L'essenza della forza - Rawtraining
di Andrea Biasci
Piccola premessa, l’articolo è lungo e corposo, tuttavia è di primaria importanza per chi si prefigge d’essere un tecnico, un preparatore, un allenatore di medio-alto livello. Che siate professionisti o semplici amatori, spezzettate pure in più letture il testo. Fermatevi ad ogni capitolo, assicuratevi d’aver appreso i concetti chiave e solo successivamente affrontate i seguenti. Alla fine del percorso sarete ripagati d’aver interiorizzato uno dei pilastri dell’allenamento e dello sviluppo della prestazione umana.
Dei tanti articoli che leggerete, questo è speciale; è unico perché se lo capirete cambierete il modo d’approcciarvi all’allenamento. La vostra vista si schiarirà, la percezione delle cose diventerà più completa. Per anni avete cercato una strada, un percorso che vi portasse a conoscere l’ESSENZA DELLA FORZA, ora potete pure fermarvi: tutto ciò che cercavate non sta attorno a voi ma è dentro di voi… ma questo già lo sapevate.
Sino ad oggi
Nell’allenamento tutto è miocentrico (mio=muscolo), la preparazione atletica è un processo focalizzato sul potenziamento dell’apparato muscolare; la performance è sempre osservata dal punto di vista della capacità dei muscoli di contrarsi, di coordinarsi, di vincere resistenze, di primeggiare sul tempo.
Per anni avete letto che bisognava allenare le parti più deboli: che per saltare bisognava potenziare i quadricipiti, che per colpire bisognava rafforzare la catena interna crociata, che per lottare bisognava aumentare la solidità della presa, ecc.
Siete rimasti colpiti dalle cosce di Roberto Carlos, dalla schiena di Mike Tyson, dalle braccia di Yuri Chechi; avete amato “Pumping Iron” e avete apprezzato l’armonia di un fisico che assomigliasse alle statue dei miti greci.
Il muscolo ha un fascino indiscutibile, al suo interno energia chimica si trasforma in energia meccanica. Il suo pulsare è l’inno alla vita; l’uomo è una macchina creata per vivere nella natura, per affrontarla, per dominarla, i muscoli sono lo strumento che ci è stato dato per fare tutto questo.
Ora, tuttavia, è tempo di capire che il muscolo è solo il GUSCIO, è arrivato il momento di scivolare al suo interno per scoprire l’origine dell’ESSENZA DELLA FORZA.
Apprendimento motorio e prestazione
Chi ha fatto scienze motorie conoscerà questo libro, pietra miliare della triennale. Se l’avete letto e avete proseguito il vostro cammino come nulla fosse avvenuto, sappiate che vi siete persi il treno più importante.
All’interno di questo volume ci sono tutte le basi della prestazione motoria, qui albergano tutti i segreti dell’allenamento. Le mie conoscenze, purtroppo, sono limitate per svelarvi tutte le sfumature e per aprirvi tutte le porte; mi limiterò ad accompagnarvi lungo il percorso alla scoperta dei segreti del libro, aiutandovi a non perdervi e indicandovi quelle che, in fondo, sono le fondamenta del movimento umano e della sua prestazione.
Capitolo 1: l’inizio
Che cos’è un’abilità? Chi è abile?
La prima cosa che dovete imparare è che le abilità sono compiti motori. Una persona abile in qualcosa è in grado di compiere in modo soddisfacente quell’atto: un buon tennista è quindi abile nel giocare a tennis, un lanciatore professionista nel compito di lanciare e così via. Tutti i gesti umani richiedono un’abilità, la qualità del movimento (massima sicurezza del gesto, minimo dispendio energetico, nel minor tempo possibile) distingue un abile esecutore da uno no.
Le abilità motorie si concretizzano in prestazioni fisiche osservabili: un pugile professionista schiva un gancio e rientra colpendo in modo secco il mento dell’avversario, ma prima che realizzi tutto ciò deve aver appreso qualcosa; prima che l’atleta possa mostrare la sua bravura ci dev’essere un percorso che lo porta da principiante a diventare campione.
In questo articolo parliamo d’APPRENDIMENTO, perché la prestazione è soltanto il risultato di questo processo invisibile agli occhi: voi sarete bravi, diventerete forti, se apprenderete bene.
Conoscete quel modo di dire: “la pratica rende perfetti”? Bene, in effetti, il primo modo per imparare è fare. Senza che nessuno vi spieghi nulla, a furia di cadere imparerete da soli ad andare sui pattini (apprendimento implicito).. Il detto tuttavia andrebbe corretto in questo modo: “la pratica rende capaci, la pratica ottimale rende perfetti“. Un conto è passare 3 ore da soli a cadere sul ghiaccio, un altro è passare tre ore con un ottimo insegnante. Incominciate a capire che per diventare abili, forti o quello che volete, la prima cosa da fare è ripetere, ripetere, quello su cui volete migliorare. La ripetizione della prestazione motoria determina l’apprendimento e quindi il risultato.
Piccola parentesi, un paio di volte al mese qualcuno mi chiede come deve fare per diventare forte a lottare utilizzando i kettlebells. La prima cosa che gli chiedo è quante volte si allena a combattere a settimana. Se è meno di 4 gli dico che il miglior modo è quello di lasciare i kettlebells per terra e di salire sul ring una volta in più.
Arrivati a questo punto dovreste aver intuito che la domanda: come faccio a diventare più forte?, è sbagliata. Uno si dovrebbe chiedere: come faccio ad imparare a diventare forte?, perché appunto la forza è una skill, un’abilità proprio come le altre, un’abilità che va appresa.
Capitolo 2: capacità versus abilità
Pure se tutti possediamo due occhi, una bocca e due braccia, ognuno ha delle peculiarità. Avete mai notato uno particolarmente dotato che dopo un mese fa già più di 100kg di panca, mentre un altro dopo un anno non è nemmeno a 90kg? Bene, ognuno di noi ha delle potenzialità di base (genetiche) che si realizzano in capacità di prestazione, cioè nell’eccellere nell’esecuzione di un compito motorio spontaneamente, naturalmente. Ci sarà chi è più portato nella lotta, chi nella corsa, chi nello sparare o sollevare pesi.
Immaginate che ognuno di noi giochi una partita a scacchi con la vita. I pezzi che avete sono quelli che la genetica vi ha concesso. Nei primi anni di vita i genitori muovono per voi le pedine, le esperienze motorie che avete fatto vi hanno permesso di trovarvi in posizioni più o meno vantaggiose. Oggi la scacchiera descrive il percorso che avete fatto. I pedoni intralciano l’avanzare degli altri pezzi? La regina si trova da sola o è supportata? Voi siete un mix di esperienza di vita e di genetica. Giocatevi al meglio le mosse che vi rimangono.
Nell’educazione motoria le capacità vengono definite come tratti stabili e duraturi determinati geneticamente: sono l’Hardware con cui siete stati creati e sono indipendenti dall’allenamento.
Le abilità, invece, sono atti di prestazione che si sviluppano con l’esercizio. Più vi impegnate e più diventerete abili.
Pertanto il risultato è dato dalla capacità di base dell’individuo e dalle esperienze dall’allenamento che ha fatto.
Negli anni molti autori hanno provato a catalogare le capacità motorie del genere umano. La classificazione più famosa è quella di Fleishman del 1964. Costui fa una prima divisione tra capacità percettivo-motorie (coordinazione tra gli arti, precisione di controllo, tempo di reazione, destrezza manuale, mira, ecc) e capacità di efficienza fisica (forza esplosiva, forza dinamica, flessibilità statica e dinamica, resistenza, ecc).
Dal momento che parliamo di forza, ci concentreremo su quest’ultime cercando di capire, nella pratica, come possiamo sfruttare questi elementi.
Quando ci alleniamo sviluppiamo delle abilità non delle capacità. Quest’ultime solo in minima parte possono essere influenzate. Nel computer ci potete mettere tutti i programmi che volete ma l’hardware rimane sempre lo stesso.
Mentre le capacità sono generali (coinvolgono ogni gesto in cui la persona si applica, uno che nasce forte è mediamente forte in tutto), le abilità sono specifiche (coinvolgono un particolare gesto, un individuo che si esercita nello squat diventa abile solo nello squat), ma…
Se io mi alleno nel full squat divento bravo a fare il full squat, se faccio la leg extention divento bravo a fare la leg extention. Eppure chi è forte nello squat lo diventa anche nella leg extention e non viceversa, perché?
Ci sono abilità che hanno transfer su altre?
A questa domanda risponderemo solo successivamente, nei prossimi capitoli; intanto per iniziare a svelare la risposta, possiamo chiederci: visto che il transfer di forza è limitato al singolo gesto, lo è anche il transfer d’apprendimento?
Capitolo 3: elaborazione dell’informazione
Fino a qui abbiamo capito che per diventare abili dobbiamo imparare. Ora vedremo come avvengono i processi d’apprendimento.
Ogni attività che fate crea degli input (segnali), quando eseguite uno squat costantemente ricevete input, il vostro sistema elabora questi input e su questa base crea delle risposte (output).
Gli stadi dell’elaborazione funzionano così:
I sensi vi permettono di percepire gli stimoli, senza la sensibilità non avreste afferenze, non capireste quanto pesa il bilanciere sulle spalle o quanto siete scesi. Tutto quello che sentite fa si che al vostro SNC (sistema nervoso centrale) arrivino dei segnali. La prima cosa che farà il vostro sistema è riconoscere gli input che gli arrivano.
Una volta che il vostro SNC ha riconosciuto gli stimoli inizierà ad elaborare l’informazione. In questo momento il corpo seleziona una risposta, decide cosa fare.
La fase successiva è quella dell’attuazione, si organizza il sistema motorio perché produca il movimento desiderato. Nello squat i muscoli si contrarranno con gli opportuni livelli di forza e col timing ideale per produrre il movimento corretto.
Il risultato finale è il gesto motorio che possiamo osservare, l’output.
Arrivati a questo punto è importante approfondire l’elaborazione della risposta. Questa può essere controllata oppure automatica/automatizzata:
la prima richiede attenzione e coscienza, il movimento sarà lento e molto spesso incerto;
la seconda, invece, non richiede attenzione, è veloce ed involontaria.
Quando imparate qualcosa di nuovo prendete coscienza di quello che fata, la pratica vi renderà il gesto automatizzato. Il percorso che uno compie è il seguente:
- State imparando un nuovo esercizio che non avevate mai visto, per voi è tutto nuovo. Non avendo idea di come si fa, non sapevate neanche di non saperlo fare.
- Avete provato e vi siete resi conto che ci vorrà del tempo per apprenderlo. In questa fase sbagliate, ma lavorate come dei matti per migliorarlo.
- Finalmente l’esercizio vi viene correttamente, dovete però ogni volta prestare attenzione quando lo fate, così l’esercizio non sarà mai fluido al 100%, sprecherete sempre più energie di quelle che servono per controllare i movimenti.
- Ormai siete dei maestri, vi viene naturale come mangiare. È fluido al 100% e lo eseguite in modo incosciente. Ormai pensate solo a spingere il carico.
1) Siccome non prestavate più attenzione al gesto e pensavate giustamente a spingere, questo ha iniziato naturalmente a sporcarsi. Sono entrate nuove afferenze che vi hanno leggermente modificato il movimento. Ma, visto che tutto era incentrato sul finire l’esercizio, vi ritrovate con un gesto tecnico imperfetto, senza avere la coscienza di sbagliare. Siete tornati al punto uno. Attenzione perché questo passaggio lo compiono tutti anche i grandi campioni, quindi anche voi di sicuro. Ci sono solo due modi per evitare di ricadere in questo punto. A) Riprendersi costantemente con una videocamera B)Avere un allenatore che vi controlla ad ogni allenamento. Se non adottate uno dei due stratagemmi sappiate che la strada per la forza, per raggiungere il vostro potenziale, vi sarà preclusa.
3,4) Questi due punti sono il fulcro dell’allenamento; una volta raggiunta la padronanza del gesto tecnico dovete continuare a saltare tra il livello 3 e 4. Dovete eseguire l’esercizio in modo involontario perché potete dare il massimo solo se non pensate, se eseguite il tutto in modo automatizzato (sottocorticale). Ma regolarmente dovete tornare ad eseguirlo in modo cosciente e controllato, per riprendere lo schema motorio e verificare eventuali errori. Pena, ricadere nel punto 1.
Capitolo 4: il contributo della afferenza alla prestazione abile
Ogni secondo migliaia se non milioni di afferenze arrivano ai nostri centri nervosi. Qui vengono selezionate, catalogate, conservate o cancellate. Tutto avviene al 99,99% a livello involontario altrimenti, o si impazzisce, o si rallentano talmente i movimenti da sembrare un bradipo che si muove.
I sensi sono il mezzo mediante il quale prendiamo coscienza dello stato presente. Abbiamo informazioni che arrivano dell’esterno (esterocezione), ma anche dall’interno (enterocezione). A proposito di afferenze interne tutti conoscono la propriocezione (vedi il mio articolo apparsoi su RT) che ci segnala la posizione e il movimento del corpo e degli arti nello spazio. Fusi neuromuscolari, organi tendine del Golgi, meccanocettori articolari, ecc, contribuiscono ad aumentare i segnali.
Come accennavo prima deve esistere un sistema di controllo che organizzi il tutto e che produca delle risposte efficaci. Il sistema prende la seguente forma:
Il comparatore registra la situazione verificando se quello che avviene corrisponde a ciò che desideriamo. Immaginate il comparatore come se fosse il termometro di un sistema di climatizzazione. Voi impostate la temperatura desiderata, lui verifica se ci sono variazioni.
L’esecutore è il sistema che interviene qualora ci siano modifiche indesiderate. Il comparatore gli invia i segnali di variazione, l’esecutore elabora una soluzione per tornare alla situazione voluta. L’esecutore è la centralina del sistema di climatizzazione.
L’effettore ha il ruolo materiale di riportare la situazione allo stato desiderato. Nell’esempio l’effettore è la caldaia che si attiva per riportare la temperatura ai livelli predisposti dell’esecutore. Nella realtà questo compito è svolto dai muscoli.
Quando vi allenate accade lo stesso, un comparatore registra quello che state facendo rispetto a quello che vorreste fare, esecutore ed effettore attivano delle risposte con l’obiettivo di correggere l’esecuzione laddove è sbagliata.
Questo procedimento si chiama sistema di controllo a circuito chiuso e si avvia in tutti i movimenti lenti e controllati.
Ora cercheremo d’integrare quello visto nei precedenti capitoli con quello appena descritto:
- INPUT
Arriva un input esterno ed/o interno (Inizia la serie di squat) - ESECUTORE
Identificazione dello stimo (Riconosco il peso e la traiettoria dell’esercizio)
Selezione della risposta (Quanto dovrò scendere, a che velocità, quando dovrò risalire)
Programmazione della risposta (Invio ai muscoli gli ordini per eseguire l’esercizio) - STATO DESIDERATO
Quello che vorrei che accadesse (Come mi immagino che eseguirò lo squat) - EFFETTORE
Programma motorio Verrà affrontato nello specifico nel prossimo capitolo (Il corpo genera una serie di comandi organizzati per l’attivazione spaziale e temporale dei muscoli, i segnali dai centri integrati scendono a livello del midollo spinale per giungere ai muscoli) - OUTPUT
Realizzo il movimento (Eseguo lo squat) - FEEDBACK
Il mio corpo registra quello che sta avvenendo - COMPARATORE
Questa fase è essenziale per aggiustare il movimento, il comparatore mette in relazione lo stato desiderato con il feedback, cioè quello che vorrei fare con quello che sto facendo - ERRORE
Tutto quello che non è eseguito in modo ottimale viene segnalato, nuovi input arriveranno all’esecutore e daranno vita a nuovi aggiustamenti.
Questo tipo di controllo è utile soprattutto in serie in cui si eseguono più ripetizioni. Ad ogni alzata l’atleta o l’allenatore registra cosa non andava, nella ripetizione seguente cercherà d’evitare l’errore, aggiustando i difetti. Il sistema di controllo a circuito chiuso permette d’avere costantemente un confronto tra lo stato desiderato e il feedback dell’alzata, consentendo così, d’intervenire se non nella ripetizione presente, in quelle successive.
Capitolo 5: produzione dei movimenti e programmi motori
Non tutte le attività possono disporre di un feedback immediato, pensate ad un lanciatore, ad un pugile che tira un pugno. I movimenti sono troppo rapidi, non sono ciclici, perché l’esecutore possa cambiarli una volta che sono partiti. Per questo il nostro SNC preconfeziona dei programmi motori. Crea delle sequenze spaziali e temporali (modelli strutturali) entro cui i muscoli si contraggono per dar vita a gesti complessi. Il programma motorio è alla base del sistema di controllo a circuito aperto:
Come vediamo dall’immagine il sistema non dispone ne di un feedback ne di un comparatore, pertanto una volta che si è conclusa l’azione, chi la svolge rimane all’oscuro sulla sua corretta applicazione (da qui ancora di più l’importanza di riprendersi con una videocamera). Per far si che il movimento si compia nel modo migliore possibile il sistema adotta i seguenti stratagemmi:
- Vengono date in anticipo istruzioni che specificano le operazioni da eseguire: l’ordine sequenziale e la struttura temporale.
- Una volta che parte il programma motorio, il sistema lo esegue fedelmente senza modifiche
L’esercitazione quotidiana elabora programmi sempre più complessi e strutturati. L’atleta dovrà aver bene chiaro il gesto corretto da eseguire, ogni particolare che verrà aggiunto col tempo sarà inserito nel programma motorio. Per questo è importante che principianti si focalizzino solo su un paio di punti fondamentali. Una volta appressi, inseriranno in quello che gli viene spontaneo nuove finezze, fino a rendere il gesto totalmente performante.
Tutte le alzate con sovraccarichi, ma in realtà quasi tutti i gesti umani, sono un mix tra circuiti aperti e chiusi, in cui i due sistemi si intersecano per riuscire a creare programmi motori sempre più efficaci.
Ora, arriviamo ad un punto cruciale delle questione, una chiave di volta nella preparazione atletica. Partiamo da queste due domande:
Se il programma motorio è il risultato dell’elaborazione delle esperienze, cioè si crea ed affina con la pratica, come possiamo compiere azioni nuove, che non abbiamo mai visto o fatto?
Se il programma motorio è specifico per ogni gesto, abbiamo una problematica d’immagazzinamento, e quindi come potremmo memorizzare tutti i programmi visto che i gesti umani sono infiniti?
Per ovviare alle problematiche esposte in queste due domande il corpo umano ha ideato programmi motori generalizzati cioè modelli flessibili che si adattano alle differenti situazioni. Così, ad esempio, il programma motorio dell’arrampicarsi, sarà unico ed universale, modificandosi a seconda del caso specifico (su una corda, un albero, una parete).
Riportando questo nell’allenamento della forza, ci sono esercizi che sviluppano programmi motori generali ed altri che sviluppano programmi motori semplici (specifici). Pensate allo squat, un’accosciata, gesto naturale di qualsiasi bambino, la capacità di tornare eretti richiede la coordinazione di tre articolazioni (caviglia, ginocchio, anca), il gesto è talmente importante per la sopravvivenza del genere umano che è un programma motorio generalizzato primario. Ora, pensate invece al movimento della leg extention, quando nella vita si compie un gesto simile? Mai. Sarà quindi un programma motorio semplice. Diventare bravi nello squat comporterà un miglioramento di tutti i gesti in cui viene richiesta l’estensione dell’anca e la distensione degli arti inferiori, diventare bravi nella leg extention permette d’essere bravi nella leg extention e stop.
Per questo nella preparazione atletica vincono gli esercizi multiarticolari rispetto a quelli mono, per questo le versioni base delle alzate sono sempre più efficaci delle varianti: È INUTILE potenziare il muscolo se non lo si fa all’interno d’un programma motorio generalizzato. Se la persona non ha programmi motori flessibili, che si possono adattare alle differenti situazioni, avrà sempre difficoltà nell’eseguire compiti motori differenti ma che richiedono gli stessi muscoli. Un bodybuilder quanto è funzionale?, e per funzionale intendo la capacità d’adattarsi alle situazioni della vita? Eppure il BB ha una capacità muscolare non inferiore a nessuno o quasi, è il suo sistema nervoso, la sua plasticità ad essere carente.
Vediamo ora come i programmi motori abbiano tre gradi d’abilità.
Quando apprendiamo un nuovo esercizio passiamo tra tre fasi:
- Coordinazione grezza. L’allievo comprende il compito motorio ma lo sa eseguire in forma elementare
- Coordinazione fine. L’allievo esegue il compito in modo aderente alle richieste raggiungendo una buona prestazione (Questo il livello, pur essendo buono, non permette di fare il salto di qualità)
- Disponibilità variabile. L’allievo raggiunge lo stato di maestria riesce ad esprimere il compito anche in condizioni difficili e non abituali. Lo schema motorio si è evoluto fino a permettergli di esprimere l’azione svolgendo contemporaneamente anche altri compiti.
Tradotto, chi raggiunge il grado di disponibilità variabile in schemi motori generali si può permettere di compiere azioni complesse senza intasare il sistema nervoso centrale. Per esempio, può concentrarsi sul sollevare un avversario che cerca di scappare, senza pensare (sempre a livello sottocorticale) a distendere le gambe. Questo poiché la distensione degli arti inferiori sarà un impegno gratuito per il SNC che si potrà concentrare sulle nuove varianti. All’opposto chi dispone d’un grado di coordinazione fine, dovrà concentrarsi sia sul tenere fermo l’avversario sia sull’imprimere forza al pavimento per sollevarsi.
Le capacità di risposta agli stimoli nel tempo sono limitate da parte del nostro sistema (3 risposte al secondo). Troppi stimoli creano il fenomeno a collo di bottiglia:
Per questo il corpo elabora automatismi, raggruppamenti ecc. Nel nostro caso l’atleta deve saper imprimere forza in una situazione aperta (open skill), deve saper spingere con le gambe mentre un avversario tenta di scappare.
Se voi non avrete il grado di disponibilità variabile, la vostra capacità d’esprimere forza, fuori da contesti controllati (close skill), sarà sempre limitata.
È sempre la capacità neurale che fa la differenza quando si presentano situazioni nuove.
Pertanto è inutile continuare a variare 1000 esercizi se la base neurale dei programmi motori generali, non raggiunge un grado eccellente. Meglio focalizzarsi sull’esercizio base e raggiungere il livello di disponibilità variabile. Tutto il resto è moda e fitness.
Capitolo 6: preparare e potenziare l’esperienza d’apprendimento
Ok, arrivati a questo punto spero vi siano ben chiari questi tre concetti chiave:
- L’essenza della forza è l’APPRENDIMENTO. Voi diventate abili perché apprendete, sollevare pesi è in primis imparare a fare qualcosa, la risposta muscolare è la conseguenza.
- Scegliete esercizi che lavorino su programmi motori generali (squat, strappo, slancio, stacco, lento, ecc). Se le varianti di queste alzate vi fanno sollevare meno carico, che so la panca per il lanciatore, lo slancio per chi fa basket, lo snatch del lottatore ecc, lasciate stare, voi coi pesi dovete diventare forti, forti a 360°.
- Per fare il salto di qualità, dalla coordinazione fine dovete passare alla disponibilità variabile. Come fate a capire quando questo avviene? Quando siete diventati più forti in tutte le varianti dell’esercizio anche se non le allenate mai. Vuol dire che il vostro SNC è capace d’adattarsi a diverse situazioni. Questo avviene dopo che avete eseguito almeno 1.000.000 di ripetizioni con carichi allenanti.
Ora, una volta interiorizzati questi punti, dobbiamo focalizzarci su come migliorare le esperienze di apprendimento. Un bravo allenatore non è solo bravo a programmare lo è anche ad insegnare.
Vediamo, per finire, dei consigli pratici su come potenziare l’esperienza d’apprendimento.
Lavorare per obiettivi
Tutti hanno ben presente che l’apprendimento è direttamente collegato con la motivazione. Le materie in cui eravate motivati vi sono rimaste. Si è ben disposti ad apprendere se lo si fa con piacere ed entusiasmo.
Perché chi gareggia raggiunge risultati migliori? Perché la gara, il confronto, è uno stimolo fortissimo all’apprendimento. La gara è il massimo dell’obiettivo. Ora, il 90% di voi si allena per piacere ma la prima cosa che dovete fare è porvi degli obiettivi (stimolanti, ottenibili, realistici, specifici). Dovete iniziare a crearvi delle sfide interiori. Fatevi un test, riprendetevi, decidete che tra 6 mesi dovete raggiungere almeno tot kg in più, tot ripetizioni in più. Il fatto di riprendervi è, comunque, avere un occhio esterno che vi osserva, è avere una testimonianza della vostra scommessa interiore. Allenarsi senza obiettivi, senza vedere l’evoluzione del vostro lavoro è quanto di più demotivante possa esistere.
Sviluppare abilità tecniche
Oltre ai numeri focalizzatevi sul migliorare tecnicamente le alzate. Dopo che vi siete ripresi ponetevi come obiettivo il migliorare due particolari tecnici. L’evoluzione della tecnica d’esecuzione deve sempre andare di pari passo, con l’aumento dei carichi. Se progrediscono solo quest’ultimi tra 6-12 mesi stallerete. O vi iniettate del testosterone, che è un modulatore nervoso (il primo effetto è il potenziamento del sistema nervoso, non l’aumento della sintesi proteica), o migliorate tecnicamente. Quindi, come obiettivo, dovete sia crescere nei numeri sia nell’aspetto biomeccanico dell’alzata. Lavorare sulla tecnica è motivante e divertente, chi inizia non smette più. Cercate su internet dei modelli credibili, non ragazzi dopati che alzano pesi alla razzo, ma simili a voi e copiateli, vi serviranno per proiettarvi verso quello che dovete fare.
La fatica come fattore essenziale per l’apprendimento
L’allenamento è un processo d’adattamento che cambia i parametri interni attraverso la fatica. Quest’ultima, tuttavia, può essere sia pericolosa che utile per migliorare il programma motorio. L’allenatore dovrebbe strutturare l’esperienza di allenamento in modo da potenziare il più possibile l’apprendimento della corretta esecuzione. La seduta dovrebbe essere composta in:
Fase 1
Durante il riscaldamento specifico e nella prima parte, l’atleta esegue il corretto schema motorio in assenza di fatica
Fase 2
L’introduzione dell’affaticamento è un processo essenziale per consolidare il programma motorio. L’allenatore deve, però, fare la massima attenzione che l’esecuzione degli esercizi non muti sotto sforzo. Pena, cambiare lo schema motorio. Riprendetevi sempre, abbassate l’intensità se occorre, il vostro primo obiettivo è preservare il corretto programma motorio sotto carichi elevati in condizioni d’affaticamento. Se seguite questa strada avete trovato la via per l’essenza della forza.
Fase 3
Se la fase 2 è stata incerta finite la sessione con un ripasso tecnico. L’atleta deve andare sotto la doccia avendo concluso con uno schema fluido e perfetto. Visto che il consolidamento degli schemi (neogenesinaptica) avviene soprattutto durante il riposo le ultime alzate sono le più importanti (memoria a breve-lungo termine).
È essenziale comprendiate che tutti sono tecnici con 40kg sul bilanciere, è il carico che determina la difficoltà dell’alzata. Il passaggio dal facile al difficile è il momento chiave su cui dovete lavorare.
La frequenza e la durata
Il nostro SNC impara meglio con sedute frequenti e brevi, rispetto a sedute infrequenti e lunghe. Purtroppo chi lavora, ha figli e amante, non può scegliere.
Se vi allenate 2-3 volte a settimana su quello schema motorio non preoccupatevi del rapporto testosterone/cortisolo o altre seghe mentali, voi dovete, in primis, apprendere e lo farete solo raggiungendo 1000000 di ripetizioni con carichi allenanti. Quindi, se vi allenate poche volte a settimana dedicate tanto tempo all’allenamento. Se avete poco tempo a disposizione max un’ora in pausa pranzo, riducete i recuperi (piuttosto usate meno peso). Dovete macinare tante ripetizioni ad allenamento. Se fate 30 colpi di panca a settimana diventerete mai degli abili esecutori? Per imparare bisogna ripetere. Attenzione, non è solo la ripetizione a rendere perfetti, ma è quella efficacemente eseguita. C’è una bella differenza tra 100 ripetizioni tutte che viaggiano su linee d’azioni differenti, rispetto a 100 ripetizioni che scorrono sugli stessi binari. Voi dovete diventare padroni della traiettoria dell’esercizio. Solo così sarete veramente abili. Voi comandate il bilanciere, non lo spingete semplicemente su.
Evitate l’assistenza diretta
In tutte le palestre del mondo si vede chi sotto la panca viene soccorso nelle ultime ripetizioni. Ogni volta che qualcuno vi aiuta direttamente in un esercizio, modifica le afferenze che vi arrivano. Il corpo riceve nuovi segnali ed elabora nuovi programmi. L’assistenza serve per evitare che vi facciate male, non per aiutarvi a sollevare il peso. Se lo spotter vi agevola nel sollevare il bilanciere depotenzia il vostro programma motorio.
Esercitazione per blocchi o randomizzata
Ogni volta che sollevate un sovraccarico insegnate qualcosa di nuovo al vostro corpo (ormai dovreste averlo impresso nella mente). Come la goccia che scava la pietra, migliaia di ripetizioni si fanno strada nel SNC, fondendosi in programmi motori ben strutturati. Per velocizzare la fase d’apprendimento è utile usare sia esercitazioni per blocchi, sia randomizzate. Cosa le differenzia? La prima prevede delle sedute sempre con lo stesso stimolo (carico, velocità): 10 serie da 3 ripetizioni con 80% del max. La seconda, invece, sfrutta delle varianti di carico o di velocità. Triple a salire fino a 3×3 col 85% del massimale, successivamente finite con 5×5 col 75% del max.
L’esercitazione per blocchi vi permette di familiarizzare con il carico. Il sistema riconosce l’esercizio. Le prime serie saranno impegnative, perché il corpo immagazzina nella memoria a breve termine l’alzata, anche se la fate da anni. Le serie centrali sono le più facili perché non siete ancora completamente stanchi e sfruttate la memoria a breve termine. Le ultime invece saranno difficili ma permetteranno alla memoria a breve termine di consolidarsi in quella a lungo termine.
L’esercitazione randomizzata, come eseguire una ripetizione lentamente una rapidamente, con più o meno carico, pone sempre nuovi stimoli al SNC. Ogni volta il corpo si trova di fronte ad un problema motorio simile ma differente. La difficoltà d’elaborare nuove soluzioni permette al sistema d’apprendere meglio. Con questa esercitazione si immagazzina più lentamente ma quello appreso rimane maggiormente nella memoria a lungo termine.
Variare i due sistemi permette di trovare strade sempre più rapide per il potenziamento sinaptico.
Fornire feedback
Abbiamo visto nei primi capitoli che i propriocettori ci informano sulla posizione del corpo. Questi ci forniscono feedback intrinseci. Conclusa l’esecuzione di uno squat, tutti abbiamo un’idea (reale o presunta) di come l’abbiamo svolto. Il feedback è il mezzo fondamentale per migliorare. L’analisi di quello che abbiamo fatto ci permette di capire cosa va migliorato. Il feedback intrinseco, tuttavia, non è sufficiente e serve anche un feedback estrinseco che ci indichi da fuori cosa va aggiustato. La maggior parte dei lettori non può disporre di un allenatore personale che gli corregga gli esercizi, per questo, come ho già scritto, serve una videocamera (il migliore amico del pesista). Tutti dovete riprendervi, ho conosciuto centinaia di persone che pensavano di fare bene gli esercizi coi kettlebells semplicemente perché non si riprendevano.
Ogni volta che eseguite una ripetizione dovete pensare ad un particolare da migliorare. Finita la serie controllate con la videocamera se quello che pensavate di fare rispettava quello che stavate facendo.
Quando si arriva ad un livello intermedio ma ancora di più ad un livello avanzato i feedback vanno modulati.
Abbiamo visto che l’esecuzione motoria più performante avviene in uno stato inconscio (maggior fluidità, miglior risparmio energetico). Se l’atleta esperto ricerca continuamente feedback e pensa a cosa deve fare rimane sempre ad uno stadio corticale. Pertanto, se siete già ad un buon livello riprendetevi solo una serie ad allenamento, la più importante.
Ricercate i feedback nella prima fase e nell’ultima dell’allenamento, in quella centrale create il vuoto dentro di voi. Questo consiglio vale solo se il programma motorio è quasi ottimale.
Eseguire l’esercizio deve essere naturale come respirare, se sarete dipendenti dai feedback non raggiungerete mai questo stadio. Dunque, la ricerca tecnica è un passaggio meticoloso, in cui il feedback è fondamentale, ma quando si raggiunge il grado di maestria, va abbandonato per esprimere al massimo il proprio potenziale.
Da domani
Da quanto tempo vi allenate? In questi anni quante novità avete visto nascere e poi morire? Quanti guru hanno palesato nuovi metodi, nuovi attrezzi, cos’è cambiato? Il nuovo integratore vi ha permesso d’alzare 10kg in più? Veramente c’è stato qualcosa che vi ha fatto fare il salto di qualità, che vi ha fatto raggiungere livelli fuori dal comune?
L’allenamento è l’unica cosa che conta
Allenarsi bene è l’unica arma che avete per migliorare veramente, quindi è inutile stare a cercare risposte da fuori, quando l’unico fattore importate siete voi.
Tutto ricade sulle vostre spalle: se non staccate ancora più di 200kg, se non fate almeno 100 snatch con 32kg, se non fate più di 20 trazioni prone pulite alla sbarra; se non avete superato ancora nessuno di questi traguardi è perché fino ad ora avete cercato nella direzione sbagliata.
Volete diventare forti? Trovatevi un obiettivo, un obiettivo ambizioso ma alla portata. Lottate per raggiungerlo, senza cambiarlo dopo 6 mesi, senza trovare scuse.
L’unico modo per un NATURAL di conquistare traguardi d’élite, è quello della PERSEVERANZA e della TECNICA. Solo facendo le cose fatte bene e per tanto tempo, raggiungerete traguardi ambiziosi.
Basta scuse, basta credersi forti, basta seguire modelli dopati se voi non lo siete.
Ormai sul web ci sono infiniti metodi, infinite proposte ma l’ESSENZA DELLA FORZA è solo una ed è racchiusa non in quello che fate ma in come lo fate.
Non potete parlare d’allenamenti tecnici se non ripetete un’alzata almeno 3 volte a settimana per almeno 30′. Non potete considerarvi competenti perché fate tutti i corsi che il mercato propone.
Scegliete una strada, qualunque sia e percorretela per buona parte della vostra vita. Imparate ad apprezzarne le sfumature, a notarne le sottigliezze. Imparate a vedere quello che è invisibile agli occhi.
Alla fine del percorso, quando quasi tutti sono rimasti indietro, si sono arresi, voi vi fermerete per rendervi conto d’essere arrivati in cima alla collina.
Solo chi diventa MAESTRO in una cosa può goderne l’ESSENZA.
visione
Andrea Biasci è un utente del forum ispirato dagli altri utenti, con voglia di crescere e progredire sia sul campo che nello studio.
Per info: Project inVictus
Andrea è RawTraining Strength Master Coach.
Handstand pushup libero30 Aprile 2012
Back Lever Tutorial 30 Aprile 2012
32 commenti
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Niente da dire Andrea…
articolo impressionante!
Sono pagine come queste che mi fanno amare il mio lavoro…
Semplicemente perfetto. Condivido tutto e leggo sempre molto volentieri quello che scrivi.
Colgo l’occasione per scusarmi, tempo fa mi avevi chiesto di mandarti la programmazione usata per i miei regionals di CrossFit, non l’ho mai fatto…non è da me ma in questo caso: mea culpa!
Fortunatamente il lavoro sul campo mi lascia poco tempo libero che impiego per studiare,aggiornarmi e…stare con la mia famiglia. Conto al più presto di essere trai vostri corsisti, buon lavoro nel frattempo.
SPETTACOLARE! Grande Andrea! 🙂
Complimenti…
Grazie Andrea!
Mi accodo ai complimenti. 🙂
Sono concetti che tutti dovrebbero assimilare.
Bellissimo, lo stavo proprio aspettando.
Oso permettermi due considerazioni, posso?
La prima è che fra l’apprendimento di un musicista e di un atleta sembra ci sia un’enorme differenza, per il fatto di lavorare con carichi allenanti. Ma in fondo il carico allenante appropriato del pianista è quello della leva del tasto (e non è paglia). Per un pianista non sono “solo” un milione di ripetizioni, ma il pattern di apprendimento, tra feedback interni e esterni, mi pare esattamente lo stesso.
Forse pensarsi come dei musicisti, degli artisti del ferro, può aiutare a allontanare l’ottica miocentrica dal mondo della forza.
E poi il godimento, che metti proprio come ultima parola. Ho come il sospetto, ma non vorrei dare messaggi devianti, che proprio cercando il godimento nel gesto sotto carico allenante si possa fare della strada. 🙂
grazie mille!
..nel senso delle endorfine e compagnia cantante che favoriscono le dinamiche evolutive del SNC, che cosa avevate capito?!
Grazie a tutti, in primis per aver finito l’articolo, grazie Ernest no problem 🙂
Un piccolo problema le immagini sono tutte impaginate male e non corrispondono a quello che c’è scritto sopra 🙁
Scusate ma mi accorgo che mancano anche delle parti scritte, ieri abbiamo avuto la certificazione e probabilmente ci sono stati problemi nell’impaginazione. Sorry
[quote]E poi il godimento, che metti proprio come ultima parola. Ho come il sospetto, ma non vorrei dare messaggi devianti, che proprio cercando il godimento nel gesto sotto carico allenante si possa fare della strada.[/quote]
Infatti anche swarzy nel video parlava della sensazione fantastica del pump, quando senti il muscolo lavorare e inondato dal sangue 😀
D’altronde si sa, se fai qualcosa contro voglia, senza divertirti non vai da nessuna parte.
Riguardo la parte del goal setting, di trovarsi svuotati moralmente se ti alleni senza obiettivi, confermo personalmente (come ogni atleta su questo forum, penso). Ancora più importante per un fighter secondo me… Ecco un estratto di un libro, Cuore Guerriero (sam sheridan) che mi sento di consigliare a tutti:
“….ridevamo pensando a come i lottatori, quasi senza eccezione, se ne stanno seduti negli spogliatoi prima di un combattimento, proprio negli attimi che precedono il suono della campana, quando l’assurdità della situazione è ormai chiara, e si chiedono perchè diavolo lo fanno. Ma io penso di saperlo: si allenano duramente per vincere gli incontri, in modo che nessuno sia in grado di prevalere su di loro, di fargli male dove hanno già subito dei duri colpi – in ultima analisi, si allenano duramente per MIGLIORARSI. LA PROVA E’ NECESSARIA. COMPLETA L’ALLENAMENTO, E TI TRASFORMA.
….Ne avevo tratto la convinzione che la vita è il frutto della lotta e della fatica e che per arrivare a gioire veramente e a comprendere ciò che ci accade non possiamo starcene comodamente al sicuro, ma dobbiamo raggiungere quell’epifania che nasce dalla spossatezza di chi si è impegnato a fondo, in qualcosa in cui crede. La sicurezza e il benessere sono un pericolo mortale, per l’anima. Non sono mai riuscito a realizzare un buon dipinto senza fatica; quelli buoni, sono frutto di una battaglia.”
Torniamo a quello che dici tu Andrea:bisogna farsi il culo, ma farlo con intelligenza è meglio…e aggiungeri anche con un obiettivo
Andrea ora è tutto corretto. 😉
Urca, ecco, questa cosa qui invece forse è un po’ più importante. Tu dici se fai solo 3 allenamenti a settimana, lascia stare i KB e vai sul ring, o sul tatami.
Ecco, però a volte la carenza di forza (è la storia – o la scusa – della mia vita) non ti consente di impostare correttamente il gesto tecnico.
Mi sto rendendo conto adesso che non avendo la forza nella schiena per fare uno squilibrio come diocomanda, ho sempre dovuto adattare tutto il mio judo a questa tara di base.
Te dici, potevi benissimo allenare di più lo squilibrio.. si, è vero, però è più difficile avere a disposizione il carico allenante per fare il milione di rep necessarie.
Ecco.. insomma volevo spezzare un’arancia per l’allenamento della forza in soggetti dove questo diviene fattore limitante all’apprendimento della tecnica corretta. Grazie!
[quote]L’esercitazione quotidiana elabora programmi sempre più complessi e strutturati. L’atleta dovrà aver bene chiaro il gesto corretto da eseguire, ogni particolare che verrà aggiunto col tempo sarà inserito nel programma motorio. Per questo è importante che principianti si focalizzino solo su un paio di punti fondamentali. Una volta appresi, inseriranno in quello che gli viene spontaneo nuove finezze, fino a rendere il gesto totalmente performante.[/quote]
Questo passaggio mi interessa parecchio. Quando un novizio si presenta sul forum e chiede consigli ad esempio sulla panca piana, tutti lo martellano con la questione della tecnica e soprattutto dell’adduzione delle scapole. Questo anche se non l’ha mai fatta in vita sua e ha un massimale di 30 Kg. In questi casi mi chiedo se non sia meglio, invece, spiegargli come eseguire la panca in modo decente, senza farsi male, e fargli raggiungere un massimale più elevato (es. 80 Kg), per poi fargli fare un passo indietro e farlo riparire facendolo lavorare sulla tecnica (es. adduzione) con dei carichi più impegnativi (es. 55-60%). Se vado a rileggermi l’articolo di IronPaolo “Bench press mon amour”, dà proprio questo suggerimento a chi inizia; in buona sostanza: “io ti faccio vedere come fare una panca decente, con un rischio minimo, e alzare il massimale, ma fatto questo dovrai iniziare a concentrarti su due aspetti molto importanti, spinta dei piedi e adduzione, altrimenti resterai fermo dove sei”; articolo che chiude dicendo “Focalizzatevi su un aspetto alla volta, riprendetevi e guardatevi”.
Quindi la mia domanda è: nei tre movimenti del PL ha più senso iniziare col bilanciere scarico o quasi e concentrarsi da subito su aspetti tecnici difficili come l’adduzione, oppure è meglio fare le cose in modo decente per un po’ e poi fare un passo indietro e riprendere il lavoro sulla tecnica ma con dei carichi un po’ più impegnativi?
Me lo chiedo perché i tre esercizi del PL sono animali diversi da quelli del WL o del GS, ciò nonostante vedo che nella fase di apprendimento iniziale molti tengono lo stesso approccio. Manca solo che qualcuno dica di iniziare a fare stacco col bambù. Io invece penso che per loro natura i tre movimenti del PL possano essere appresi meglio con un carico più impegnativo (es. 40,50,60 Kg) e una valanga di doppie o triple.
Alla base conviene consigliare la cosa più motivante, anche ammesso che il bilanciere scarico sia la cosa migliore, e non lo è, se la persona si stufa è inutile consigliarlelo.
Io comunque son sempre per partire con la tecnica corretta e il carico è quello che ti permette d’apprenderla, ne troppo, ma neanche troppo poco.
Il problema è che l’approccio tecnico fa fare meno, e uno che inizia vuole subito spingere. è anche vero che chi chiede consigli tecnici ha già passato di solito la prima fase
Articolo davvero IMPORTANTE, spero davvero che la gente abbia l’attenzione di approfondirlo perchè questi concetti cambiano e di molto le carte in tavola.
Deadboy, le alzate da PL fatte con solo bilancere hanno il limite di non dare il senso della reazione sotto carico.
Anche fare triple e doppie potrebbe essere per molti prematuro. La tecnica il principiante la apprende in maniera ottimale da lavori molto diversi rispetto all’avanzato. Cioè chi è già efficiente.
In modo decente non intendo “mi sdraio e spingo”, ma sempre con il pieno controllo del movimento. Però imparando prima delle basi sicure, per poi aggiungere una maggiore specializzazione. L’articolo di Paolo sulla panca descrive per prima cosa tutti gli errori da evitare.
Davvero gran bell’articolo Andre…complimenti davvero!
Ciao Visione
Nell’allenamento tutto è miocentrico (mio=muscolo), la preparazione atletica è un processo focalizzato sul potenziamento dell’apparato muscolare.
La preparazione atletica è una disciplina, pratica e teorica finalizzata allo studio dell’educazione e istruzione nei diversi contesti sportivi, la quale andrà a materializzarsi con l’organizzazione di un esercizio fisico ripetuto [ in termini di lavoro quantitativo qualitativo ed intensivo] in grado di riprodurre carichi di lavoro progressivi crescenti, capaci di stimolare i processi fisiologici di “adattamento ” migliorando le totali capacità fisiche e tecniche.
Unoqualunque , giustissimo quello che hai detto te che è il cardine di quello che si segue, a queto aggiungo giusto le considerazioni dell’articolo.
Io forse sono molto per i blocchi ma non si tratta mai di scegliere tra due ma di integrare
Si okay, e si capisce leggendo l’articolo ciò che vuoi dire.
Solo che quel concetto ad inizio articolo sintetizzato in quel modo, come si inizia a leggere, viene spontaneo chiedersi . Ma che scrive questo .
Allora mi è sembrato giusto fartelo notare
grazie davvero per avermi esposto ad un testo che difficilmente avrei raggiunto non avendo effettuato quegli studi, non a caso la mia “visione” si sta ampliando leggendo i tuoi scritti.
Che dire Andrea i tuoi articoli lasciano sempre un po’ D’amaro in bocca,e quando pensi di aver raggiunto un livello mediocre arrivi con un nuovo articolo a rimotivare mente e corpo di chi legge i tuoi Articoli.
Bravo e Grazie x questi articoli.
Complimenti, articolo davvero fondamentale!!!
Grazie a tutti, d’essere arrivati alla fine dell’articolo. Questo sta a testimoniare che c’è la voglia di sbattersi per conoscere. Ormai l’ignoranza non è più ammissibile, tra qualche anno la maggior parte degli appassionati ne saprà di più dei PT, semplicemente perchè con internet studia molto di più.
Pubblicare permette di ricevere, Alessandro mi linka un suo articolo, in cui ci sono altri aspetti che non avevo inserito per non appesantire l’articolo ma che sono il giusto complemento
[url]http://www.aaffri.it/index2.php/?p=577&fb_source=message[/url]
Se dai tutto ti ritorna indietro, nella vita conviene essere generosi, dando mi è tornato indietro molto di più
Questo articolo non ha prezzo. Da rileggere e rileggere diverse volte.
Mi ha fatto riflettere su parecchie cose e questo è il primo riscontro positivo della prima lettura.
Grazie Andrea per condividere tutto questo, compreso il tuo tempo di ricerca, le esperienze dietro e tanto altro.
Complimenti.
Mi chiarisce anche alcune cose che avevi detto nel tread sulla tecnica.
c’è qualche punto che mi è oscuro, ma prima devo rileggere tutto 2 o 3 volte almeno.
PS: te lo dico proprio da fan eh, la chiusura retorica l’avrei limitata un po’. gasa, ma fa suonare la cosa un po’ da articolo di Flex… cmq chissenferega. 🙂
Eccellente articolo. Una pietra miliare. Complimenti vivissimi e GRAZIE per la divulgazione.
Gli amatori come me che vogliono comunque diventare forti vivono in un momento fortunato….c’è rawtraining, e c’è gente come Andrea Biasci che condivide gratis queste perle. Grazie per il tempo speso per scrivere questo magnifico articolo, credo che mi guiderà per tutti i miei futuri allenamenti negli anni a venire.
STUPENDO !!!!!
Molte grazie , concetti che avevo solo potuto ” annusare ” ora hanno un senso compiuto…..
DAVVERO DAVVERO UN BEL LAVORO ! ARTICOLO IMPONENTE, LINEARE , NO FA UNA PIEGA . HO INIZIATO CON VOI DA CIRCA 10 MESI , POSSO DIRE CHE DA QUANDO NON ALLENO PIU’ I MUSCOLI MA “ALLENO IL SISTEMA ” HO FATTO 2 PASSI IN AVANTI. GRAZIE X L’ ARTICOLO SUONA LA CARICA!!!!
Bisognerebbe tenerli sempre a mente articoli del genere.Grazie andrea! Bellissimo il video del lottatore, che fa squat da angoli assulutamente inusuali! ho iniziato a praticare anche lotta e ho notato questa problematica principale: anni di pesi (malfatti ovviamente) mi hanno creato delle tensioni muscolari e tendinee pazzesche sull’articolazione dell’anca, al punto che la mattina sembro un vecchio da quanto son rigido. Capisco che per imparare la tecnica sia necessario squattare e staccare molto spesso, come io stesso ho consigliato in altri articoli scritti per raw, però per chi come me non ha mai curati la flessibilità, non fa che peggiorare le cose, l’ho provato sulla mia pelle, così ho dovuto ricercare almeno per ora dei compromessi per recuperare flessibilità.