10 consigli per migliorare la tua performance, seconda parte - Rawtraining
di Giacomo Bellotti
Eccoci giunti alla seconda parte della nostra chiacchierata. Spero fortemente che gli spunti delineati nell’articolo precedente ti siano stati utili e abbiano stimolato la tua curiosità.
Senza attendere oltre ti presento le restanti cinque idee che andranno ad ampliare il tuo bagaglio di conoscenze.
6. Rilascio miofasciale e punti trigger
Questo è un argomento complicato e ricco di teoria che cercherò di spiegarti nella maniera più semplice e comprensibile. Ti prego di scrivermi i tuoi dubbi e le tue domande perché adoro parlare di muscoli, fascia e punti trigger più di qualsiasi altra cosa. A parte il mal di schiena, ma questo è un discorso differente.
Come puoi vedere nell’immagine d’apertura, esistono numerosissimi muscoli nel nostro organismo, più di quanti se ne possono osservare a un esame dell’anatomia di superficie. Essi sono il motore primo del movimento e ci permettono di interagire con tutto l’ambiente circostante.
Muscoli, organi e articolazioni sono circondati da diversi tessuti di rivestimento, a loro volta racchiusi da un tessuto che prende il nome di fascia. Questa può essere immaginata come un enorme foglio elastico che circonda e chiude il nostro corpo, la cui funzione è di coordinare e donare fluidità a ogni gesto compiuto dall’organismo. Potremmo dire che si tratta di una sorta di “direttore d’orchestra” che organizza e gestisce tutti gli strumenti, i muscoli.
Fascia e muscoli sono così strettamente legati l’una agli altri che è per questo motivo che si parla di sistema mio-fasciale.
“Perfetto, molto interessante. Ma a me cosa serve tutto questo?”. Aspetta, ci sto arrivando!
Se ti alleni da un po’ di tempo, sicuramente ti sarà capitato di scontrarti con una serie di piccoli “infortuni”: un’infiammazione muscolo-tendinea o magari un fastidio prolungato alla zona tra collo e schiena, ancora un risentimento alla muscolatura interna della gamba o un fastidio “dentro” la spalla.
Bene, sappi che puoi prevenire comodamente tutto ciò.
I muscoli e la fascia non sono dei tessuti statici, anzi, sono soggetti a numerosi cambiamenti: deformazioni, stiramenti, modificazioni chimiche e fisiologiche. Non sono un semplice aggregato di molecole come un pezzo di carne sul bancone del macellaio.
Mentre ti alleni, il muscolo e la fascia sono “stressati”, nel senso che sono costretti a svolgere del lavoro a causa di un carico esterno. Possiamo parlare di te che sollevi un peso, ti tiri verso la sbarra o spingi una ruota di trattore.
Il punto è che il sistema miofasciale si modifica e si deforma costantemente: possono insorgere crampi, ci può essere una crisi energetica, possono nascere delle aderenze in seno alla fascia e dei punti trigger nel tessuto muscolare.
Ti invito a riferirti ai bellissimi articoli del “RawTraining Strength Master Coach” Paolo Evangelista per un approfondimento teorico sulla nascita dei punti trigger, ipotesi integrata di Simmons e sul senso della vita (scherzi a parte, il materiale dell’ingegnere è veramente eccezionale, anche se complicato merita la lettura).
Ricapitoliamo. Ti sei allenato duramente ma il giorno dopo sei dolorante dappertutto. Oppure hai un problema di equilibrio muscolare per cui appoggi più peso su una gamba che non sull’altra. Ancora, hai un fastidio persistente alla parte posteriore della spalla con un “fastidio strano” che si irradia dentro e lungo il braccio. Che cosa puoi fare?
Ricorrere a tecniche di rilascio miofasciale e di trattamento dei punti trigger, è ovvio!
La teoria alla base di questi esercizi può essere sintetizzata così: per risolvere un problema di punti trigger o di aderenze fasciali bisogna applicare una pressione prolungata sui tessuti interessati e “lavorarli” sino a renderli più malleabili ed elastici (sto usando volutamente dei termini semplici per cercare di rendere al meglio la sensazione da ricercare).
Nelle immagini seguenti sono illustrate due routine, rispettivamente per la parte superiore e la parte inferiore del corpo. Utilizzeremo due strumenti facilmente reperibili in casa: una pallina da tennis e un rotolo cilindrico duro. Per quanto riguarda quest’ultimo ti consiglio di acquistare un “tubo” di plastica facilmente reperibile in qualsiasi negozio fai-da-te, oppure cercare “Foam roller” sul web e orientarti tra le diverse proposte.
Tieni a mente che un auto-trattamento di questo tipo deve durare almeno 10 minuti per essere efficace e il mio consiglio è di inserire queste routine nei giorni di scarico o di pausa tra un allenamento e l’altro.
Rilascio miofasciale – arto superiore
Muscolo elevatore della scapola e trapezio
Muscoli nucali
Muscolo gran pettorale
Muscoli cuffia dei rotatori e capo lungo tricipite brachiale
Muscoli romboidi
Rilascio miofasciale – arto inferiore
Muscolo piriforme e glutei
Muscoli ischiocrurali
Muscolo tensore della fascia lata e bandelletta ileo-tibiale
Muscolo quadricipite
Muscoli peroneali
Muscolo tricipite surale
Riservare del tempo per questa pratica può risultare noioso, ma è l’unico modo per prevenire infortuni e sindromi da “overuse” -ossia derivate dalla ripetizione degli stessi gesti numerose volte- e per garantirti un’ottima qualità muscolo-fasciale.
7. Doppio mento
Questo è il punto sicuramente più difficile da scrivere e ti spiego il perché.
Ho bisogno di un atto di fede. Sì, hai letto bene, un atto di fede.
La teoria dietro questa idea non è così forte come lo è, invece, la pratica. Non ti chiederò, quindi, di affidarti a me senza mettere in dubbio le mie parole, ti invito, però, a sperimentare questa tecnica durante una tua sessione d’allenamento.
Come puoi osservare in figura, quello che ti sto chiedendo è di compattare il collo, il che significa creare un “doppio mento” spingendo l’intera testa posteriormente.
Vediamo perché usare questo accorgimento:
- La colonna vertebrale viene divisa, per semplicità, in quattro zone differenti ma, in realtà, si tratta di un’unica struttura dove ogni vertebra funziona in sinergia con la successiva per garantire i massimi livelli di mobilità e, allo stesso tempo, protezione del midollo spinale. In questo contesto, la retrusione del collo permette di aumentarne la solidità e compattezza.
- Permette di attivare la muscolatura profonda del collo, ottenendo così una postura più equilibrata.
- Empiricamente ti fa sentire più “compatto” e sicuro di te. Fai questa prova: mettiti in una posizione di forza e, a occhi chiusi, fatti dare una spinta; poi ripeti compattando il collo. Suona differente?
- Un altro piccolo esperimento, fai il “doppio mento” e respira a fondo dal naso usando la respirazione diaframmatica, poi respira nuovamente lasciando il collo rilassato. Sono disposto a scommettere che la prima posizione ti permette atti respiratori più profondi e completi.
Nel prossimo allenamento prova a compattare il collo e “sentire” come reagisce il tuo corpo, sono sicuro che resterai piacevolmente sorpreso.
8. Ascolta il tuo corpo
Come si suol dire “tutti mentono”. Lo faccio io e lo fai tu. Ma tu devi smetterla, perlomeno nei confronti di te stesso.
Devi smetterla di raccontarti storie.
“È solo un leggero fastidio lombare, niente di che!”.
“Mi da un po’ fastidio la spalla ma è perché faccio tanta panca!”.
“Mi fa male dentro il ginocchio ma è solo perché lunedì ho fatto squat!”.
Basta!
Il punto non è avere male ma smetterla di mentire. Tu sai perché ti sei fatto male, sai cosa non va nel tuo allenamento, sai che la tua tecnica è sporca e devi migliorarla.
Non è facile per nessuno scalare 40 Kg di stacchi e ricominciare a lavorare sui fondamentali. Né prendersi il tempo per leggere un noioso articolo sul lento avanti tecnico (sto scherzando). Né mettere a tacere la voce che ti sussurra: “vai ad allenarti, sei un guerriero. No pain, no gain!”.
Ma se vuoi diventare veramente forte e completo, se vuoi continuare ad allenarti per i prossimi dieci anni, allora devi iniziare a raccontarti la verità.
Solo tu puoi decidere quando abbandonare la mediocrità a favore della grandezza, che sia oggi il giorno designato?
9. Recupero
Quante ore dormi la notte? Quanto e cosa mangi? Hai programmato dei periodi di scarico e di riduzione del volume d’allenamento? Usi le tecniche di rilascio miofasciale? Esegui degli esercizi di mobilità? Ti riposi abbastanza? Sei stressato?
Allenarsi è un gioco d’equilibri. Su un piatto della bilancia abbiamo i numerosi stress imposti all’organismo, sull’altro le tue capacità di recupero.
Sta a te stabilire un ritmo e decidere da quale parte della bilancia far pendere il piatto.
Ci sono e continueranno a esserci periodi più stressanti ed altri più rilassati, ma ricordati che la vita è una. Una soltanto.
Il tuo corpo ti dovrà accompagnare fino alla fine del sentiero, quindi trattalo con rispetto e lui ti ricompenserà a tempo debito.
La base dell’allenamento consiste nel mettere alla prova la tua testa prima dei muscoli, non dimenticarlo mai!
10. Muoviti
Può sembrare strano detto da uno che detesta “cordialmente” la corsa -anche se ormai sono affezionato alla mia dose settimanale di scatti in salita- ma devi iniziare a macinare chilometri. Non importa se camminando a passo spedito, facendo jogging o correndo come se si stessero spalancando le porte dell’Ade sotto i tuoi piedi.
Devi muoverti tutti i giorni nel limite del possibile sia al mattino che la sera- e cercare di stare all’aria aperta almeno un’ora al giorno.
Siamo stati concepiti per interagire con lo spazio intorno a noi, non per passare le giornate davanti al pc o alla televisione.
Questo è il consiglio migliore tra tutti quelli che posso darti: resta attivo sia fisicamente che mentalmente tutti i giorni e mi ringrazierai quando sarai più anziano!
Un ultimo appunto. Se possibile preferisci la corsa all’andare in bicicletta, ho una mia teoria per spiegare questa scelta ma è lunga e noiosa e ti ho già tediato abbastanza.
Con quest’ultimo punto finisce la seconda parte dell’articolo iniziato la scorsa settimana.
Mi sento in obbligo di ringraziarti per avermi seguito fin qui e per l’attenzione che mi hai riservato.
Voglio chiudere questo articolo alla moda di un grande filosofo del passato, il quale terminava i suoi scritti facendo dono al lettore di una “piccola ricompensa” come la chiamava lui, ossia un breve pensiero su cui meditare.
Estremamente breve e travagliata è la vita di coloro che dimenticano il passato, trascurano il presente, temono il futuro: giunti al momento estremo, tardi comprendono di essere stati occupati tanto tempo senza concludere nulla.
– Seneca
Buon allenamento, Giacomo.
Si ringraziano:
- Lorenzo Bortolotto
- Michela Guelpa
- Francesca Toso
- Comune di Valdengo
- Ross Enamait
jackal
Giacomo Bellotti è un fisioterapista appassionato di riabilitazione sportiva e allenamento a corpo libero.
Tutta la sua attività professionale ruota attorno a questo epigramma di Marziale: "La vita non è vivere quanto stare bene in salute".
Da sempre la sua priorità è aiutare i pazienti a recuperare quell'equilibrio fisico e mentale che è andato perso nel corso del tempo.
Pur essendo competente nei diversi campi della fisioterapia neurologica e ortopedica, i suoi settori d'elezione sono il trattamento del mal di schiena, delle patologie dei tessuti molli e la riabilitazione sportiva.
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22 commenti
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Onorato per la citazione 🙂
Però mi hai lasciato la pulce nell’orecchio per il bici vs. corsa!!!
Giacomo complimenti e, davvero, grazie mille. Sono sicuro che il lavoro sul collo per me sarà una svolta. C’entra anche il nervo vago e la stimolazione del parasimpatico, giusto?
Giusto Seneca.. ha ragione, neh.. senz’altro… ma era un pesantone insopportabile!! 🙂 😀
Bellissimo articolo!
Dopo la prima parte aspettavo con ansia il proseguimento.
Però anche io, come Leviatano, ora ho una maledetta pulce nell’orecchio.
(sopratutto perchè stavo pensando di prendermi una bicicletta da corsa per fare qualche giretto!!)
=)
Articolo utilissimo complimenti! Avrei una domanda: il compattamento del collo (punto 7) in quali esercizi consigli di farlo? E’ consigliabile o addirittura possibile su tutti gli esercizi indistintamente? Mi viene in mente il lento avanti nella posizione finale di incastro delle spalle in cui il collo è inevitabilmente in posizione quasi opposta da quella del compattamento descritto.
la respirazione incassata è usatissima nello yoga,e funziona davvero,riconoscete che la state effettuando correttamente anche da una sensazione di “gola fresca” in fase di inspirazione
Grazie a tutti per i commenti!
@Leviatano89 e @whiteleon
Per quanto riguarda la question “Bici VS Corsa” è difficile spiegarvi il mio punto di vista senza tirare in ballo una buona quantità di studi, considerazioni di esperti del settore e opinioni personali.
Vi chiedo di pazientare un poco e, prima o poi, scriverò un articolo approfondito sull’argomento. Infatti non vedo l’ora di tirarmi addosso le ire dei fanatici della pedalata, adoro queste cose! (da leggere con tono sarcastico)
In ogni caso, per farla breve:
– andare in bicicletta non fà male, al contrario rappresenta un buon metodo per migliorare le proprie capacità e per continuare ad allenarsi in presenza di alcuni problemi che renderebbero la corsa poco consigliata;
– detto questo, ritengo “funzionalmente” superiore il macinare strada con i propri piedi piuttosto che seduti su un sellino poichè [e qui vi rimando alle ricerche del professor Pavel Kolar sulla “stabilizzazione neuromuscolare dinamica” per approfondire l’argomento (un nome terribile peraltro)] il primo movimento consente di allenare degli schemi motori complessi, mentre il secondo ci costringe in una posizione più “protetta”, se così si può definire. Insomma, il principio è lo stesso per cui probabilmente scegliereste un bilanciere piuttosto che la smith machine;
– correre in maniera corretta significa utilizzare le catene cinetiche in sinergia, legando un anello all’altro (spingo con il tricipite surale, il quadricipite blocca il ginocchio, il gluteo estende la gamba, l’ileo-psoas controlaterale si contrae, il “corsetto anatomico muscolare” trasmette l’energia cinetica agli arti superiori, ecc.) e questo ci permette di avere un transfert positivo su tutte le altre attività;
– parlando “terra-terra” personalmente trovo più stimolante, dal punto di vista del dispendio energetico e attivazione muscolare, correre in pista piuttosto che pedalare in strada (a parità di tempo);
– riprendendo quanto scritto nell’articolo, vi dico che se vogliamo tirare in ballo il solito discorso “paleo-aggiungere suffisso” c’è da ricordare che effettivamente l’uomo è fatta per muoversi costantemente sui propri piedi e non utilizzando mezzi di nessuna sorta. Ripeto che questo non vuol dire rinunciare alla bicicletta o ai mezzi pubblici…
– l’andare SEMPRE e SOLO in bicicletta, se non integrato con un allenamento bilanciato, può portare a piccoli scompensi posturali. Il che vuol dire che se macini 300 Km a settimana sul sellino, allora è meglio se inizi a lavorare sulla tua mobilità toracica e su un lavoro di rilascio miofasciale della muscolatura nucale e peri-scapolare.
Vorrei aggiungere frasi tipo “c’è un rapporto diretto tra il numero di metri percorsi giornalmente e le capacità fisiche di una persona” o “esercizi di rotolamento e transizioni da terra in piedi (come il turkish-get-up o l’alzati-e-scatta) permettono di allenare corretti pattern motori” ma i tempi non sono maturi per scrivere un articolo di questo stampo, non per me comunque.
Quindi Whiteleon acquista tranquillamente la bici da corsa!
E tu Alessio non volermene! La citazione dell’articolo sul “lento avanti tecnico” l’ho inserita proprio perchè mi è piaciuto e perchè mi piace scherzare (tra l’altro come recitava Wilde “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”).
@Marokun
Questo vale per te e per tutti gli altri lettori: non sono un guru che può risolvere ogni vostro problema, quindi non prendete per oro colato ogni parola di quello che scrivo!
Sono sicuro che tutti possano beneficiare di un lavoro di rilasciamento miofasciale e trattamento dei punti trigger ma queste due tecniche NON sempre sono le soluzione ai propri problemi.
Quello che amo ripetere alle persone che si rivolgono a me è che se c’è un problema dobbiamo trovare le cause o comunque capire cos’è che non và: stile di vita, abitudini quotidiane, gesto atletico, ecc. E solo successivamente cercare di rimetterci in carreggiata.
Detto questo, prova le tecniche illustrate nell’articolo e fammi sapere!
E sì, sei perdonato per aver parlato male di Seneca. Ma che non si ripeta.
@rawdavide
Il mio consiglio è di provare ad implementare il “doppio mento” nei diversi esercizi e vedere come reagisce il tuo corpo.
Personalmente trovo che l’atto di attivare contemporaneamente i flessori profondi del collo, il trapezio inferiore e il gran dentato renda la mia posizione molto più stabile e forte in quasi tutti gli esercizi: stacchi, trazioni, scatti, push-ups, ecc. Anche coi miei pazienti sperimento la stessa “sensazione” anche se è bene ricordare che non lavoro con atleti di livello olimpico.
In definitiva credo che per ottimizzare l’allenamento sia importante riuscire a mantenere collo e capo in una posizione che si trovi a metà tra la neutralità e la retrusione (doppio mento). E questo fà anche parte della mia teoria sulla “postura inversa” e sul contrastare gli schemi “lavorativi” quotidiani (tra l’altro lo sapete che potete allungarvi la vita di 2 anni trascorrendo meno tempo seduti?).
A questo punto direi che possiamo tirare in causa Alessio Ferlito, che ha scritto un articolo specifico sul lento avanti, e sentire cosa ci può dire. Stesso discorso per Ado Gruzza, Andra Biasci, ecc.
Restiamo in attesa di ulteriori sviluppi!
e qui:
[quote]l’andare SEMPRE e SOLO in bicicletta, se non integrato con un allenamento bilanciato, può portare a piccoli scompensi posturali. Il che vuol dire che se macini 300 Km a settimana sul sellino, allora è meglio se inizi a lavorare sulla tua mobilità toracica e su un lavoro di rilascio miofasciale della muscolatura nucale e peri-scapolare.[/quote]
mi tocca confermare.
Tra problemi di postura e di perenne sensazione di contrazione dei muscoli della parte alta della schiena, collo, nuca, ne ho passate fin troppe.
Sto cercando di capire tra me e me la questione della posizione in sella più protetta. Ci sta però sono due movimenti troppo diversi, non è come paragonare la panca piana a quella guidata col multipower.
Complimenti per l’ottimo articolo, ho apprezzato molto la maniera in cui è scritto che lo rende facile alla lettura oltre ovviamente ai bei contenuti.
Per quanto riguardo i trigger avrei una domanda da porti:
per il trattamento di questi ultimi consigli una pressione statica oppure massaggiando la zona interessata?
Un saluta
Salve. Complimenti per l’articolo. Mi vorrei soffermare sui trigger points e fare una domanda.
Da circa 2 anni ho sempre l’impressione che la mia gamba destra lavori di più della sinistra, nel senso che sento più contratti i muscoli delle anche e delle cosce dell’arto destro. Inoltre c’è una notevole differenza di ipertrofia tra le due gambe, visibile a occhio. Sento sempre in tensione soprattutto i muscoli grande gluteo e tensore della fascia lata, come se il corpo non si fidasse a rilassarli.
Tutto ciò può essere ricollegato ai trigger points? Mi può aiutare la pallina da tennis o il cilindro?
@Nutria
Effettivamente si tratta di due movimenti molto diversi e l’esempio del multipower semplifica troppo le cose.
Quello che intendevo scrivere è che, da un punto di vista della coordinazione e sinergia muscolare, l’atto di correre è molto più impegnativo che non l’andare in bicicletta. Correre bene però, non come quelli che fanno jogging al parco!
Personalmente ritengo molto più complicato insegnare ad una persona a correre correttamente che non a montare in sella e pedalare: bisogna utilizzare il corsetto anatomico muscolare, coordinare i movimenti di braccia e gambe, ottenere un range di movimento completo, appoggiare correttamente il piede, eccetera.
Andare in bicicletta richiede anch’esso una capacità tecnica ma, fondamentalmente, una volta saliti in sella ci si trova in una “posizione protetta” dalla quale non si può scappare. Non posso, ad esempio, pedalare con le ginocchia in valgismo.
Da qui deriva l’analogia con il multipower: una volta posizionato all’interno della gabbia è difficile uscire dal percorso prefissato!
La prova empirica di questo è che è difficile osservare qualcuno e dire: “quello non sa andare in bici”. Mentre di gente che non sa correre se ne vede a bizzeffe!
Tengo a precisare che in tutti e due i casi (bici e multipower) è necessaria una BUONA TECNICA per “fare bene le cose”. Quest’ultima è sempre imprescindibile in qualsiasi attività e può fare la differenza tra un campione e un amatore.
Per riassumere, diciamo che vedo la bicicletta più come un mezzo per “fare fiato” (parlando volgarmente), cioè qualcosa di complementare all’allenamento, che non uno strumento “primario” vero e proprio. A meno che tu non sia un ciclista, ovviamente!
Allargando il discorso, credo che questo sia il motivo per cui in molti studi vengono utilizzati cicloergometri a braccia o gambe: il controllo del gesto in queste situazioni è molto più semplice ed immediato che non eseguendo uno studio su una serie di alzate olimpiche.
Spero di essere stato sufficientemente chiaro, scrivimi se così non fosse!
@PrisonBreak
Nella pratica clinica utilizzo un mix di diverse tecniche: pressione pura, pressione con piccole oscillazioni, pressione con attivazione volontaria, pressione in allungamento, eccetera.
Quello che consiglio ai neofiti, sopratutto nel caso di auto-trattamento, è di massaggiare tutto la zona interessata in modo da “lavorare” il sistema miofasciale nella sua completezza. Un punto da ricordare è di muoversi nella direzione delle fibre e non trasversalmente ad esse (nelle immagini dell’articolo ho inserito alcune frecce proprio ad indicare la direzione ideale).
Se, invece, sei già pratico di queste tecniche, puoi provare ad utilizzare una pressione precisa sul punto seguendo uno schema di 4-5 ripetizioni da 10-15 secondi l’una.
Un’altra cosa che consiglio, MOLTO IMPORTANTE (che non ha trovato spazio nell’articolo, forse in futuro…), è di eseguire un esercizio di stretching per il muscolo interessato alla fine del trattamento. L’idea è di “lavorare” il muscolo e poi riportarlo alla lunghezza originaria.
@JohnnyLee
E’ difficile darti una risposta esauriente senza prima valutarti dal vivo!
Credo che nel tuo caso ci sia, innanzi tutto, “qualcosa” che non va nella tecnica che stai usando o nel regime di allenamento. E’ importante ricordare che uno dei nostri obiettivi è lavorare simmetricamente e restare concentrati sul gesto atletico!
Detto questo, ritengo che adottare delle tecniche di rilascio miofasciale non possa farti che bene! Nella mia esperienza moltissime persone hanno un “problema” di fascia lata, bandelletta ileo-tibiale e gluteo troppo contratti.
Fai un tentativo e fammi sapere!
Scusate per i punti al posto delle virgole, layout inglese, spero si capisca comunque.
Grazie per avermi risposto!Secondo me bisognerebbe chiarire a che livello atletico ci stiamo riferendo.
Un ciclista della domenica che non sa nemmeno registrare un cambio (tanto per rendere l’idea) avrà una pedalata ed una posizione in sella obbrobriosa. Posso dirti che è come vedere un qualsiasi palestrato medio spancare mentre scalcia come un mulo. Stessa cosa sono i runner al parco. no?
Un runner amatoriale ma che sa quello che fa. oltre ad andare in cerca della qualità di scarpe. etc. cercherà di imparare al meglio la falcata. magari facendosi seguire da qualcuno (scusate per l’esempio) per imparare a correre bene!
Un ciclista dello stesso livello che fa 300km a sett. non agonismo quindi. non potrà solo salire in sella e pedalare perché dopo 20km avrà quel male al culo che tutti conosciamo. correre con le ginocchia che puntano verso l’esterno. la pedalata a mezzo rom. il culo che va via via verso la punta della sella (forse questo significa altro). l’eccessivo irrigidimento dei muscoli di spalle e collo. etc.
Il controllo delle braccia. della schiena. della caviglia alla fine fanno la differenza tra una volata fatta bene senza “tirare indietro” il manubrio. mantenendo il controllo sulla bici e una dove sembra che stai ballando il valzer e alla prima spallata finisci giù.
Guardiamo i pistari. sono bellissimi da vedere. hanno una pulizia tecnica. una qualità del movimento che gli permette di sviluppare potenze esagerate.
[…] La bici non è tanto una gabbia ma più un mezzo. così come lo è il bilanciere. Perché posso correre ma ci sono modi e modi per farlo. così come ci sono modi e modi per squattare. In salita. ancora più che in volata forse. dove si ha uno sforzo intenso e prolungato conta tantissimo il lavoro di braccia per non rompere l’equilibrio tra le pedalate che porterebbe ad un dispendio energetico inutile. Deve esserci fluidità e bellezza.
Non saprei dirti se la coordinazione è maggiore o minore del running perché ne sono un amatore ma ti posso assicurare che nel ciclismo anche non prof. c’è ed è un fattore non da poco.
Per me è difficile dire “quello non sa correre a piedi” ma mi è più semplice valutarlo per uno che corre in bici 😉
@Nutria
Probabilmente non sono riuscito a rendere l’idea perchè, come riportato nel mio primo commento, dovrei scrivere un articolo con tanto di foto, video e ricerche.
Allora, come hai giustamente sottolineato tu bisogna chiarire il livello atletico a cui ci stiamo riferendo anche se, come vedrai a breve, credo che il discorso si possa ampliare a diverse classi di persone.
Questo articolo è stato scritto avendo in mente il lettore tipico di RawTraining, ossia una persona discretamente allenata e con una serie di obiettivi in mente. Partendo da questo presupposto, ritengo che la corsa sia un’ottimo esercizio perchè permette di interiorizzare una serie di movimenti propedeutici ad altri più complicati; come scrivo in un commento precedente, la sinergia tra gruppi muscolari agonisti/antagonisti sviluppata correndo è fondamentale per costruire schemi motori “corretti” per altri esercizi. Insomma, la corsa ha un transfert positivo su tantissime altre attività!
Questo fattore manca, invece, nella bicicletta. Meglio, nell’atto di pedalare è necessaria una grande coordinazione e abilità che però non allena uno schema motorio “naturale”: la bicicletta è faticosa, migliora le diverse componenti aerobiche ed anaerobiche del sistema, è biomeccanicamente vantaggiosa ma…non possiede un grande transfert motorio!
La posizione in cui ci troviamo pedalando non è “funzionalmente” efficace se non per un ciclista perchè, obiettivamente, sei “vincolato” al mezzo: raramente estendi completamente l’anca, utilizzi marginalmente gli stabilizzatori di tronco, la coordinazione arti superiori-inferiori è ridotta e via dicendo.
Non cadiamo in errore però, lo stesso discorso si può ampliare ad altri attrezzi! Non sto tentando di demonizzare l’andare in bicicletta…anzi!
Questa visione del movimento (un po’ manichea lo ammetto) deriva dal mio approccio personale all’allenamento: non farei toccare una due ruote, il bilanciere, la sandbag, gli anelli, eccetera, a qualcuno che non abbia dimostrato di saper controllare il proprio corpo correttamente nello spazio.
Ciò significa che se non sai correre, accosciarti, saltare, arrampicarti, rotolare, restare in equilibrio, eccetera, allora non sei pronto per i passi successivi.
Questo visione si può estendere anche alla gente “normale” che, prima di andare in bicicletta, dovrebbe riacquisire le capacità che aveva a 10 anni, poi perse nello sviluppo. Banalmente io mi guadagno lo stipendio, tra l’altro, “aggiustando” schemi motori di persone che non sono più in grado di compiere gesti anche semplici come flettersi in avanti.
Spero di aver chiarito un poco l’argomento. Se così non fosse scrivimi senza paura!
[Nessun ciclista è stato maltrattato durante la stesura di questo commento]
Ok condivido pienamente 🙂
Però mi viene da pensare, se parliamo di transfer, il ciclismo su strada ha un grosso transfer sulla mtb, ad esempio. Però te parli di discipline differenti.
A questo punto attendo il tuo articolo e ti faccio ancora i miei complimenti per questo.
Grazie tutto chiaro 🙂
Figurati se me la posso prendere per una cosa così, anzi, avevo capito l’intento 🙂
ottimo articolo!
Bell’articolo!!!
Piccolo sondaggio per la disattivazione dei trigger per chi lo fa che tecnica usate?
bell’articolo, sia nella prima che nella seconda parte.
Concordo anche sulla parte della bici: prendete un ciclista e vedrete una persona A) poco coordinata; B) debole muscolarmente ed a livello osseo.
Domanda: lo stretching passivo può comunque avere un ruolo nel relax della fascia?
Grazie per i commenti ragazzi!
@THE CROW e @MrStamina
In realtà ho già risposto a domande simili alle vostre in un commento qui sopra (in merito a quanto richiesto da PrisonBreak).
In breve:
– per la disattivazione dei punti trigger utilizzo diverse modalità ma, fondamentalmente, mi baso su quanto insegnato dall’accoppiata “Travell & Simons” unito ad un lavoro sulla fascia con strumenti specifici (il nome scientifico di questo tipo di tecniche è IASTM).
– lo stretching passivo può essere utilizzato DOPO un trattamento di rilascio miofasciale e, in alcuni casi, DURANTE il trattamento.
Se sei uno sportivo che si allena per conto proprio, il mio consiglio è di utilizzare le tecniche delineate nell’articolo, seguite da uno stretching classico del muscolo interessato.
Un esempio semplificato di approccio a questo tipo di problemi può essere:
allenamento in pista ——-> risentimento muscolare il giorno successivo —-> rilascio miofasciale tricipiti della sura ——> stretching classico dei polpacci a muro.
Mi rendo conto di come una risposta così succinta non dissolva tutti i dubbi in merito a questi argomenti. La verità è che si tratta di tematiche che andrebbero approfondite in una serie di articoli “ad hoc” così da fornire una visione d’insieme di tutto il quadro.
Mi (e vi) riprometto di far luce su tutto questo in un articolo futuro…ma per ora dovrete pazientare!
Fino ad allora vi ringrazio nuovamente per l’attenzione e vi invito a scrivermi per qualsiasi dubbio o approfondimento!
Ciao Jackal e grazie per la risposta ultima domanda lo stretching lo consigli a freddo o dopo essersi riscaldati un po?
@THECROW
Consiglio sempre di eseguire gli esercizi di stretching dopo aver aumentato la propria temperatura corporea poiché è buona cosa diminuire la resistenza interna dei tessuti (viscoelasticità) prima di lavorarli in qualsiasi maniera.
Ciò a prescindere dalla modalità utilizzata o dalle tecniche impiegate: dopo una routine di rilascio miofasciale, dopo un allenamento intenso, utilizzando uno stretching PNF o altro.
E l’importanza della viscoelasticità dei muscoli è anche uno dei motivi per cui insisto così tanto sull’importanza del riscaldamento pre-allenamento.
Capito 🙂 ! Grazie ancora e attendo i tuoi prossimi articoli!