, giorni a bassa intensità e giorni di ristoro completo.
Fig.2 – (Illustrazione “Olimpia 766 A.C.”).
Via via così fino alla cosiddetta “era moderna” (giochi di Atene del 1896) si assiste ad un forte impulso per la produzione letteraria della teoria della prestazione e dell’allenamento dell’atleta, ma il vero crocevia dello sviluppo di teorie di allenamento e periodizzazione si ha nel ‘900.
Inizia la sequenza l’americano Mike Murphy che nel 1913 stupisce con le sue innovative metodiche di allenamento di atletica leggera come preparazione atletica ed il concetto di variabilità, di scarico durante le gare e l’introduzione di molte tecniche innovative per l’atletica leggera, tra cui la partenza in accosciata per i velocisti.
Fig.3 – (Coach Mike Murphy)
Tumulti scientifici e tecnici che introdussero al concetto di periodizzare per vincere arrivarono dall’Unione sovietica già nel 1917, dove il sovietico Kotov, considerava necessario suddividere la stagione agonistica in tre stadi:
- Generale: utile per sviluppare il sistema vegetativo (vascolare-respiratorio) nonché quello muscolare e nervoso.
- Preparatorio: per migliorare forza e resistenza muscolare,
- Specifico: preparare lo sportivo ad una performance di livello altamente specifica.
Pochi anni dopo, ovvero nel 1922, Gorinewsky scrisse Fondamenti specifici dell’allenamento e nel 1925 apparve Le basi dell’allenamento, scritto da Birsin, dove ambedue riprendevano con forza le idee di Kotov.
Più avanti altri personaggi focalizzarono l’attenzione su manuali “pratici” di periodizzazione in diversi sport.
Nel 1950, il famoso scienziato dello sport, l’ungherese Lazlo Nadori, creò un innovativo modello di allenamento periodizzato che riprendeva con successo diversi punti salienti esposti dai suoi predecessori.
Fig. 4 – L’ungherese Lazlo Nadori.
Fornire delle regole universalmente applicabili, che come vere e proprie chiavi di lettura, abbiano la facoltà di aprire le serrature della comprensione di quei meccanismi centrali alla base di ogni prestazione atletica di rilievo, forse fu questo l’obiettivo e l’intento del ricercatore sovietico Leonid Pavlovic Metveev che già dal 1960 introdusse insieme ai suoi collaboratori Krestonikov e Voroboiev i principi della periodizzazione definita classica o tradizionale, della preparazione fisico-atletica di uno sportivo ragionata sul lungo periodo e fondata sul concetto della “dissociazione” dei vari parametri allenanti a seconda dei periodi della stagione. L.P. Matveev basò il grosso della sua teoria dissociando sia la preparazione, dividendola in generale e speciale a seconda della distanza delle competizioni, che dal punto di vista dei due parametri dell’allenamento, ossia tra volume e intensità.
Fig. 5 – il ricercatore ed allora allenatore della nazionale URSS di sollevamento pesi Leo P. Matveev.
Nella fase generale o iniziale si puntava alla costruzione dell’atleta in senso ampio per poi in un secondo momento mirare alla specificità tecnica e competitiva. Nella fase di preparazione generale occorreva somministrare una grande mole di volume, caratterizzata dalla forte presenza di esercizi “generali”, dove l’atleta doveva “accumulare” una mole di lavoro notevole.
L’accumulo di lavoro doveva essere smaltito, o meglio trasformato, in prestazione nella fase specifica, dove invece la situazione cambia notevolmente ed il volume cede il passo all’intensità (si noti dove nasce la contrapposizione tra volume ed intensità). L’attività da palestra lascia spazio alle attività dello sport in questione (questo ovviamente per sport come ad esempio basket, calcio, pallavolo ecc. la cui sospensione per un determinato periodo non implicano riduzioni tecniche del gesto atletico, per sport come pesistica olimpica e powerlifting questo sarebbe impensabile), dove l’obbiettivo è quello di specializzarsi tecnicamente.
Egli in realtà non fu il primo a partorire teorie di programmazione ma di sicuro segnò un profondo sparti-acqua tra l’allenamento istintivo e quello pianificato.
I concetti di Matveev furono sicuramente emulati da tantissimi addetti ai lavori e per anni hanno rappresentato una sorta di bibbia della pianificazione annuale. Insieme ad ogni grande exploit tuttavia arrivano anche i detrattori ed infatti l’artefice della periodizzazione, ossia lo stesso Leo Pavlovic Matveev, fu aspramente criticato per la sua “freddezza” nel teorizzare i piani di lavoro. Carenza tecnica nel momento della preparazione generale, troppo volume, carenza della parte atletica nella fase specifica, queste furono le principali critiche al suo modello.
Il modello Matveev giunse in occidente intorno agli anni ’70 e nell’arco di poco tempo passò già “dalle stelle alle stalle”, infatti poco dopo fu già etichettato come non adeguato e obsoleto da molti addetti ai lavori, spesso anche a sproposito, in quanto mal applicato e mal interpretato. In verità l’enorme mole di lavoro di raccolta compiuta da Matveev et al., eseguito su moltissimi atleti apportò un contributo decisivo per le più recenti teorie di programmazione dell’allenamento sportivo senza il quale probabilmente non sarebbero nemmeno esistite.
Fig. 7 – (Esempio grafico di andamento dei vari parametri di allenamento in relazione al periodo secondo il modello classico di Matveev).
L’ex campione olimpionico di lancio col martello (Monaco 1972), il sovietico Anatoli Bondarchuk, nonché ex coach della nazionale sovietica sempre di lancio col martello dal 1976-1992, da cui ha prodotto numerosi altri campioni sia nel martello, nel disco che nel lancio del peso, fu uno dei principali contestatori delle teorie di Matveev.
Fig. 8 – Anatoli Bondarchuk.
Secondo il Dottor Bondarchuk la chiave di tutto in una preparazione atletica non è il volume ma l’allenamento ottimale. Infatti Bondarchuk sostiene che accumulare enormi quantità di volume non serve a nulla dato che l’organismo risponde fin da subito ad uno stimolo ottimale e continua a farlo finché si riesce a renderlo ottimale di volta in volta.
Un altro concetto chiave per Bondarchuk è la biologia dell’atleta (concetti già introdotti da Letunov nel 1950) ossia l’atleta stesso deve, con le sue caratteristiche biologiche, “dettare” una sorta di programma che possa essere estensivo o riduttivo per ogni periodo, a seconda dei tempi necessari a ciascun atleta per raggiungere la massima forma atletico-sportiva nel tipo di esercitazioni programmate, e non il contrario, pur rimanendo dentro a delle linee guida generali. In altre parole si considera il raggiungimento della massima performance sportiva come un elemento assolutamente individuale e più dinamico rispetto ai principi della teoria classica.
Non a caso Bondarchuk identifica sei tipi di atleta che tendono ad adattarsi differentemente e con capacità di metabolizzazione dei carichi di lavoro nettamente differenti (rivisitati recentemente dal coach americano Charles Poliquin). Questo concetto implica la necessità di individualizzare e rendere così meno generale ogni preparazione atletica, per Bondarchuk la genetica assume un ruolo più centrale e personalmente credo che considerare meglio le caratteristiche di ogni atleta possa giovare e non poco, non ho mai creduto in schemi standardizzati e adatti a tutti, la genetica conta e come!!!
Per Bondarchuk è altresì altrettanto indispensabile non perdere di vista il gesto atletico in ogni fase della preparazione proprio per incrementare parallelamente tecnica e preparazione fisica.
Fig.9 – Interpretazione personale del Principio della estensività o riduttività secondo di Bondarchuk in relazione ad una programmazione annuale semplice. Notare come i margini delle tabelle (sopra e sotto) non coincidono esattamente, dato che per rendere personalizzata la periodizzazione di ogni atleta ci possono essere periodi “estensivi o riduttivi” e quindi flessibili.
In senso generale e senza soffermarmi sulle analisi dei singoli sport che ovviamente meritano valutazioni differenti, credo che il metodo classico abbia il grande pregio di “costruire l’atleta” e di condizionarlo per gli sforzi futuri, lo aiuta nella formazione generale e nella disciplina al lavoro, quindi è più adatto a tutti coloro che sono dei “beginner” o comunque ancora nelle fasi iniziali di una pratica sportiva. Ritengo invece che la teoria di Bondarchuk sia più evoluta e si sposi meglio con atleti già formati e più “maturi” sotto questo aspetto, dove le caratteristiche più personali debbono gioco-forza essere prese in seria considerazione.
Ad esempio ritengo che nel body building “real natural”, una programmazione stile Matveev sia più indicata nei primi anni di formazione, mentre la teoria di Bondarchuk credo sia più idonea in quegli atleti più navigati e/o comunque più formati sia sotto l’aspetto fisico che mentale, ma soprattutto se abbiamo di fronte atleti agonisti che non possono permettersi il lusso di dissociare e perdere di vista troppo a lungo parametri come definizione, gruppi carenti, simmetria e quant’altro richieda una sorta di “simultaneità prioritaria” rispetto che ad una consecutività pura e semplice.
Fig. 10 – Real natural Body building.
Per pesistica olimpica e powerlifting credo sia decisamente migliore un approccio stile Bondarchuk, anche se la grande mole di lavoro di Matveev rimane un caposaldo del condizionamento per “beginner” anche in queste specialità ma senza ovviamente barattare tecnica con volume, come spesso mi è capitato “aihmè” di assistere.
V.Djachkov e il professor Yuri Verkoshansky furono invece gli ideatori e creatori del metodo con carico coniugato. Il termine coniugato venne introdotto per evidenziare come ad esempio gli esercizi per lo sviluppo della forza dovessero essere “coniugati” con quelli di tecnica per aumentare i livelli di performance e quindi non è necessario, anzi improduttivo, secondo il Verkochansky, adoperare la periodizzazione stile Matveev.
Come avversario di Matveev, il Verkoshanksy dichiarò pubblicamente che l’idea di periodizzazione è pura spazzatura, riducendo al minimo le fasi di programmazione annua. Da ricordare come le teorie del metodo coniugato abbiano poi ispirato più recenti teorie di allenamento come la più attuale e discussa west-side, ed in parte i più attuali metodi di allenamento della forza, molto in voga negli USA come le famose onde stile Poliquin, il metodo 5/3/1 di Jim Wendler ed il più recente metodo Juggernaut (metodo che sto provando con entusiasmo con alcuni dei miei atleti).
Il Dr. Dietrich Harre, anch’esso scienziato dello sport nell’ex DDR, in Principi dell’Allenamento scritto nel 1982, scrisse di metodologie di programmazione che in parte si rifacevano ai principi di Matveev e alla necessità di allenare un atleta tutti i giorni, dove per gestire correttamente il recupero occorre periodizzare.
Anche Tudor O. Bompa, fu influenzato dalle teorie sportive dell’ex Germania dell’est (DDR) e suoi testi rivelano spunti e modifiche dei pensieri di Harre.
Ancora un tedesco, e cioè il Dottor Peter Tschiene, autore e co-autore di diversi titoli dedicati alla preparazione di un atleta, presenta un modello di periodizzazione annua spesso utilizzata nei 100 e 200 metri, nel salto in lungo, salto triplo, salto con l’asta, e 110/100 ostacoli alti. Il modello Tschiene può essere avviato in due modi. Il primo modello di strategia di partenza è un generale accumulo simile alla teoria classica di Matveev con fase generale e preparazione specifica. A seguito di questa fase di preparazione si inizierà la fase competitiva con il modello Tschiene.
Il secondo tipo di strategia iniziale viene utilizzato per gli atleti che hanno una stagione agonistica molto breve. In effetti si consiglia che tale strategia debba essere eseguita solo da atleti che mantengono un alto livello di preparazione.
A differenza di Matveev però, il modello di P. Tschiene prevede l’alternanza di settimana in settimana e dei vari parametri dell’allenamento come ad esempio:
- Una settimana viene incentrata sul miglioramento della tecnica.
- Una settimana incentrata sulla potenza.
- Una settimana per sviluppare le capacità di lavoro.
- Una settimana sfruttata per il recupero.
Questo metodo tra l’altro potrebbe essere utilizzato anche “dentro” la settimana. Personalmente credo che questa strategia sia piuttosto vicino alle esigenze di tutti quegli atleti che necessitano di un alto rendimento muscolare e neurale costante nonché che non possono perdere di vista per nulla il gesto tecnico.
Fig. 12 – Differenza di approccio tra volume ed intensità in atleti con minor esperienza e maggior esperienza secondo il modello Tschiene.
Ma è con Bondarchuk che di fatto si introduce quella che poi verrà ribattezzata come la periodizzazione a blocchi o a fasi.
Ad oggi molti scienziati dello sport e preparatori di alto livello la utilizzano, seppur con delle differenze a seconda dello sport in questione e modificata anche in base alle esperienze personali di ogni buon coach.
La periodizzazione a blocchi è un metodo sviluppato dal dottor Yuri Verchoshansky nei tardi anni ’70, e consiste nella creazione di “blocchi temporali” dove viene sviluppata in modo unidirezionale e concentrato una qualità motoria alla volta. La periodizzazione a blocchi si basa sui seguenti principi:
- Trasformazione differita: trasformazione del carico in performance generiche migliori. La prestazione di picco non si manifesta durante gli allenamenti a causa dell’accumulo di fatica, ma durante il periodo successivo dove verranno utilizzati carichi minori.
- Trasmutazione differita: la trasformazione del carico in prestazioni migliori del gesto tecnico-atletico. Consiste nel “trasformare” i miglioramenti acquisiti nei blocchi precedenti in miglioramento del gesto atletico. Questo rende chiaro che le qualità motorie sviluppate nei blocchi adiacenti devono avere una stretta relazione per rendere possibile la “trasmutazione”, es: forza massimale, velocità, potenza, tecnica.
- Sovrapposizione degli effetti allenanti: lo sviluppo di un’abilità motoria può avere un effetto negativo o positivo nello sviluppo delle altre abilità motorie. I blocchi debbono quindi essere messi sapientemente in una sequenza adeguata per assicurare che il blocco successivo sia “catalizzato” degli effetti del blocco precedente. Insieme alla trasmutazione differita, la sovrapposizione degli effetti allenati è alla base della coniugazione dei blocchi, ottenendo così un accumulo degli effetti allenanti sul medio-lungo periodo.
La periodizzazione a blocchi nasce quindi con l’intento di migliorare quelle che sono le presunte lacune del metodo tradizionale o classico di Metveev.
Recentemente il professor Vladimir B. Issurin, definisce come “blocco” quel ciclo di allenamento altamente concentrato e specializzato, e riprendendo in parte alcuni principi del Bondarchuk, divide la periodizzazione in blocchi che vanno a formare i periodi determinati.
Per Issurin la periodizzazione a blocchi si differenzia dalla teoria classica del Matveev per i seguenti punti salienti:
- Consecutività delle abilità motorie “skills”.
- Alta concentrazione dei carichi di lavoro in ogni blocco.
- Focus sull’effetto cumulativo e residuale tra i vari blocchi/mesocicli in linea con i principi generali del Verkochansky.
Molte varianti vengono tutt’oggi apportate al metodo della periodizzazione a blocchi o a fasi che dir si voglia, ma degna di nota fu l’idea del noto allenatore russo di nuoto Igor Koshkin, coach del world record Vladimir Salnikov, che introdusse un allenamento annuale suddiviso in cinque “spirali” della durata di 8-12 settimane l’una che terminano da una a tre settimane prima rispetto al periodo competitivo. Ogni spirale comprende due settimane di “sviluppo” chiamati dallo stesso mesociclo spirale, ognuno del quale si concentra sullo sviluppo di una particolare qualità del nuotatore (tecnica, resistenza, forza ecc.) Nell’ultimo mesociclo di ogni spirale si ha l’obiettivo di integrare tutte queste qualità.
Fig. 12 – Igor Koshkin allenatore della nazionale di nuoto sovietica (1985).
Fig. 13 – Esempio di una “spirale” per il nuoto in stile Coach Koshkin.
Attualmente molte metodiche di periodizzazione sportiva adottano tutte o parti dei principi delle maggiori teorie di programmazione e allenamento fin qui elencate, condite o arricchite con esperienze personali di ogni singolo coach, e con la fortuna, spesso determinante, di avere atleti che possano far diventare vincenti ogni metodologia di preparazione. Questo infatti è una cosa che va tenuta in forte considerazione dato che probabilmente senza atleti dotati di qualità innate nel posto giusto al momento giusto, molte di queste teorie non sarebbero probabilmente salite alle stelle.
Le scuole di pensiero moderne sono inevitabilmente influenzate dalle teorie del passato, e anche se possono giovarsi della ricerca scientifica sempre più efficiente, non riescono a distaccarsi troppo da certi concetti proprio a dimostrazione della estrema validità di alcuni di essi.
Tuttavia gli sforzi e le attenzioni degli addetti ai lavori si concentrano su alcuni punti salienti:
- Studio analitico e approfondito del modello di prestazione.
- Allenamenti sempre più individualizzati.
- Allenamento come processo a lunga scadenza: promozione, individuazione e selezione del talento sportivo.
- Professionalizzazione.
- Innovazioni tecnologiche (attrezzi o superfici, di allenamento e di gara).
- Lavoro in team.
- Nuove frontiere alimentari e dei supplementi.
Concludendo questo articolo posso dire che non è stato possibile elencare tutte le numerosissime personalità di questi settori nelle varie discipline sportive e tutte le varie sfaccettature teoriche ad essi collegati per ovvi motivi di spazio, ma credo che quelle che ho trattato hanno rappresentato e rappresenteranno ancora per molto tempo, delle pietre miliari della periodizzazione e della teoria dell’allenamento, lasciando un segno indelebile anche negli anni a venire, nonché un punto di riferimento solido per molti addetti ai lavori.
Fig. 14 – Il velocista giamaicano Usain Bolt.
Credo quindi, che per questo articolo non ci sia finale più azzeccato del famoso aforisma di Newton il quale citava: “se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle dei giganti”.

stefanomorini
Coach Stefano Morini. Dottore in scienze e tecnologie del fitness e dei prodotti della salute.
Personal trainer e preparatore atletico pluricertificato, Allenatore Fipl (2010-11-12)
Coach della SM POWER TEAM di raw powerlifting di Ancona.
Risultati Fast Food 23 Giugno 2013

11 commenti
Lascia un commento
Elimina la risposta
E' necessario registrarsi or effettuare l'accesso per poter lasciare un commento.
Bell’articolo, complimenti. 🙂
Domani me lo rileggo con calma.
Complimenti per l’articolo Stefano, di qualità 😉
Metteresti qualche fonte gentilmente?
grazie Visione, detto da te mi fa molto piacere.
salutoni.
Ritrovare tutte le fonti utilizzate sarebbe pazzesco, ma sono il frutto di un attenta selezione e ricerca in internet e l’utilizzo della mia biblioteca con alcuni testi degli autori citati.
Saluti.
Complimenti, mi piace come è scritto l’ articolo, una bella esposizione chiara e lineare con ottimi spunti di riflessione, è proprio vero che rivedere la propria storia tipo diario può spesso essere fonte di nuove intuizioni!
Mi ha fatto riflettere la parte iniziale, soprattutto, dove emerge come il “perchè” alle spalle dello sport sia cambiato nel tempo, seguendo e stimolando l’ evoluzione dell’ uomo come animale.
Credo che in un futuro non lontano verrà introdotto anche nel mondo sportivo il concetto di anima.
Sarà un ulteriore passo in avanti, un aumento nella consapevolezza degli individui.
Quando la persona si rende conto che il corpo fisico è il mezzo grazie al quale l’ anima umana può seguire un processo di aggiornamento anche il punto di vista sull’ attività sportiva si sposta sempre più da quello della nostra parte animale (legata alla sopravvivenza ed ai bisogni fisici primari) a quello della nostra anima, che non desidera altro che poter cambiare col tempo, cioè evolvere.
Interessante articolo, dai contenuti piuttosto “avanzati”. Mi sembra che la periodizzazione ablocchi sia quella che viene chiamata negli articoli che ho letto non lineare…corretto?
si, sostanzialmente è la stessa cosa, o meglio viene spesso intesa come la stessa cosa.
saluti
Complimenti porca miseria, una boccata di cultura sportiva che non farebbe male a tanti.
Complimenti per l’articolo Coach, ma posso chiedere cosa ne dice del modello simultaneo (una variante del coniugato?) invece?
Metodo simultaneo ossia inerente alla cosiddetta preparazione non lineare offre numerosi vantaggi in termini di variabilità delle esercitazioni somministrare ma personalmente vedo bene questo tipo di periodi zabaione quando abbiamo a che fare con tempi limitati a disposizione.
Quando si ha più tempo preferisco il lineare, sempre senza perdere mai di vista completamente nessuna capacità dell’atleta.
Saluti